MILAN LEGENDS: SEMPLICEMENTE LUCIANO CHIARUGI

Per alcuni è l’anarchico Cavallo Pazzo, chiamato anche con l’inclinazione britannica Crazy Horse, per altri il Matto di Ponsacco, o per altri ancora era Lulù, l’abbreviativo del suo nome di battesimo e, infine, “Chiarugi Luciano la perla di Milano”. Qualcuno l’ha addirittura accostato a Kean, non l’attuale giocatore della Fiorentina, ma il famoso protagonista di Genio e Sregolatezza. A Milano diventa Provvidenza, antesignano di un altro grande campione, Daniele Massaro, di cui abbiamo cantato le lodi non molto tempo fa. Lui è stato semplicemente Luciano Chiarugi, difficile da catalogare in schemi predefiniti, uno che spesso ha dovuto conciliare la sua indole ribelle ma benevola per andare d’accordo con i suoi allenatori, d’altra parte ricoprendo l’antico ruolo di ala, posizione laddove inventiva ed estro possono trovare naturale sfogo e non sottostare ai dettami tattici imposti a chi deve districarsi nel centro della manovra. Lui non si è mai sentito sopra le righe, chi l’ha conosciuto ne può dar testimonianza.

Esordisce in Serie A a diciannove anni con la maglia della Fiorentina, dove giocano mostri sacri del calibro di Morrone, Maschio e Hamrin, uno che ha molti punti in comune con Chiarugi. Nel 1968/1969 fa parte della formazione che conquista lo storico Scudetto, il secondo della storia gigliata, sotto la guida del tecnico argentino Bruno Pesaola. Quella squadra, piena di talento e famosa per il “centrocampo romano”, vince il campionato alla penultima giornata, battendo la Juventus per 2-0, massimo della goduria per un tifoso viola. Nel tabellino dei marcatori compare il nome di Chiarugi che apre le marcature al 48’ e che difatti avvia la festa scudetto della Fiorentina. L’ex calciatore è rimasto molto legato all’ambiente viola: “A Firenze, dove sono rimasto sette stagioni giocando 150 partite e segnando circa quaranta gol, sono legati alcuni tra i ricordi più belli della mia vita sportiva e non.”

L’approdo al Milan avviene nella stagione 1972/1973 e il suo acquisto rappresenta il fiore all’occhiello della campagna acquisti rossonera. Dopo un accesissimo derby di mercato con l’Inter, l’ex viola sceglie il Diavolo e il Milan sborsa 400 milioni di vecchie lire per assicurarsi le sue sgroppate e i suoi dribbling. La prima stagione è altamente positiva per il toscano che ha un ruolo importante in campionato e soprattutto in Coppa delle Coppe, nella quale Chiarugi diviene il capocannoniere. Come ha avuto modo di ricordarmi il buon Stefano Salerno, penna di questo blog, in un recente scambio telefonico, l’ala è costretta a caricarsi sulle spalle il gioco offensivo della squadra che è rimasta priva del suo bomber principe, Pierino Prati. In campionato esordisce contro il Palermo nel 4-0 e bagna il suo debutto con un gol su un calcio di punizione ripetuto. Contro il Verona all’ultima di andata segna la doppietta decisiva e il Milan veleggia in testa alla classifica. La stagione è positiva, c’è la possibilità di renderla memorabile con il grande slam, come avrebbe detto il presidente Berlusconi. Nel finale di stagione, tuttavia, la squadra è sotto pressione fisica e mentale, perde punti importanti e vince partite sofferte come quella del 29 aprile 1973 contro il Napoli a San Siro, dove il gol di Chiarugi è fondamentale per tenere la testa della classifica, con un solo punto di vantaggio sulla sorprendente Lazio e due sulla Juventus. Ma l’epilogo si iscrive nel novero delle giornate nere della nostra gloriosa storia: all’ultima giornata, il Milan collassa a Verona e regala lo Scudetto alla Juventus.

In Coppa delle Coppe, si diceva, il contributo di Chiarugi alla causa è fondamentale per il successo finale. I suoi gol diventano addirittura risolutivi per il passaggio del turno come avviene contro il Legia Varsavia, dove sono necessari i tempi supplementari per avere la meglio dei polacchi e nella doppia sfida contro i cecoslovacchi dello Sparta Praga in semifinale, vinte entrambe per 1-0 grazie all’ala rossonera. 

In finale i rossoneri se la devono vedere contro una delle squadre più forti del decennio, il Leeds United, il celeberrimo Dirty Leeds di Don Revie. Al terzo minuto della finale di Salonicco, i rossoneri guadagnano una punizione, della quale è incaricato di battere Chiarugi. Il pallone, su cui aleggia la presenza ieratica e immediata di Rivera, viene calciato con forza dal numero undici, tocca il palo e finisce alle spalle del portiere Harvey. Un gol forse arrivato troppo presto, si dirà sui giornali, perchè il Milan si sottopone ad una partita di sacrificio e sofferenza, nella quale la compagine inglese, priva di Bremner e Clarke, prova in tutti i modi a trovare il pareggio, che forse avrebbe meritato e che non ottiene anche grazie alla superlativa prova di Villiam Vecchi. Giusto per capire la portata dell’impresa rossonera, quel Leeds due anni dopo perderà la finale di Coppa dei Campioni contro il Bayern Monaco, forse meritando ancora qualcosa di più. A Milano torna un trofeo internazionale ambito che si aggiunge alla Coppa Italia, vinta ai rigori contro la Juventus. In un’intervista al Guerin Sportivo Chiarugi ricorda le sensazioni di quel particolare momento della sua carriera: “Stavo malissimo un forte esaurimento nervoso mi aveva fatto perdere dieci chili. Mi sentivo spossato, avevo tachicardie, frequenti abbassamenti di pressione e a fine partita ero a pezzi. Però in campo ero sempre presente e riuscivo a giocare bene, tanto che ricordo quel primo anno al Milan come uno dei più brillanti della mia carriera.”

