Estate, tempo di vacanze, aperitivi sulla spiaggia, gelati al limone e calciomercato.
Nel 1987, alla seconda “riapertura” delle frontiere (provvisoriamente chiuse nel 1984), con Gullit e Van Basten — i “tulipani” voluti da Silvio Berlusconi per dare al suo Milan ulteriore potenza e bellezza — sbarcarono in Italia altri 16 nuovi calciatori stranieri, tutti felici ed orgogliosi di venire a giocare in quello che in quegli anni era, senza dubbio alcuno, il campionato più bello e difficile del mondo. Tra questi c’era Blaž Slišković, un bosniaco con un baffo importante e due piedi sopraffini.
Baka, come lo chiamavano tutti, amava le donne e amava il caffè, amava gli scacchi e amava il tabacco. Avrebbe potuto diventare avvocato, ma le giacche e le cravatte non gli avrebbero mai dato quell’eleganza che lo contraddistingueva quando calzava un paio di scarpini dotati di tacchetti.
Per Giovanni Galeone, il tecnico che lo volle nel proprio “scoppiettante” Pescara (quello che sulla destra schierava Rocco Pagano, l’ala tornante che Paolo Maldini indicò come l’avversario più ostico affrontato in carriera), avrebbe potuto vincere il Pallone d’Oro, per qualcun altro è stato ed è tuttora l’unico a potersi fregiare del titolo di “Maradona dei Balcani”. Ma lui, “Baka”, nato a Mostar il 30 maggio 1959, desiderava assomigliare solo a un altro calciatore: Johann Cruijff.
Quelli che ancora non sapevano di cos’era capace pensarono che l’unico dettaglio in grado di accomunare Slišković al “Profeta del Gol” fosse la malsana passione per le sigarette, ma al di là della cinica ironia, il bosniaco, quando era in giornata (il che, va detto, non capitava spesso), riusciva davvero a ricordare l’inimitabile numero 14 degli Oranje.
Slišković aveva l’inquieta genialità dei grandi artisti bosniaci, aveva l’anarchia festosa di Goran Bregović e il coraggio silenzioso di Vedran Smailović, e aveva quella sregolatezza che caratterizza tutti i bohémien.
Il calcio italiano fece la sua conoscenza il 26 marzo 1980, quando, in una partita valevole per le qualificazioni ai giochi di Mosca, realizzò una tripletta nel 5-2 con cui la selezione olimpica della Jugoslavia umiliò l’Under-21 azzurra guidata da Azeglio Vicini.
A ventidue anni, con all’attivo già nove presenze e tre reti con la nazionale maggiore, lasciò il Velez Mostar per l’Hajduk Spalato. In Croazia prese alla lettera la canzone più intonata dai suoi nuovi tifosi — Zbog jedne ljubavi, letteralmente “Per un amore” — e se ne andò con una ginnasta russa, facendo perdere le proprie tracce per quasi un anno. Tornò sui suoi passi solo quando ciò che pensava fosse amore si rivelò un calesse, giustificandosi dicendo che quei due occhi azzurri gli avevano fatto perdere la testa. Ritrovata la testa, perse però un altro anno a causa di un brutto infortunio, e fu allora che qualcuno iniziò a pensare che per Slišković il calcio era un capitolo ormai chiuso.
A farli ricredere fu l’unica cosa che Baka non aveva mai perso: il talento. Il primo avversario di livello a sbattere il muso contro la ritrovata verve del mostarino fu il Torino di Gigi Radice. Toro e Hajduk incrociarono le proprie strade negli ottavi della Coppa UEFA 1985-1986 e in entrambi i confronti il “Cruijff dei Balcani” scrisse il proprio nome sul tabellino dei marcatori, prima con un tiro al volo che portò in vantaggio la compagine di Spalato nella gara d’andata giocata in Piemonte e terminata 1-1, e due settimane dopo con una punizione sparata da 30 metri che portò momentaneamente la formazione croata sul 2-1 (la partita finì 3-1 per l’Hajduk).
Nell’estate del 1986, dopo i mondiali del Messico che la Jugoslavia non giocò, Slišković passò all’Olympique Marsiglia. In quella che Arthur Schopenhauer definì “la più bella città della Francia”, Baka partì fortissimo, con sei gol nelle prime quattordici partite di campionato, ma al termine della stagione qualcosa si ruppe. Chiese di essere ceduto e Galeone, il tecnico che aveva riportato il Pescara in Serie A dopo 7 anni di purgatorio, lo convinse ad accettare la corte del neo-presidente Pietro Scibilia.
