TRASFERIRE L’ALLENAMENTO ALLA PARTITA – PARTE 4/a DI 5

Ci eravamo lasciati il 20 aprile con il terzo articolo dell’autrice riguardante la parte teorica del transfer dell’apprendimento. Di seguito i link per leggere i precedenti: https://www.filippogalli.com/2025/04/04/trasferire-lallenamento-alla-partita-1-3/ https://www.filippogalli.com/2025/04/06/trasferire-lallenamento-alla-partita-2-3/ https://www.filippogalli.com/2025/04/20/trasferire-lallenamento-alla-partita-2b-3/

Nonostante le promesse reiterate indirizzate a Mister Galli ed un innato senso di responsabilità nei confronti di svariati allenatori che manifestano interesse per le idee che spargo su questo backgammon virtuale, continuare a scrivere di TRANSFER in questo periodo calcistico deprimente per l’Italia mi sembrava davvero fuori luogo. Meglio fare altro. Però l’altro giorno, per nostra comune sfortuna, ha pensato di andarsene Mister Pino Crocetti, giocatore, allenatore, uomo simbolo in quanto, come molti di voi, ha trascorso sui campi i suoi anni di vita. Intelligenza pura sostenuta da due piedi buoni, intuito calcistico straordinario, educatore non di parole (poche e taglienti) ma di fatti e risultati.

Mister PINO CROCETTI

I suoi occhi trasparenti, la sua voce roca, le battute sempre tanto divertenti non mi lasciano scampo e allora eccomi qui. Non voglio farne un caso privato ma credo che la vita di Pacifico (solo nel nome), iconica per questo blog, non debba essere sperperata, e quindi ne scrivo affinchè la sua maestria, da cui abbiamo attinto, possa continuare a essere trasferita a tanti giovani calciatori. Come tutti quelli che questo milanista genuino e attento ha saputo far crescere attraverso il calcio. Il desolante spettacolo a cui abbiamo assistito con la Nazionale contro la Norvegia che ”si è presentata all’esame in infradito” come scrive Luigi Garlando, ha fatto il resto.

Perché questi signori, da Gravina a scendere, non possono permettersi di sperperare bellamente un patrimonio, una storia, qualcosa in cui tutti abbiamo creduto e crediamo. Dovrebbero ricordare che siamo con fierezza i figli di Riva e Rivera, di Baggio e Maldini di Totti e Baresi, di Meazza ( cit. da Good Morning Babilonia dei Taviani ) e che si fa del male anche quando si ostacola il bene. Ci si dovrebbe vergognare. Almeno un po’. Altrochè. E non è questo 2-0 alla Moldova firmato Raspadori e Cambiaso con Spalletti in dirittura di arrivo che può minimamente consolarci.

Ma torniamo a noi. Dopo un approccio teorico in 3 puntate utile, indispensabile, per la formazione (come segnare un itinerario su google map), eccoci al dunque:

proposte per SVILUPPARE AMBIENTI DI APPRENDIMENTO FAVORENTI le qualità essenziali al fine di affrontare una partita. Affinchè l’allenamento possa proprio essere trasferito.

Curando, della partita, gli aspetti SPORT-SPECIFICI o come si dice ora, quelli RAPPRESENTATIVI:

ACCOPPIATA PERCEZIONE-AZIONE, OCCUPAZIONE DELLO SPAZIO NEL TEMPO, FLUIDITÀ E FLESSIBILITÀ, COSTRUZIONE DELLE STRUTTURE MENTALI E PRATICHE PER METTERE IN GRADO I CALCIATORI DI GIOCARE AL MEGLIO (questioni decisamente curate dal riconfermato vincente Antonio Conte ), PROMOZIONE DELL’AUTO-ORGANIZZAZIONE.

Tutti quegli elementi che il calciatore ritroverà nel match. Perché quando gli allenatori parlano di prepararla, la partita, dovrebbero farlo non solo a parole, aspettandosi poi che per miracolosa congiunzione astrale i giocatori risultino vincenti sul campo in questa o quella situazione, senza averle mai provate in allenamento, le situazioni.

