Progettazione universale, progettazione a ritroso, unità formative, esperienze di apprendimento situato, ambienti enattivi.
E’ TUTTA UNA QUESTIONE DI QUALE REALTA’ SI VIVE
Piccola premessa: una delle classificazioni delle attività sportive
Diverse sono le classificazioni, qui prendiamo in esame solo quella che si riferisce alle
caratteristiche di stabilita e di prevedibilità dell’ambiente, OPEN E CLOSED, in cui esse si svolgono.
In quelle OPEN dove l’ambiente è variabile e difficilmente prevedibile, l’atleta di solito deve reagire ad eventi mutevoli e per tale ragione si parla anche di externally paced skill, ovvero di abilità influenzate da eventi esterni (Singer, 1980).
Ne sono esempi tipici tutti gli sport di situazione (giochi di squadra sia posizionale che invasivi, giochi individuali e sport di combattimento), in cui la decisione deve essere costantemente contestualizzata adattando tutto il complesso delle abilità per conformarsi alle richieste ambientali.
E questo è fortemente evidente nei giochi di invasione di contrasto ove vi è la compresenza spaziale e temporale di tutti i protagonisti della prestazione.
Qui, è noto che le fonti di maggiore variabilità derivano dall’avversario, che con le sue iniziative, ad esempio manifestando false intenzioni (comunemente definite “finte”) può condizionare l’andamento dell’azione.
Le discipline CLOSED Skill sono caratterizzate dall’elaborazione automatica (bottom up) talmente rapida da avvenire al di fuori del controllo cosciente.
Nelle discipline OPEN Skill invece si deve associare all’elaborazione automatica anche un’elaborazione di tipo controllato (top down).
Quest’ultima può realizzarsi soltanto attraverso un controllo cosciente che è necessariamente più lento e dispendioso ma che offre la possibilità di porre delle modifiche all’azione durante il suo
stesso svolgimento (flessibilità) in relazione alle variabili delle situazioni ed in base alle ipotesi previsionali dei soggetti coinvolti nell’azione stessa (Nougier, 1992).
LA TECNICA IMMERSA NELLA REALTA’ AUTENTICA
Questa è la ragione per cui il processo formativo, per l’acquisizione delle abilità tecniche, deve necessariamente passare attraverso esperienze di apprendimento situato e in ambienti enattivi tesi a stimolare l’applicazione della tecnica in situazioni che richiedono attenzione consapevole e cosciente, in grado di considerare e analizzare bene ciò che accade per rispondere poi nel modo più adeguato.
Non ci si può limitare ad insegnare un’abilità tecnica isolata dal contesto, questa deve essere vista in base agli scopi che intende realizzare. E questo approccio deve accompagnare tutto il percorso.
In tal senso, specialmente all’inizio, la risposta al problema potrebbe risultare una scelta sbagliata. Comunque, essendo stata frutto di un’azione intenzionale è da considerare sempre come errore positivo: cioè un errore nato da una decisione, anche se sbagliata nella scelta finale, che potrà entrare nel bagaglio esperenziale come elemento correttivo nelle esperienze successive.
PROGETTAZIONE A RITROSO


MACROCOMPETENZA
Saper giocare con il tempo nello spazio agendo individualmente e collettivamente a seconda della situazione.
COMPETENZE TRASVERSALI
Valutare correttamente parabole e distanze
Muoversi nello spazio rispettando i compagni e i loro movimenti
Saper utilizzare efficacemente le proprie risorse motorie e tecniche
Conoscere il regolamento di gioco
Riconoscere e risolvere le situazioni di gioco
Organizzare e gestire il gioco di squadra
Sapersi comportare in maniera corretta durante lo svolgimento delle diverse attività
Saper competere nel rispetto di compagni e avversari.
L’educazione motoria, prevalentemente quella coordinativa, dovrà essere fatta sempre in
forma specifica, utilizzando movimenti e condotte funzionali al gioco.
La prestazione, quindi, viene determinata, secondo la teoria dell’enazione, dalle capacità autopoietiche individuali e collettive emergenti anche da quelle situazioni non predefinite che devono essere fronteggiate con scelte decisionali, effettuate con la massima rapidità e precisione possibili.