Insieme al bosniaco con i piedi da centrocampista brasiliano arrivò in riva all’Adriatico un vero verdeoro, Leo Junior, da tempo in rotta di collisione con Gigi Radice. Tra Baka e la città di Pescara fu amore a prima vista. Si dice che Slišković si innamorò di Pescara perché dalle finestre della città abruzzese si potevano vedere le coste della sua Jugoslavia.Vero o no, con la casacca biancazzurra giocò una stagione indimenticabile, nella quale i Delfini di Galeone, capaci perfino di vincere a San Siro contro l’Inter di Trapattoni alla prima di campionato e di rifilare un 2-0 alla Juve alla 18ª giornata, strapparono una salvezza nella quale in pochi credevano. Ma terminati i festeggiamenti, e scaduto il prestito dall’OM, per Baka fu di nuovo tempo di salutare (ma questa volta con un’ombra di nostalgia negli occhi).
Fece ritorno in Francia, ma il suo non fu un addio. A Pescara ci tornò nel 1992, e anche se il talento di un tempo era ormai svanito, annientato dagli anni e dal dolore causato dalla guerra civile che stava ridisegnando la storia e la geografia della sua terra, i cuori dei fedelissimi dello stadio “Adriatico” tornarono a battere come nella memorabile stagione 1987-88.
Nei Balcani, nei trentacinque anni nei quali Tito ha guidato la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, prese piede un adagio che ben sintetizzava la complessità del Paese: “sei Stati, cinque nazioni, quattro lingue, tre religioni, due alfabeti e un Tito”. A Pescara, sono certo, ancora oggi ricordano la Jugoslavia per i sei Stati, le cinque nazioni, le quattro lingue, le tre religioni, i due alfabeti e l’unico, immenso “Baka” Slišković.

BIO: Davide Pollastri nasce a Monza il 26 marzo 1977.
Fin da giovanissimo manifesta un forte interesse per la lettura e talento per la scrittura.
Tra il 2000 e il 2004 alcuni suoi scritti vengono pubblicati da alcuni importanti quotidiani nazionali.
Nello stesso periodo inizia a fare musica e a farsi chiamare Seven, riuscendo a farsi apprezzare all’interno della scena Hip Hop Underground grazie allo stile scanzonato e all’originalità dei testi.
Nel 2014 scrive e stampa il suo primo romanzo dal titolo “L’Albero della Vanagloria”.
Nel 2016 con il racconto “L’Amore Assente” è tra i vincitori del concorso letterario Stampa Libri realizzato in collaborazione con Historica Edizioni.
Nel 2019 è tra i semifinalisti del “Cantatalento”-Festival di Arese. Sempre nel 2019 realizza alcuni video sulla storia della Juventus e apre su Facebook il Blog “Seven Racconta”; i racconti del Blog, dedicati a tutti quei calciatori capaci di farlo innamorare del “gioco più bello del mondo”, fanno breccia nel cuore di molti appassionati e riscuotono interesse. Alcuni degli ex calciatori protagonisti dei suoi racconti ringraziano pubblicamente Pollastri per le storie scritte su di loro.
Dal 2020 è ospite di importanti trasmissioni web-televisive tra cui ‘Signora Mia’, ‘Che Calcio Che Fa’ e ‘LeoTALK’, condotto dalla nota giornalista Valeria Ciardiello.
Nel 2021 è l’ideatore del programma web ‘Derby d’Italia-Una trasmissione pensata da chi ama il calcio per voi che amate il calcio’.
Sempre nel 2021 esce il suo secondo libro dal titolo “C’era una volta la Danimarca Campione d’Europa”.
Il 20 ottobre del 2021 appare in una puntata di ‘Guess My Age-indovina l’età’, il quiz show trasmesso da TV8 e condotto da Max Giusti.
Nel 2022 esce il suo terzo libro dal titolo “Maccheroni alla Trapattoni”. Dal 2023 collabora con ‘Monza Cuore Biancorosso’ e ‘Fatti Nostri’, un giornale indipendente online dedicato a tutti gli italiani che vivono nelle diverse parti del mondo.
Dal 2024, dopo aver frequentato la scuola di alta formazione per il calcio ‘Elite Football Center’, scrive anche per Sporteconomy.it, market leader nell’informazione applicata all’economia dello sport.
Una risposta
Leggere questo articolo a Belgrado ti dà ulteriore senso di che cosa siano le persone, e quindi i calciatori, provenienti dai Balcani, gente piena di vita, nella quale i vizi si trasfigurano in virtù. Grandissimo calciatore, troppe pause (in classico per gli uomini di queste latitudini) che ha fatto spesso vedere il suo talento. Gran bel pezzo, complimenti Davide!