Perché come più volte ribadito, le abilità e le conseguenti risoluzioni, si spera vincenti, emergeranno dalla risposta dei giocatori della squadra ai VINCOLI AMBIENTALI (la qualità della struttura dell’allenamento e dell’ambiente socio-culturale del club), a quelli RELATIVI AL COMPITO (specifici dei contesti di prestazione, come le regole nel calcio, il numero di giocatori coinvolti in un’attività, l’attrezzatura) e a quelli RELATIVI AL GIOCATORE, a ciascun giocatore nella sua diversità.

Tali vincoli dovranno essere presenti nelle attività pratiche proposte nelle sedute e generativi di tutte quelle affordances che il giocatore dovrà essere svelto a saper cogliere per agire repentinamente. Che si abbia a disposizione uno spicchio di campo o intere praterie per un 11 vs 11. Perché lo spazio a disposizione non è solo un contenitore, ma un campo fecondo di emergenze e di trasformazioni di linee di gioco per niente ortogonali che zigzagano e si intrecciano con un tasso altissimo di variabili. E che possiamo ritrovare anche in spazi small-sided, che il giocatore riesce a cogliere, riconfigurando egli stesso l’ambiente con il suo incedere verso l’area avversaria, mentre incontra nuove possibilità e un continuo pullulare di relazioni. Spazio e giocatore intesi quindi come conduttori di possibilità sempre nuove che si aprono verso zone di turbolenza e massima variabilità.

È proprio QUESTA NUOVA COSA che i giocatori sono in grado di creare a ciclo continuo, la BASE per costruire strutture strategico-tattiche di squadra non rigide ma fluide, dinamiche, in cui lo spazio irrompe e il giocatore sposta l’equilibrio verso una soluzione emergente che neanche lui conosceva prima. Della quale poi diventerà consapevole. Uno spazio in cui si muovono compagni di squadra e avversari che non rappresentano solo punti o posizioni verso cui dirigersi o non dirigersi, passare o non passare, ma POSSIBILITÀ INTELLIGENTI ED EMERGENTI.

Non si può parlare più della statica posizione dunque, di un ruolino e di uno spazio assegnati, almeno come venivano concepiti nel calcio del giurassico. È giunto il momento per gli allenatori di scorporarsi dal conferire un ruolo e un compito da far eseguire ed iniziare ad ALLENARE LA DIMENSIONE IN CUI SI MUOVERÀ IL GIOCATORE, finalmente libero di respirare ritmi nuovi, di moltiplicare i momenti di fluidità e più abile nel prendere decisioni.

Più efficace nel risolvere i problemi, nella ricerca e nell’autodeterminazione dei propri movimenti. E siccome questa dimensione non può essere decisa in anticipo, il vademecum delle competenze di Mister e giocatori si complica. Prova del nove quella di Norvegia-Italia ma anche di Italia-Moldova.

ALLENARE ALL’INASPETTATO è ciò che si richiede. Allenare l’abitudine ad una percezione-azione che scardina i soliti meccanismi e che scaraventa i giocatori sotto i droni di un incessante attacco nemico da cui salvarsi per portare a casa la pelle. Per niente facile.

Dal 1982 grazie a Bunker e Thorpe si è iniziata a diffondere in Australia una metodologia chiamata Tgfu, Teaching game for understanding.  Successivamente intorno alla metà degli anni 90 sempre Thorpe & Co. hanno elaborato una versione denominata GAME SENSE, più adeguata ai giochi sportivi.

Il modello si è rivelato fondamentale per capire oggi cosa  significhi parlare di Apprendimento situato, Differential Learning, CLA (approccio guidato da vincoli), pratica deliberata, e compagnia cantando: progettare e modificare giochi per favorire i risultati di apprendimento e autoapprendimento nonché le abilità e le competenze  dei giocatori utili a giocarlo il gioco.

L’approccio  GAME SENSE pone infatti il giocatore al centro del suo percorso di apprendimento permettendogli di sviluppare e affinare le proprie competenze in un contesto simile a quello del calcio, gioco di invasione, allenare la capacità decisionale e quella di rapida lettura, migliorando le competenze tecniche e tattiche sotto la pressione della competizione,

sviluppando movimenti che si verificano naturalmente all’interno di un gioco, rafforzando la fiducia dei partecipanti intenti a completare o portare a termine compiti mentre si sviluppa un team strategico orientato agli obiettivi di una sessione.