E’ fuori dubbio che il risultato della decisione dipende dalla correttezza del gesto tecnico, a sua volta suffragato da una motricità adeguata.
Più la memoria del calciatore è ricca di vissuti specifici, tanto più sarà in grado di trovare ed effettuare soluzioni di gioco efficaci.
Le neuroscienze, specie con le evidenze degli ultimi venti anni, ci dicono che non c’è separazione tra processi percettivi, cognitivi e motori, che non esiste una gerarchizzazione sequenziale del tipo: prima osservo, poi comprendo e poi faccio.
Si tratta, invece, di una rappresentazione circolare e reticolare, in quanto la mente del giocatore, partendo dalla memoria incarnata, ripete tali operazioni mentali in modo interattivo, passando senza soluzione di continuità dall’osservazione della situazione di gioco contingente al confronto di quanto ha conservato con le proprie esperienze tattiche in proposito fino alla modifica della decisione in corso d’opera e così via.
Dunque il saper agire tatticamente caratterizza la logica dei giochi sportivi collettivi ed il complesso degli sport di situazione.
Se è vero che il calciatore è il protagonista durante il gioco, poiché è colui che decide cosa fare e come fare in ogni istante della gara sulla base delle sensazioni e delle percezioni che ha della situazione, è molto importante che l’allenatore sedimenti un ventaglio di conoscenze ed abilità calcistiche il più possibile ampio e articolato per mettere nelle condizioni di scegliere efficacemente, nel minor tempo possibile, la soluzione più appropriata in rapporto anche alle sue capacità tecniche.
AGIRE: Percepire, scegliere, decidere, in corsa d’azione rispetto al contesto e al compito
Pertanto, tutte le proposte:
– Devono essere generatrici di competenze.
– Devono presentare difficoltà crescenti, a complessità variabile.
– Devono essere significative
– Devono stimolare a prendere decisioni in autonomia: porre problemi non soluzioni
– Devono sollecitare al massimo la catena Percezione – Decisione- Esecuzione,
– Devono essere realistiche, costruttrici di esperienze autentiche.
– Devono sollecitare la cognizione incarnata con la ripetizione costante e continua,
acquisendo così autoefficacia e autostima. .
– Devono presentare sempre elementi di incertezza.
– Devono tenere sempre in conto la logica del gioco, inserire sempre porte che abituino il giocatore alla dinamica e spesso incerta reversibilità della disponibilità della palla.


FORMARE INCLUDENDO
In tutti gli ambienti dell’apprendimento, calcio compreso, la variabilità individuale è la norma, non l’eccezione. Quando i programmi sono organizzati per soddisfare i bisogni di una immaginaria “media”, e non tengono conto della reale diversità dei soggetti coinvolti , essi il più delle volte falliscono perché escludono gli studenti con abilità, contesti e motivazioni differenti che non soddisfano il criterio illusorio della “media”.
Questo vale sia per i più deboli, ma anche per coloro che dispongono di particolari capacità.
Prendo in esame il principio III: Fornire molteplici mezzi di coinvolgimento (il “perché” dell’apprendimento).
L’affettività rappresenta un elemento cruciale dell’apprendimento, e gli studenti si differenziano notevolmente nel modo in cui sono coinvolti e motivati all’apprendimento. Ci sono numerosi motivi che possono influenzare la variazione individuale dell’affettività, come possono essere fattori neurologici e culturali, l’interesse personale, la soggettività, la conoscenza pregressa, insieme ad altre variabili. Alcuni studenti sono altamente coinvolti attraverso la spontaneità e le novità, mentre altri non sono coinvolti, o anche spaventati da questi aspetti, preferendo la routine rigida.
Alcuni studenti preferiscono lavorare da soli, mentre altri preferiscono lavorare con gli altri. In realtà, non c’è un modo di coinvolgimento che possa essere ottimale per tutti gli studenti in tutti i contesti. Per questo, soprattutto nel primo periodo, è essenziale fornire molteplici opzioni di coinvolgimento.
