Un viaggio nella memoria rossonera, tra sogni mancati, uomini veri e nuove speranze.
Ci sono momenti nella storia di un club che segnano una rinascita.
Per il Milan, uno di questi arrivò nel 1980, anno spartiacque, anno di ombre e di nuova speranza.
La ferita del calcioscommesse era ancora aperta, la Serie B bruciava nell’anima dei tifosi, ma qualcosa cominciava a muoversi. Dopo quattordici lunghi anni di chiusura, il mercato E anche in casa rossonera si tornava a sognare.
Lo “Squalo” Joe Jordan: il primo morso scozzese al cuore rossonero
Nello scozzese il Milan aveva trovato un uomo vero, un simbolo: Joe Jordan, lo “Squalo”.
Soprannome dovuto non tanto al suo sorriso sdentato — i denti persi in battaglia nei campi inglesi — quanto al suo modo di giocare: feroce, inesorabile, sempre in avanti.
Jordan arrivò nel 1981, direttamente dal Manchester United, portando con sé quell’aura di football britannico fatto di pioggia, sudore e coraggio.
Non fu facile per lui. Il Milan era appena tornato in Serie A dopo la retrocessione, ma il mondo rossonero di quegli anni era un cantiere instabile, pieno di sogni e di ferite.
Eppure Joe non mollava mai.
Colpiva di testa come un ariete, rincorreva palloni impossibili, alzava lo sguardo verso la Curva Sud come per dire: “Io ci credo.” e la curva ricambiava con il suo proverbiale incitamento.
Non segnò molto, ma lasciò qualcosa di più prezioso: il rispetto.
Perché in quegli anni di transizione, di luci basse e speranze tenaci, lo “Squalo” rappresentò il Milan nella sua essenza più pura — quella che lotta anche quando tutto sembra perduto.
L’illusione belga: Jan Ceulemans, il campione mancato
All’inizio sembrava tutto fatto.
Il nome che circolava nei bar, sui giornali, nei sogni dei tifosi milanisti era quello di Jan Ceulemans, il capitano carismatico del Club Brugge, l’eroe d’Europa che aveva fatto tremare Liverpool e Real Madrid.
Alto, biondo, potente: un calciatore da romanzo nordico, destinato a portare al Milan forza e orgoglio.
Il presidente Giussy Farina lo voleva a tutti i costi. C’erano stati contatti, parole, strette di mano. Ceulemans stesso, anni dopo, avrebbe confessato:
“Ero praticamente un giocatore del Milan. Poi mia moglie pianse, la mia famiglia era triste di vedermi lontano da casa non voleva che lasciassi il Belgio. Così rimasi.”
E così, il sogno svanì piano, lasciando nell’aria il profumo di ciò che poteva essere.
Per i tifosi fu la prima carezza mancata, il primo nome straniero che rimase sospeso nella storia, come un fantasma gentile.
Eric Gerets: il capitano che arrivò dal Nord
Poi arrivò Eric Gerets.
Un altro belga, ma questa volta in carne, ossa e classe cristallina.
Gerets era il simbolo del calcio nordico che affascinava l’Europa: capelli scurii, barba lunga, fascia di capitano, grinta e intelligenza tattica.
Arrivò nel 1983, in un Milan che cercava ancora di rialzarsi, scosso da un’altra dolorosa caduta in Serie B.
Il suo arrivo portò un soffio d’aria diversa: serietà, disciplina, compostezza. Un uomo di squadra, non di clamori.
Gerets parlava poco ma giocava tanto: un terzino capace di attaccare e difendere con la stessa naturalezza, uno dei primi veri “moderni”.
Anche la sua avventura finì troppo presto, logorata da una società in trasformazione e dallo scandalo che lo coinvolse in Belgio accusandolo di aver “comprato” una partita del campionato belga. “Ho comprato una partita su mandato dello Standard” disse il calciatore, a quel punto il Presidente Farina non ebbe dubbi “non può più giocare nel Milan.”
Ma chi l’ha visto giocare lo ricorda con affetto, come un simbolo silenzioso di professionalità in un periodo di tempesta.
Luther Blissett: il sorriso giamaicano
E poi, come un raggio di sole su San Siro, arrivò Luther Blissett.
Estate 1983: il Milan, appena tornato in Serie A, cercava un centravanti moderno, rapido, letale.
Dal Watford di Elton John arrivò questo ragazzo giamaicano naturalizzato inglese, che aveva fatto faville in Premier League.
Luther portava con sé una ventata d’aria nuova: elegante, gentile, sempre sorridente.
Blissett, però, si trovò catapultato in un calcio diverso, più tattico, più duro. Segnò qualche gol — cinque in campionato — ma non riuscì mai a esprimere tutto il suo potenziale.
Eppure, per chi lo vide correre sull’erba di San Siro con la maglia rossonera, fu un segno dei tempi: il Milan stava tornando nel mondo.
Dopo i belgi e lo “squalo” scozzese, ora anche un attaccante inglese di origini caraibiche portava la sua energia nella storia rossonera.
Era il preludio ai grandi anni che sarebbero venuti.
Avevo poco più di dieci anni quando vedevo quei volti stranieri sulle figurine Panini, sui tabelloni della Domenica Sportiva e qualche volta a San Siro con mio papà.
Oggi che di anni ne ho cinquantacinque, quei ricordi mi sembrano lontani eppure vivissimi.
Jordan, Gerets, Blissett — e persino Ceulemans, che non arrivò mai — furono i miei primi stranieri.
Furono i volti che mi fecero capire che il Milan non era solo Milano, ma il mondo intero.
Io c’ero, e quei giorni non li dimenticherò mai.

BIO: MORABITO FRANCO
Franco Morabito e’ nato nel 1970 a Milano, vivo in provincia di Milano e, oltre ad essere milanista praticamente da sempre, sono un amante della lettura, dei viaggi e dello sport. Ogni libro che leggo, ogni luogo che visito e ogni sfida sportiva che affronto mi regalano nuove emozioni, che cerco di trasformare in storie da condividere con chi ama lasciarsi trasportare dalla fantasia e dall’avventura.
Autore del romanzo “il sogno di Moleque” e lavoro come impiegato in una struttura ospedaliera.










13 risposte
Grazie per il bel ricordo. Una sola nota a margine. Il primo straniero di colore del Milan fu Germano, al secolo José Germano de Sales, arrivato al Milan nel 1962 su indicazione di Rocco e Sani. È vero che giocò pochissimo con noi –mi pare non oltre 5 gare – segnando comunque anche un goal in Coppa Campioni, quello dell’8-0 all’Union Luxembourg. Lasciò il calcio dopo essersi sposato con la contessa Giovanna Agusta, figlia di Domenico, quello degli elicotteri e delle motociclette MV. Mio papà, che adorava Schiaffino e Rivera, lo raccontava come un clamoroso ‘pacco’. È mancato nel 1997, a 55 anni: un infarto.
Complimenti Roberto!
E’ vero, Jose Germano! Quello che per venderlo al Milan avevano organizzato una partita finta e Rocco ci era cascato. Che poi è la stessa cosa che fecero quarant’anni dopo per vendere Fabio Junior alla Roma, l’uragano azzurro. Peraltro Josè Germano venne anche citato in Ultimo minuto, film che su questo sito è stato recensito, nella scena in treno con Tognazzi ed Abatantuono.
Grazie per il commento, di questo giocatore non ne avevo mai sentito parlare quindi un ringraziamento ulteriore per aver aggiunto questa nota.
A presto
Franco
Buonasera Franco , bello l’articolo, sono un tuo coetaneo (1969), si parlava anche di Zico, credo estate 81, su Blisset ricordo derby andata 83-84 dopo gol sbagliato. coro curva Inter meno male che c’è meno male che c’è il …..(oggi si sospenderebbe la partita, praticamente nero ma con una g in mezzo), ripreso slogan mobili Grappeggia, altri tempi! Ciaoooo!
Ciao Ambrogio, ebbene sì siamo praticamente coetanei quindi direi che abbiamo passato sia i momenti bui che i tanti brillanti accanto al nostro Milan. Io ricordo che nel 1981 si parlava anche di un possibile trasferimento di Cruijff il quale in quell’anno giocò 45′ durante il “Mundialito” con la nostra maglia, poi non se ne fece niente. Del passaggio di Zico al Milan non ricordo però, allora come oggi, i giornali sparavano nomi di trattative non sempre veritiere.
Grazie per la risposta e buona serata
Bellissimo articolo Franco, complimenti! Hai ben condensato la storia di alcuni stranieri approdati al Milan nel periodo più grigio della sua storia. Personalmente seguo il Milan da oltre un sessantennio avendone da tifoso, e pur vivendo a Roma, condiviso gioie e dolori. Ma quegli anni dove il Milan conobbe per due volte la serie B sono serviti senza dubbio a far crescere la squadra e dilagare a dismisura nel trentennio successivo. Grande squadra, grande cuore e grandi i suoi interpreti. Forza Milan sempre!
Buona giornata .
Massimo 48
Grazie per i complimenti per l’articolo, da milanisti abbiamo sofferto ma direi che abbiamo anche ampiamente goduto come hai sottolineato tu….e comunque la fede rimane nella buona e nella cattiva sorte. SIAMO MILANISTI 👏😀
Sono Interista! Ciaoooo!
Ho saputo 😄.
Ciaoooooo
Per Blissett andai ad Arcidosso per vederlo dal vivo,erano in ritiro lì.
Ricordo le telefonate ai miei amici interisti,amici da sempre…
A loro raccontavo le gesta di questa
pantera nera…”Un fulmine ! Fisico statuario ! Tiro devastante!…”
Mi stanno prendendo per il culo ancora adesso ma siamo rimasti sempre amici !!😊😊😊😊
Ciao Roberto, se ricordi bene il precampionato fu eccellente e le premesse c’erano tutte ma poi….hanno avuto ragione i tuoi amici 😀
Purtroppo il discorso di Zico è vero…