Questo approccio si concentra su tutti gli elementi propri della performance, mettendo i giocatori in grado di produrre un gioco dinamico polivalente, ricco di variabili, multi-tasking, in un hambient in cui la palla o l’attrezzo sono in gioco per la maggior parte del tempo, in continua transizione tra attacco e difesa. E ancora prendere buone decisioni, controllare il proprio gioco,  averne consapevolezza percependo di essere al posto giusto al momento giusto. Infatti obiettivo di tale pratica è quello di produrre giocatori ESPERTI DI GIOCHI, di avere cioè “una conoscenza e una comprensione che permetta loro di anticipare schemi e patterns, di essere in possesso di competenze tecniche e tattiche per implementare adeguate risposte creative  divergenti, di sperimentare stati motivazionali positivi e adeguati al compito contribuendo a facilitare la motivazione con e tra gli altri giocatori “(Mandigo & Holt 2004).

Il modello potrebbe basarsi a volte  su un frammento del gioco globale preso come obiettivo di apprendimento e richiedere una varietà di competenze rilevanti. I giocatori a proprie spese toccano con mano  durante le fasi di gioco le proprie fragilità e si rendono conto del motivo per cui alcune skill o alcuni elementi tecnici o di performance fisica siano indispensabili da possedere e quali e quanti  vantaggi ne scaturiscano nell’eseguirli correttamente. (Bunker & Thorpe, 1986).

Per implementare efficacemente il GAME SENSE all’interno dei giochi di invasione, debbono essere soddisfatti alcuni criteri:

– l’uso di GIOCHI DI INVASIONE ALTERNATIVI o di SSG, LSG

-lo sviluppo di efficaci strategie di attacco e difensive

-una QUESTIONING sulla strategia efficace (Hubball et al, 2007) per riflettere e identificare le strutture comuni tra i giochi, le somiglianze profonde che condividono la stessa struttura tattica di base, indurre consapevolezza.

ESEMPIO DI QUESTIONING

1. Avete raggiunto gli obiettivi previsti? Perché / perché no

2. Come è possibile modificare il gioco per raggiungerli?

3.  Può il gioco progredire in una versione più avanzata?

4.Chi era la persona migliore a cui passare?  Perché? 

5.Quando era il momento migliore per passare? 

6.Dove era il posto migliore per correre? 

7.Qual è stato il miglior modo per passare la palla? 

8.Quali strategie avete usato quando eravate in possesso? Quali funzionavano bene? Perché?

9.Che tipo di difesa avete usato? Potevate fare di meglio?

10.Come si potrebbe spostare la palla più velocemente? 10.Cosa può fare la squadra attaccante per creare spazio?

11.Cosa può fare la squadra attaccante per creare spazio?

I giocatori potranno acquisire molti dei principi di quel gioco, pur non avendolo mai giocato prima. Le abilità sono cose di cui i giocatori necessitano per risolvere i problemi che incessantemente la partita scodella: con tale modello vengono introdotti prima i problemi che si incontreranno e percepiranno nel contesto del gioco, per successivamente concentrarsi sullo sviluppo di abilità. Tradizionalmente, come ci ricorda il già citato Wenger, si è operato in modo opposto.

Griffin, Mitchell, and Oslin (1997); Werner (1989) Feinting Werner (1989) Kirk e MacDonald (1998) hanno suggerito che il modello GAME SENSE sia del tutto coerente con la visione costruttivista dell’apprendimento.

L’adattamento intenzionale dei compiti all’interno dei contesti di pratica richiede un’abile progettazione del gioco da parte dell’allenatore, ed è fortemente interconnesso con il GAME MODEL, cioè con la visione di come vuole che la partita venga giocata” (Tamarit, 2007)
COME TALE viene concepito dagli allenatori per migliorare la funzionalità dei giocatori in specifiche sottofasi di gioco”(Garganta,1997,Guilherme,2004). La capacità di aumentare e ridurre la complessità nella progettazione del gioco è considerata un indicatore di un Game Sense esperto. Lo sviluppo del  GAME SENSE quindi avviene  attraverso il learning tattico-strategico: i giocatori  sviluppano una comprensione del gioco  pensando e comunicando con il mister sia sulle tattiche che sulla tecnica del gioco (Light, R, 2006). Durante la seduta, si dovrebbero prevedere frequenti momenti in cui l’allenatore coinvolge i giocatori in un dialogo sulla loro comprensione dei compiti a cui stanno partecipando.

1. Spiegare scopo del gioco

2. Spiegare brevemente (4-5 punti max), le regole base

3. Gioco libero per pochi minuti e osservazione

4.Il gioco funziona? Come è possibile modificarlo? 

5. Variare il livello di pressione ad es. Cambiare le regole, extra Difensore / s, meno spazio, il livello di lotta

6. Questioning: durante i periodi di attività / recupero (Era questa l’opzione migliore?)

7.  Stoppare il gioco in momenti appropriati per fare domande di tipo tattico-strategico

8. Ripetere un gioco più consapevole

Analogamente rilevanti per il calcio in quanto gioco di invasione ricordo tra svariati percorsi l’APPRENDIMENTO SITUATO di Lave e Wenger e il DIFFERENTIAL LEARNING di Wolfgang Schöllhorn . Nell’apprendimento situato la pratica in relazione all’ambiente gioca un ruolo essenziale per quel che riguarda l’apprendimento implicito. Che si traduce, a sua volta, in una padronanza pratica (1991) che sarà sviluppata dai giocatori man mano che comprendono ciò che serve per essere efficaci in quell’ambiente. Di come i tre aspetti individuo compito e ambiente influenzino il modo di  utilizzare e sviluppare le abilità, inducano a prendere decisioni emergenti grazie all’uso dei vincoli. Analogamente il Differential learning di Wolfgang Schöllhorn ci ricorda che i giocatori, che sono tutti diversi e che reagiranno in modo non analogo a medesimi stimoli o vincoli,  non impareranno attraverso la ripetizione, ma adattando il proprio comportamento ad un flusso infinito di problemi che il gioco induce.

I giocatori conoscono il proprio corpo e sono in grado di trovare la propria tecnica individuale, che è adattabile a nuove situazioni.

L’apprendimento dipenderà dalla quantità o dalle caratteristiche del RUMORE che accompagna il processo di acquisizione. Le basi dell’apprendimento differenziale derivano dai principi dei sistemi dinamici (Kelso, 1995) per quanto riguarda i sistemi dissipativi, in cui le fluttuazioni sono considerate elementi costruttivi che aumentano prima di passare ad un altro stato stabile. Non ci resta, come allenatori, che l’alternativa di creare contesti dove il

comportamento che si vuole allenare emerga maggiormente rispetto alla partita reale, non in maniera stabile ma disturbato da variazioni in modo tale che il giocatore non abbia il tempo di abituarsi. Ciò che viene chiamato ripetizione senza ripetizione, una gamma infinita di esercitazioni variabili sullo stesso tema.

Dal 2012 ho iniziato a studiare ed utilizzare con convinzione forme diverse di GAME SENSE In relazione alle variabili UTILI agli sport di invasione. Una girandola di sport alternativi quali FLOORBALL, ULTIMATE, KORFBALL, FOOBASKILL, KIN BALL, TCHOUKBALL COLPBOL, RINGOL, QUIDDITCH, ULTIMATE BALL, BIG BALL, FOOTBALL GAELICO, HURLING che offrono grandi possibilità proprio in relazione alla loro comprovata efficacia  di trasferibilità, uno dei principi pedagogici fondamentali.

Esistono somiglianze tattiche tra giochi apparentemente diversi, e questo porta ad una comprensione complessiva molto migliore del gioco calcio, nel nostro caso: attaccare la porta, difendere la porta, portare la palla o l’attrezzo vicino alla porta/meta, verso uno spazio di finalizzazione, cercare spazi vantaggiosi per creare una superiorità e nel frattempo prendere decisioni spazio-temporali, allontanare la palla dalla propria porta, prepararsi ad attaccare, prepararsi a difendere, penetrare, organizzare la transizione, giocare di squadra, mantenere il possesso della palla, perdere il possesso palla, dai e vai, identificare gli spazi vuoti, utilizzare gli spazi vuoti, fintare, muoversi nello spazio dopo essersi spossessati della palla o dell’attrezzo, ottenere un vantaggio, creare un vantaggio offensivo, essere di supporto e orientamento, muoversi senza palla, muoversi per aprire uno spazio, utilizzare lo spazio che si è creato in attacco e in difesa, creare più livelli di supporto al gioco, raddoppio, ampiezza e profondità, marcature e coperture, saper avvertire il pericolo, valutare le distanze, riconoscere schemi e pattern, saper leggere….., questioni che non sono specifiche di un singolo sport e si verificano comunemente in tutti i giochi di invasione che coinvolgono ovviamente tecniche o abilità diverse. Interpretare correttamente questi giochi ha permesso ai calciatori di sfruttarne la struttura e averne consapevolezza.

Ma, paradossalmente, anche a livello non cosciente e incarnato tali invasion games hanno fornito una base importante per l’apprendimento e consentito ai giocatori di sintonizzarsi sulle affordance, di cogliere le analogie, riflettere durante e sull’azione in modo che le esperienze di gioco e la comprensione tattica si sono ulteriormente incarnate a livello di coscienza. Come hanno affermato Light e Fawns (2003), gli strumenti di valutazione autentici sono fondamentali per aiutare i giocatori a dimostrare di “conoscere il gioco”, poiché conoscere il gioco significa giocarci e dimostrare la conoscenza mentre l’ azione si svolge (Schön 1983). E’ l’allenatore che in primis deve avere in mente dove vuole che il giocatore arrivi mentre scataloga le sue proposte. Attraverso altre ovvero diverse aree tattiche il giocatore avrà di certo la possibilità di ampliare la gamma dei suoi movimenti perché è possibile sviluppare più abilità insieme. Il gioco stesso fornirà un feed-forward immediato: non ci sarà bisogno infatti dell’allenatore a indicare questo e quello ma sarà il modo stesso  in cui è progettato il gioco a fornire le adeguate indicazioni al giocatore, ad ogni giocatore nel suo proprio livello. Dopo aver colto le informazioni utili e rappresentative il giocatore adatterà il proprio gioco, indotto dal suo avversario che lo determina.

Nei due giochi che descriveremo nel prossimo articolo, il FooBaSkill e il Tchuckball facilmente adattabili all’ambiente del  calcio nell’ottica del GAME SENSE, il TRANSFER è INDUBBIO ED EFFICACE: nell’identificare strutture comuni, nella somiglianza della configurazione tattica di base, nella facilità che trovano i giocatori nel praticare un gioco non conosciuto, nello scorporarsi dai soliti punti di vista, nella consapevolezza dello spazio/tempo in cui si trovano immersi.

Giochi che possono essere proposti con i necessari adattamenti e variazioni a tutte le età perché anche Sinner ci insegna che la diversificazione sportiva precoce è essa stessa un mezzo per imparare a fare bene. Potrebbe risultare quindi questione opportuna allenare attraverso questa logica poichè le potenzialità delle attività proposte saranno in grado di innescare nel giocatore comportamenti utili per attaccare o difendersi da un futuro tattico e strategico imprevedibile. I giocatori, misurandosi in attività anche diverse dal calcio potrebbero però estrapolare la K, l’intersezione efficace, avvertire analoghe sensazioni, ricercare e trovare risoluzioni imprevedibili, adottare un alternativo punto di vista,  una forma di intelligenza strategica e percettiva sensibile agli attrattori del gioco. STAY TUNED

Bio: Simonetta Venturi

Insegnante di Scienze Motorie.

Tecnico condi-coordinativo in diverse scuole calcio e prime squadre del proprio territorio ( Marche )

Ha collaborato con il periodico AIAC L’Allenatore, con le riviste telematiche Alleniamo.com, ALLFOOTBALL.

Tematiche: Neuroscienze, Neurodidattica

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *