MISTER CHIVU, E’ TEMPO DI “MARTISOR” ! 

Una antica leggenda rumena racconta di una eclissi poco dopo l’anno mille. Si racconta che il sole, fatto prigioniero da un drago, improvvisamente sparì oscurando il cielo.  Un giovane coraggioso partì per liberarlo. Passarono l’estate, l’autunno e l’inverno. Il buio imperava. Arrivò il tempo di una nuova primavera. Il giovane trovò il drago e lo sfidò. Fu lotta difficile. Nello scontro, il sangue macchiò la neve. Il sole venne liberato e la primavera finalmente tornò.

Per rievocare l’antica leggenda e la fine dell’eclissi, il primo giorno di marzo, in Romania, suolo natio di Cristian Chivu, si celebra la festa del “Mărțișor”. Si regala, come buon auspicio, un cordoncino intrecciato rosso e bianco. Rosso come il sangue, bianco come la neve. Il “Mărțișor” supera il buio dell’inverno, il ritorno della luce e annuncia il rifiorire della primavera: ne è il simbolo.

Qui termina la leggenda. La storia di Cristian Chivu parla di un giovane coraggioso. Racconta di uno scontro improvviso quanto fortuito in quel di Verona e per lui fu l’eclissi. Non era il drago ad aver oscurato il sole, ma una testata con il destino beffardo. Chivu non si arrese al buio dell’inverno. In solitudine affrontò il “suo” drago per  poter rivedere il rettangolo verde.

Anche quella volta, come nella leggenda, la primavera tornò a sorridere. Nel prato non fiorirono margherite, ma meravigliosi segni a disegnare l’area di rigore e il cerchio di centrocampo.  Cristian Chivu superò se stesso. Stupì tutti. Addomesticò la paura. Vinse.

Cristian tornò in campo a marzo, contro il Livorno. Un improbabile caschetto nero a proteggere il capo. La maglia nerazzurra dell’Internazionale divenne la sua corazza. Quel giorno fu il suo “Mărțișor”.

Il “Mărțișor” non dà retta ai calendari ufficiali. Non ascolta le convenzioni. Non cerca vie già disegnate. Annuncia la nuova primavera il primo giorno di marzo perché quello è suo giorno. Quello è il giorno scelto dal cuore e dalla ragione. Dalla leggenda e dalla storia.

Anche Marotta e Ausilio hanno rincorso il drago per liberare il sole. Lo hanno fatto nelle ultime stagioni riportando la primavera nei cuori nerazzurri. Hanno dimostrato di non temere nulla. Visione, coraggio e strategia. 

Poi fu la notte di Monaco. Notte buia anche per loro. Forse sono stati sopresi dell’eclissi, ma non si sono nascosti impauriti in un rifugio sicuro. Non hanno prestato ascolto a convenzioni o battuto vie già esplorate.

Hanno scelto. Hanno agito. Per qualcuno, hanno scommesso. Ne sono certo, non hanno scommesso, non hanno giocato a dadi. Hanno pensato a Cristian Chivu, già giovane coraggioso e con alta cifra morale.

Probabilmente hanno ripensato anche quella maglia nerazzurra numero ventisei. A quell’improbabile caschetto nero. A quel Inter-Livorno, ritorno in campo di Chivu, dopo la grande lotta contro il drago. A quel minuto nono, quando Chivu “ri-colpisce” il pallone di testa. Un boato invade a San Siro.  Era il frastuono del battito all’unisono di tutti i cuori nerazzurri. Per quel giovane coraggioso che rincorreva la sua nuova primavera.

Nella scelta di Marotta e Ausilio c’è tutto: sogni e lavoro, razionalità e lucida follia, visione e tradizione, speranze e paure. Fiducia.

Marotta e Ausilio conoscono mister Chivu, più di tutti. Hanno intravisto in lui pagliuzze dorate come le stelle e un futuro azzurro che solo chi ha attraversato il nero dell’eclissi sa intravedere.

Per tutto questo la mia piccola parte di fiducia la metto lì, a disposizione. Incondizionatamente. Il mio cordoncino auspicio di nuova primavera, intrecciato con il colori dell’Internazionale, lo dono a loro per donarlo a me stesso.

Mister Cristian Chivu, sono con te. E’ già tempo di vivere una nuova primavera. E’ gia tempo di “Mărțișor”

BIO: ALESSANDRO MELLI

Nato e cresciuto a Modena, terra di passioni, di bel canto e di motori.

Consulente aziendale in tema di Finanza Agevolata.

Lettore appassionato, preferisce i saggi ai romanzi.

Avrebbe voluto fare in Calciatore, ma (come lui dice) non ne aveva le qualità.

Avrebbe voluto fare il Giornalista, ma (come dice lui) non ne ha avuto la determinazione.

Allenatore UEFA B, Responsabile Sett. Giovanile, ha frequentato il mondo dei professionisti con incarichi di DS Sett. Giovanile e di Osservatore Squadre Primavera.

“Nel calcio, come in natura, scomporre significa perdere le proprietà che emergono dalla relazione tra le parti stesse” ama ripetere.

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