Uno degli equivoci più ricorrenti nel mondo della crescita personale, aleggia intorno all’idea che il coach spenda il proprio tempo nel motivare gli altri, quando invece la sua priorità è rendere il suo interlocutore indipendente e autoefficace.
Se ci pensate, allargando il discorso ad una dinamica più genitoriale, di che tenore potrà mai essere il risultato per un papà che arranca a spronare il figlio affinché si sforzi di completare i compiti nel fine settimana, se non quello di vederlo sbuffare sul quaderno? Ben più efficace può risultare un’azione più avvolgente, legata alle caratteristiche del figlio, con piena attenzione a gusti, ambizioni e leve motivazionali, utili a completare il tanto ostico dovere, in una prospettiva di successivo piacere. In altre parole: il muro contro muro difficilmente potrà radicare nel ragazzo lo spirito d’iniziativa necessario ad affrontare lo studio, quanto invece lo potrà consentire fargli percepire la soddisfazione rispetto al bisogno di importanza e di crescita, rispetto a nuove competenze acquisite.
Il ruolo di un allenatore segue dinamiche molto vicine al modus operandi genitoriale, e lo fa attraverso lo sviluppo di un’attenzione costante alle caratteristiche dei propri giocatori, alla loro complessità, variando in base ai tratti caratteriali, al vissuto e alle aspirazioni. Esattamente come succede con i propri figli.
Per chi è appassionato di neuroscienze e di linguaggio, questo è proprio l’approccio coltivato nelle oltre trecentocinquanta panchine in serie A da Mister Davide Nicola.
Quella del tecnico piemontese è una consapevolezza di partenza secondo la quale less is more, e quindi laddove il compito risulti più semplice, allora esso sia anche più facile e comprensibile quando deve essere svolto ed eseguito in partita: in primo piano dunque è la persona, motivata fisiologicamente a ricercare con più efficacia il divertimento e la zona di piacere, a scapito di qualcosa da cui invece le persone tendono invece a fuggire: siamo per natura votati ad avvicinarci al polo positivo, nel quale ci divertiamo, siamo a nostro agio e ci realizziamo: nel metodo del tecnico della Cremonese sta proprio l’idea che non sia soltanto la fase di possesso, ma anche la necessità di dover riconquistare la palla ad avere in sé la stessa gioia, in funzione della riconquista della palla stessa, perché in sostanza “prima te la prendo e prima mi diverto”. La capacità di divertirsi a prescindere da categoria e pressioni esterne, è la priorità nel singolo allenamento condotto dal suo staff, benché questo rimanga ben caratterizzato da fatica e sudore. Ed essenziale è anche il coinvolgimento del calciatore, trasmettendogli ogni giorno passione, amore, energia ed esempio.
Nella metodologia del Mister ex Cagliari la presa di coscienza sul punto di avvio, sul proverbiale qui e ora, ruota nella direzione degli obiettivi da perseguire e verso cui mettere l’assoluta centralità nel lavoro quotidiano. La modernità di Nicola è l’attenzione one to one, che consenta alla “risorsa” di percepire che, a prescindere dal tempo a disposizione e dalle occasioni che avrà a disposizione, le consegne vadano accettate, prese ed evase, in funzione dei risultati ai quali esse possano portare. Quello che in lui colpisce, è proprio l’attenzione meticolosa nelle comunicazioni individuali, anche attraverso la conoscenza di tutti i nomi dei membri presenti nel centro sportivo, dal più giovane al più anziano. E non si tratta soltanto di rispetto, secondo Nicola, visto che chiamare qualcuno per nome significa riconoscergli essenzialmente la sua identità e unicità in quel contesto. Il riferimento del Mister è puntualmente l’approccio di Napoleon Hill che nel libro Pensa e arricchisci te stesso, evidenzia come chiamare una persona per nome, in una trattativa, in una negoziazione, o in un quotidiano lavoro per obiettivi, ne ingaggi con più facilità potenziale e desiderio di contribuire alla riuscita del lavoro.
Esattamente come la missione del mental coach che ha come obiettivo l’aumento della resa del coachee, così anche Mister Davide Nicola sviluppa relazioni soddisfacenti con i propri calciatori, stimolandone flessibilità e favorendone visione di medio – lungo periodo. Ecco dunque la possibilità di percepire in maniera concreta per il calciatore, l’idea che il suo allenatore lo possa aiutare, anche attraverso l’ampia zona di condivisione data dall’avere obiettivi pressoché allineati.
Provate oggi stesso a domandarvi come le persone che avete accanto siano la più grande risorsa a vostra disposizione, e riceverete risposte funzionali e compatibili con la vostra miglior versione in ogni singolo giorno.

Bio: Francesco Borrelli è un Mental Coach certificato Acsi – CONI. Oltre alla Laurea in legge presso l’Università degli Studi di Genova, si è formato in PNL attraverso corsi e Master conseguiti nell’ambito di aziende private di cui ha fatto parte. Negli anni ha coltivato la sua passione per lo sport scrivendo per testate giornalistiche liguri, oltre a svolgere il proprio lavoro di consulente d’azienda in ambito bancario. L’attività di Mental Coach lo porta da diverse stagioni ad accompagnare sportivi impegnati a preparare Olimpiadi e Mondiali, oltre a calciatori di tutte le età, agevolandone i rispettivi percorsi e seguendone tutta la trafila giovanile fino all’approdo in prima squadra. Il suo sogno è condividere come Coach il suo ufficio a fianco alla “palestra delle leggende” di Milanello con Ibra.
Contacts: fraborrelli40@gmail.com / IG. fraborre24_ / https://www.facebook.com/healthybrainnutrition / 0039 328 6212598










Una risposta
Condivido tutto di questo articolo.
Aggiungo che le nostre risposte adattive all’ambiente in cui viviamo sono espletate dalle emozioni prim’ancora che dalla ragione; in questo i Greci, forse il popolo migliore che abbia mai vissuto sul pianeta terra, si erano sbagliati di grosso, assegnando il primato alla ragione.
La risposta adattiva immediata che, ovviamente, condiziona tutto il sucessivo percorso cognitivo-cosciente-consapevole puo’ seguire quattro vie, che sono quelle delle quattro macro classi di emozioni e cioe’ paura, dolore, rabbia e piacere. La risposta emozionale caratterizza per sempre la connotazione del ” ricordo ” inteso quale evento che va a sedimentarsi nella memoria a lungo termine.
L’ambiente ” tossico ” sollecita il nostro sistema limbico a dire a noi stessi ” scappa, fuggi, che ti fa male” dice la neuroscienziata Daniela Lucangeli.
Se obbediamo siamo salvi, se resistiamo attivando la ragione pensando che sia decisivo saper soffrire, stiamo semplicemente preparando la nostra fine.
Davide Nicola queste cose deve averle studiate o ha evidentemente consulenti preparatissimi che lo mettono nel centro della verita’.
Cio’ che realmente conta e’ dunque, ottenere dai calciatori la risposta emozionale del piacere che attiva in modo potente il sistema di ricompensa e quindi la motivazione intrinseca.
Ci sono, nostro malgrado, ancora, allenatori e sono purtroppo in numero elevatissimo legati alla scuola vecchissima e totalmente deprecabile della estrema disciplina, dell’estremo rigore, degli estremi divieti, delle estreme imposizioni; un po’ come quando il genitore diceva al figlio adolescente: finche’ stai in questa casa si fa come dico io.
Questi profili di allenatori andrebbero allontanati tutti.