L’educazione, in questa prospettiva antropologica, è, quindi, il processo complessivo con cui gli educatori accompagnano la trasformazione delle capacità potenziali di ciascuno in competenze personali attuali.
Capacità
Per capacità si intende una potenzialità, una propensione dell’essere umano, nel nostro caso dell’allievo, a fare, pensare, agire in un certo modo.
Riguarda ciò che una persona può fare pensare e agire, senza per questo aver già trasformato questa sua possibilità (poter essere) in una sua realtà (essere). Si può dire che riguardino la sua “’natura” I ‘essere potenziale che è espresso dalla “natura” di ciascuno, le capacità non sono mai statiche, definite una volta per tutte, ma sempre dinamiche, in evoluzione.
Si conoscono, come la fine di ciascuno, solo alla fine, nel senso che non se ne può dare una descrizione compiuta e integrale a priori. Viceversa, cadremmo nella visione antropologica opposta.
Inoltre, se pure si manifestano come capacità particolari e determinate (si è capaci di questo piuttosto che di quello, in una situazione piuttosto che in un’altra), coinvolgono però sempre tutto ciò che siamo e che possiamo essere. Chi pensa, in questo senso, le capacità delle persone come separate e separabili le une dalle altre (come se un soggetto fosse capace di comunicare piuttosto che di matematizzare, di costruire determinate cose piuttosto che di usarle bene, di giudicare criticamente amente piuttosto che di fidarsi ecc.), ne impoverisce la forza educativa: esse, al contrario, sono sempre unitarie ed integrate e, per questo, si vicariano anche molto a vicenda, così spiegando la plasticità e la complessità di ogni persona umana e perché, in educazione, grazie al principio dell’integralità, niente, a qualsiasi aspetto ci si riferisca, è mai guadagnato una volta per tutte, niente è mai perduto per sempre.
Competenza
Le competenze sono l’insieme delle buone capacità potenziali di ciascuno portate al miglior compimento nelle particolari situazioni date: ovvero indicano quello che siamo effettivamente in grado di fare, pensare e agire, adesso, nell’unità della nostra persona, dinanzi all’unità complessa dei problemi e delle situazioni di un certo tipo (professionali e non professionali) che siamo chiamati ad affrontare e risolvere in un determinato contesto.
Mentre le capacità esprimono la forma dell’essere potenziale di ciascuno che, proprio per questo, non è mai definitiva, le competenze manifestano, quindi, quella del nostro essere attuale, nelle diverse contingenze date. Sono la forma storica che assumono le capacità di ciascuno.
Le une e le altre, ovviamente, sempre dinamiche, in evoluzione, visto che non solo si può essere diversi fino alla fine della vita, e scoprire nel tempo capacità insospettate, ma si è anche sempre diversi fino alla fine della vita, cioè si verifica, di fatto, di essere diversamente competenti, nei diversi contesti e nelle diverse situazioni che a mano a mano ci è dato affrontare e risolvere.
Le une e le altre, inoltre, per quanto particolari e determinate (per esempio, si è <capaci di analisi critica> e si dimostra, in un contesto, di fronte a qualcosa di specifico, <competenza nell’analisi critica), sono sempre unitarie e integrate (per continuare I’esempio, non esiste una <capacità criitica> che non sia anche connessa con <capacità estetiche, sociali, manuali ecc.>, così come non si può mai dimostrare una <competenza di analisi critica> isolata, ma, nel dar prova di questo, si offre allo stesso tempo anche testimonianza di <competenza estetica, sociale, manuale ecc.>).
Da questo punto di vista, come suggerisce anche l’etimologia del termine, e in particolare il cum che precede il petere, <com-petente> è non solo chi si muove <insieme a>, <con> altri in un contesto (valore sociale della collaborazione e della cooperazione) per affrontare un compito o risolvere un problema; non solo chi si sforza di cogliere l`unità complessa anche del compito o del problema più parrziale che incontra, ma chi pratica la prima e la seconda preoccupazione coinvolgendo sempre, momento dopo momento, tutta insieme la sua persona, la parte intellettuale, ma non meno quella emotiva, operativa, sociale, estetica,motoria, morale e religiosa.
E quindi <com-petente>> chi <mette insieme> tante dimensioni nell’affrontare un compito, lo affronta bene e, in questo, dà sempre tutto il meglio di tutto se stesso. La circostanza spiega perché, se la competenza rimane sempre ancorata allo specifico contesto ambientale, sociale, culturale e professionale in cui è maturata e nel quale ha dato prova di sé, e risulta pure attivata da esso, essa è, però, allo stesso tempo, tale se si svincola da questo specifico contesto e si proietta su altri contesti che proprio l`apprezzamento critico e intuitivo del soggetto riconosce analoghi, cioè per certi aspetti uguali, a quello di origine.
Il competente, quindi, attiva le competenze che possiede anche in situazioni differenti da quelle originarie che le ha viste nascere e consolidare.

Una risposta
Grazie Raffaele come sempre dei contributi chiarificatori e illuminanti. Chiarezza necessaria per costruire nuove sicurezze e illuminazione perchè fa luce (generando ulteriore sicurezza) sulle strade da intraprendere con coraggio e gusto di agire. Vorrei ora commentare soprattutto in relazione a Formare Includento (paradigma imprescindibile) in virtù del fatto che siamo ancora molto lontani dal realizzare o meglio anche dal pensare, progettare e portare nella pratica qualcosa che tenga veramente conto dei potenziali di ogni individuo. Il paradigma della eterogeneità ci costringe (come adulti in grado, speriamo, di favorire i processi di sviluppo del potenziale umano) a rivedere in profondità metodo, modo e relazione di conduzione della seduta di allenamento (gioco-sport). Purtroppo ahimè nei campi di gioco dei nostri ragazzi/e si vedono ancora e credo ancora per parecchio tempo, proposte e modalità di conduzione delle stesse che si allontanano dal principio considerato (Formare includendo). Non faccio differenze tra simpatizzanti “dell’analitico pensiero” e fautori “della situazionale e realistica proposta”, mi spiace dirlo ma non sta qui il problema e non è mia intenzione tornarci sopra (c’è già chi lo fa con grande maestria, grazie ancora Raffaele). Agire è una parola direi magica perchè contiene, intenzione/spontaneità, decisione/indecisione, movimento/immobilità, realtà/fantasia e altri elementi di opposta natura che si manifestano nel gioco, nel giocare, nello stare da soli e insieme agli altri. Mi piace aggiungere, quando si parla di agire, il motivo (lasciamo stare la motivazione) per cui agiamo. Tra i tanti già neuroscientificamente citati vorrei considerarne uno in particolare di cui al momento siamo in grado di “misurare” solo con sensibilità e cuore: Il piacere di agire. Il piacere di agire, che si alimenta nella libertà e con l’eccitazione che tale libertà può favorire quando è energeticamente ben incanalata in confini sicuri, nutrienti ed espressivi. Favorire l’eccitazione (il gusto di) è un processo che, nel rispetto degli opposti che scendono in campo (interiori ed esteriori, interni ed esterni) sarà in grado di alimentare le possibilità creative dei ragazzi. La creatività rappresenta il picco di energia, il momento orgastico in cui realizziamo qualcosa di sconosciuto e mai fatto in precedenza. E’ un potenziale nuovo che si concretizza a partire dalle abilità pregresse integrandole con l’acquisizione di nuovi potenziali. Il potenziale creativo di ognuno (nessuno escluso) necessità del piacere di agire (percepire, scegliere, decidere, contesto, compito) nel gioco, dove il gioco troppo spesso ancora è scelto dal potere dell’adulto (amante dell’analitico o globale che sia). Quando l’adulto sarà in grado di posizionarsi in un ruolo in cui il potere sia al servizio del piacere allora qualcosa comincerà, seppur lentamente a cambiare. Per allentare il potere serve una rivoluzione di idee, di prese di posizione, di metodo, di modo, di relazione, ecc. Perchè il piacere possa emergere occorre agire i conflitti esistenti al fine di muovere energie nuove che si alimentino nel confronto/scontro tra vecchio e nuovo senza giudizio di bontà di uno e cattiveria dell’altro e viceversa. Magari però avremo modo, chissà, di portare queste argomentazioni in campo e farne esperienza.