Quanto serve essere dotati di un elevato QI o di capacità tecniche straordinarie se poi non si è in grado di leggere le emozioni altrui?
Per cercare di dare una risposta a questa domanda bisogna partire dalla definizione di “intelligenza emotiva” e cercare di comprendere perché essa possa essere straordinariamente efficace anche nel mondo dello sport, del Calcio e del Futsal.
Colui che ha contribuito in modo sostanziale a rendere celebre nel mondo il tema dell’intelligenza emotiva è stato il Prof. Daniel Goleman attraverso il suo libro “Intelligenza Emotiva”: mediante i suoi studi, è arrivato alla conclusione che esiste un tipo di intelligenza che va oltre gli aspetti puramente cognitivi e che, quindi, non ha nulla a che vedere con la logica o la memorizzazione; l’intelligenza emotiva, per l’appunto.
Questo tipo di intelligenza si basa sulla capacità di riconoscere le nostre sensazioni e quelle degli altri, di motivare noi stessi, di gestire le emozioni al nostro interno e nel rapporto con gli altri, al fine di persistere nel raggiungimento di un obiettivo.
Tutto ciò, inoltre, aiuta a creare delle forti connessioni con gli altri individui: nel caso del calcio, a migliorare il rapporto con i giocatori, con i membri dello staff, con il direttore sportivo, con il presidente e, più in generale, con l’ambiente in cui ci si trova.
Quindi, quando si parla di intelligenza emotiva si sta parlando anche di empatia, di ascolto attivo, di comprensione degli altri, e di tutto ciò che rappresenta le loro motivazioni e le loro esigenze. Quasi al pari di un organo di senso, essa ci dà una capacità di lettura di ciò che viene espresso da un altro soggetto con il tono della sua voce, con i suoi gesti e le sue posture.
Ma quindi qual è il nesso tra questa tematica e lo sport? La risposta sta nelle motivazioni dell’allenatore e conseguentemente di quelle dei membri della propria squadra.
Il mondo del calcio è pieno di allenatori preparatissimi ma che sono altrettanto insensibili, rudi nei modi, duri, impenetrabili e impassibili di fronte alle emozioni altrui. Alcuni di essi hanno certamente vinto competizioni importanti e verranno ricordati negli almanacchi sportivi ma, per quello che è il mio pensiero, non sono riusciti a creare quella alchimia e a generare quell’emozione che favorisce la creazione di un legame e il senso di appartenenza a dei colori. E sul lungo periodo ciò si può tramutare in un problema per i club.
Esiste poi una persona, a mio avviso rivoluzionaria, allenatore di professione, come ha correttamente precisato durante un’occasione, che, ovunque abbia allenato, ha battuto ogni record vincendo un numero indefinito di trofei, mantenendo sempre fede al proprio stile orientato alla comprensione ed alla lettura delle emozioni altrui nonché trasmettendo, di riflesso, anche importanti emozioni a chi collaborava con lui ed ai propri tifosi.
“RE” CARLO ANCELOTTI
Non credo necessiti di grandi presentazioni da parte mia Carlo Ancelotti, uno degli allenatori italiani più bravi e vincenti della storia del calcio.
Purtroppo, non conosco Ancelotti personalmente, ma ho sempre seguito le sue imprese calcistiche tramite i mezzi di comunicazione ed ho sempre apprezzato i suoi successi sportivi, soprattutto per lo stile tramite il quale li ha raggiunti. Lo considero un esempio, non solo per chi allena, ma anche per chiunque detenga una posizione di leadership: in un mondo in cui vengono spesso idolatrati personaggi discutibili autori di urla e gesti plateali, paradossalmente, Carlo Ancelotti è ammirato per quelle che sono le sue armi, ovvero la calma, l’autocontrollo, la logica e l’intelligenza emotiva.
Credo che a riprova di questa affermazione parlino le numerose testimonianze dei top player che ha allenato durante la sua formidabile carriera di cui, di seguito riporto le più significative.
Andrea Pirlo dichiarò di considerare Carlo al pari di un padre. Ancelotti infatti, proseguendo quanto fatto da Carletto Mazzone, insistette a proporre il ragazzo di Flero nel ruolo di play facendo così conoscere al mondo intero l’Andrea Pirlo regista che ha appassionato il calcio mondiale. Pirlo dichiarò che gli anni passati insieme erano stati indescrivibili.
Così come Gennaro Gattuso, un vero gladiatore rossonero del centrocampo, che ha dichiarato che era solito chiamare Carlo nei momenti di difficoltà.
E ancora, una delle dichiarazioni più belle, di Paolo Maldini: «La gente dice che io ero la bandiera di quel Milan. Se io ero la bandiera, allora lui era il vento».
Ma non sono mancati gli elogi anche da parte dei calciatori allenati nei campionati esteri. Durante il periodo al Chelsea, alcuni giocatori dichiararono di non aver mai avuto, durante la loro carriera, un altro allenatore che si interessasse così sinceramente della loro opinione, sino ad affidare loro delle reali responsabilità come Carlo Ancelotti.
Un giorno, al Real Madrid, Karim Benzema rimase sorpreso perché Carlo Ancelotti, insolitamente rispetto a ciò che tipicamente fanno gli altri allenatori, con sincerità ammise che era colpa sua se Benzema aveva sbagliato il rigore, perché era stato proprio lui a suggerirgli che avrebbe dovuto calciare in una direzione piuttosto che in un’altra.
Carlo è stato nominato selezionatore della nazionale brasiliana di calcio. Un allenatore italiano alla guida del Brasile, un fatto eccezionale ed unico nel suo genere. Ha una pressione enorme e la stampa, prima ancora di iniziare il suo lavoro, è pronta a demolirlo. Accade che la nazionale verdeoro gioca la sua partita per la qualificazione al mondiale contro il Paraguay. Il risultato è fermo sullo 0-0 quando la stella Vinicius Jr. (già allenata da Ancelotti al Real Madrid) sblocca il risultato portando in vantaggio il Brasile. Ed ecco che accade un fatto significativo, il giocatore si dirige calorosamente verso la panchina e abbraccia Ancelotti, il quale, contraccambia l’abbraccio e da un bacio paterno al proprio giocatore.
IL MIO PENSIERO
Come nel caso di Ancelotti ritengo che l’intelligenza emotiva sia il fondamento per l’esercizio della leadership nel modo più efficiente ed efficace, in assoluto. Nel calcio di altissima prestazione i calciatori hanno grandi doti fisico/atletiche, sono praticamente tutti abilissimi nella tecnica, nella tattica e durante le partite la differenza la fanno i dettagli e come essi vengono curati, nonché la motivazione di ciascun atleta. Ho fatto questa premessa perché credo ci sia uno stretto collegamento tra ciò che si percepisce sapendo leggere le emozioni altrui ed il modo in cui si possano motivare i propri atleti ed il proprio gruppo.
Infatti, le emozioni sono contagiose: chi trasmette entusiasmo riceve entusiasmo, chi trasmette nervosismo riceve nervosismo. Chi trasmette calma fa si che gli altri si mantengano calmi.
Le società sportive dotate di allenatori e membri dello staff emotivamente intelligenti sono quelle nelle quali le persone stanno bene e sentono l’organizzazione stessa come propria, auto incentivandosi ad apportare un contributo sempre maggiore, dagli elevati standard qualitativi. E tali tipi di organizzazioni possono implementare più velocemente i cambiamenti, perché è bene ricordare che il mondo moderno è costantemente in cambiamento.
I leader che sanno creare risonanza sono persone che, o per talento oppure attraverso un intenso impegno di auto-sviluppo, hanno ampliato le competenze di Intelligenza Emotiva ed hanno raggiunto un livello tale per cui la persona è molto più abile e lucida mentalmente, evitando di agire in maniera impulsiva o attraverso schemi prefissati.
In sintesi, la simbiosi tra Leadership e intelligenza emotiva e motivazione, anche nel Calcio e Futsal porta il “Leader positivo” a:
– Ispirare e guidare gruppi ed individui (per un allenatore prevalentemente la propria squadra di giocatori);
– Percepire i sentimenti collettivi, anche non verbalizzati, esprimerli o tenerne conto (base: comprensione organizzativa);
– Trasferire energia ed entusiasmo;
– Saper comunicare (es. feedback positivo o negativo: non aggredire la persona, essere specifici, offrire una soluzione, utilizzare le giuste modalità…);
– Saper sviluppare il “carisma emotivo”.
Un allenatore come Carlo Ancelotti, è un fenomeno della motivazione, sa come riuscire a percepire gli stati d’animo dei propri calciatori, ad ascoltarli, a comprenderli, a perdonarli se necessario e allo stesso tempo sa trasformare tutto ciò in elementi motivazionali. Chi scende in campo, lo fa per il club, per i tifosi, per se stesso…ma anche per il proprio leader.

Bio: Luca Innocenti
Ex giocatore di Calcio a 5 in campionati nazionali. Da ragazzo, nella stagione 2002/2003, ha vinto insieme al Seregno calcio a 5 uno storico scudetto Juniores, laureandosi Campione d’Italia. Ha collezionato alcune presenze con la Nazionale Italiana di calcio a 5 (Under 18 ed Under 21).
Istruttore qualificato di scuola calcio, da diversi anni allena e coordina progetti calcistici (aventi un taglio “Futsal”) giovanili, anche collaborando con professionisti provenienti da altre nazioni europee. É allenatore e Responsabile dell’attività di base dei Saints Milano.
Ha scritto il libro “L’allenatore di Futsal nelle categorie giovanili” ed è autore nel blog: betterfutsalcoaching.wordpress.com.
Da decenni è sostenitore e promotore dell’insegnamento del Futsal anche nei settori giovanili di calcio.
Detesta l’esasperazione della competizione in ambito giovanile e crede fortemente che il vero successo di un allenatore (e di una società sportiva) consista nel creare in primis un clima di armonia, dove tutti si sentano partecipi, e che la valorizzazione, la passione e l’entusiasmo dei propri atleti valgano molto di più della vittoria di un trofeo.
2 risposte
Non è la prima volta che trovo originalità dei temi, profondità di argomenti e semplicità di esposizione, nei contributi di questo blog. Un ringraziamento a chi lo cura, immagino con quale dedizione e attenzione, e anche al collega autore del brano.
Grazie di cuore Claudio per il commento e per aver dedicato del tempo alla lettura del brano.
Un caro saluto
Luca