Gli anni successivi sono complicati per il Milan che cade in una crisi di risultati che inficia le stesse prestazioni dei singoli, in particolare di Chiarugi che non è più brillante come nella sua prima stagione in rossonero. La stagione 1973/1974, quella che porta al mondiale tedesco, inizia con una sconfitta contro la Sampdoria nella quale il toscano di Ponsacco segna e che andrà in rete per le altre tre giornate successive. Il Milan finisce sesto ed esce in Coppa Italia al girone di semifinale. Tra le competizioni europee fa il suo esordio la Supercoppa che vede affrontarsi l’Ajax campione d’Europa e il Milan, vincitore della Coppa delle Coppe. Il gol di Chiarugi all’andata illude il Diavolo che al ritorno incappa in una cocente sconfitta per 6 a 0. Il cammino in Coppa delle Coppe è di nuovo lungo ed impegnativo e vede anche la prestigiosa vittoria contro un altro squadrone degli anni 70, il Borussia Moenchengladbach, eliminato in semifinale. Nella partita di andata Chiarugi segna la rete del 2-0 al 58’. Al MIlan non riesce il prestigioso bis consecutivo: in finale il Magdeburgo sorprende i milanesi vincendo per 2-0. Nelle ultime due stagioni in rossonero, Chiarugi segna 21 gol ma sono anni avari di soddisfazioni. Sceglie il Napoli dove resta per un paio di stagioni e dove vive un rapporto conflittuale con Gianni Di Marzio: “Tra me e l’allenatore esisteva un’incompatibilità assoluta[…]; Di Marzio me ne fece di tutti i colori, mentre l’unico che tentò di difendermi fu il presidente Ferlaino.”

Chiarugi va a giocare prima a Genova sponda Samp e poi al Bologna, prima di chiudere la carriera nelle serie minori.

Ha collezionato solo tre presenze in Nazionale, esordendo con l’Italia a Napoli nella sfida per le qualificazioni mondiali contro la Germania Est.

Luciano Chiarugi entra di diritto tra i grandi della storia del Milan, soprattutto grazie a quel gol nella battaglia di Salonicco con il quale, non solo ha regalato al club la seconda Coppa delle Coppe, ma ha anche meritato l’amore e la riconoscenza dei tifosi.

Un talento troppo spesso sottovalutato e offuscato dalle dicerie della stampa che lo ha etichettato con questo o con quel soprannome, dimenticandosi dell’indubbia professionalità del calciatore e della sua unicità, quella che per noi tifosi del Milan l’ha reso semplicemente Luciano Chiarugi. Con il Milan ha vinto una Coppa delle Coppe (1972/1973) e una Coppa Italia (1972/1973).

BIO: VINCENZO PASTORE

Pugliese di nascita, belgradese d’adozione, mi sento cittadino di un’Europa senza confini e senza trattati.

Ho due grandi passioni: il Milan, da quando ero bambino, e la scrittura, che ho scoperto da pochi anni.

Seguire lo sport in generale mi ha insegnato tante cose e ho sperimentato ciò che Nick Hornby riferisce in Febbre a 90°: ”Ho imparato alcune cose dal calcio. Buona parte delle mie conoscenze dei luoghi in Gran Bretagna e in Europa non deriva dalla scuola, ma dalle partite fuori casa o dalle pagine sportive[…]”

Insegno nella scuola primaria, nel tempo libero leggo e scrivo.

5 risposte

  1. Ricordo benissimo Luciano Chiarugi. Chiesi a papà di portarmi a San Siro in primavera a vedere Rivera e Chiarugi. 2-0 alla Fiorentina. Ricordo la finale di Salonicco – la TV in bianco e nero, alla fine ero stanco manco avessi giocato – il magone per la fatal Verona e la gioia della Coppa Italia cone Vecchi para-rigori. Un rossonero che mi è rimasto nel cuore.

  2. Bravo Vincenzo, bell’articolo!
    “Cavallo pazzo” era veramente un personaggio sui generis. È fuor di dubbio ricordarlo come match winner contro il temibile Leeds a Salonicco, peccato che solo tre giorni dopo (la FIGC si rifiutò di spostare la gara di un giorno)quella sudata conquista della Coppa venne oscurata dalla maledetta debacle del nostro Diavolo nella fatal Verona e da lì iniziò pian piano la parabola discendente del pur Bravo ma sempre discusso Luciano Chiarugi (che personalmente, essendo anzianotto ed avendolo visto giocare negli anni 60, ricorda molto negli scatti col pallone e nei dribbling il compianto Bruno Mora).
    Un caro abbraccio e buona serata.

    Massimo 48 ❤️🖤

    1. Grazie, carissimo Massimo! Non ho vissuto la Fatal Verona parte 1, ma avevo otto anni quando perdemmo nel 1990 contro gli Scaligeri lo Scudetto, in una partita dove il protagonista in negativo fu l’arbitro Lo Bello, disastroso e ingiuiroso…

  3. Ero studente a Napoli e nel 1966 andai a vedere Napoli-Fiorentina 0-4. Nel Napoli il terzino marcatore di Chiarugi era Nardin, che andava alla grande. Ricordo che almeno un paio di volte Chiarugi lo ha fatto sedere per terra.

    Hamrin era già da molto il mio idolo da quella partita lo divenne anche Chiarugi.

    Era una classica ala attaccante dell’epoca, dotata anche di scatto.

    Casualmente (nel senso dei miei due beniamini) sia Hamrin che Chiarugi sono arrivati al Milan.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *