La temporalità costituisce l’elemento decisivo entro il quale si sviluppa la progettualità umana
IL PROCESSO CIRCOLARE

L’ APPROCCIO FENOMENOLOGICO-ENATTIVO: SPAZIO E TEMPO ARCHETIPI DELLA INTENZIONALITÀ SOGGETTIVA E INTERSOGGETTIVA
PREMESSA
FENOMENOLOGIA, ENATTIVISMO, NEUROSCIENZE UNA SOAVE ARMONIA AL SERVIZIO DEL GIOCATORE, DEL GIOCO E DELL’ALLENATORE
Della fenomenologia abbiamo parlato più volte e abbiamo detto quanto le intuizioni di questa corrente filosofia abbiano a che fare con l’attività calcistica.
Basti pensare alla corporeità ( superamento del dualismo mente-corpo), alla intenzionalità (interdipendenza tra situazione-azione), alla temporalità ( tutte le esperienze vanno collocate nello spazio e tempo) , alla percezione ( influenza degli stati emotivi e socio-affettivi nel processo decisionale), all’empatia ( relazione intersoggettiva), al concetto di esser-ci immersi nella realtà autentica del mondo.
Queste intuizioni sono state tutte suffragate dalle scoperte neuroscientifiche, specie di quelle che si riferiscono alla scoperta del sistema specchio.
Ragionando in termini calcistici, possiamo dire che la fenomenologia aveva descritto il perché, le neuroscienze hanno dimostrato il come.
L’enattivismo, coniugando l’una alle altre, rappresenta il tentativo più avanzato per delineare il cosa fare per rendere il più pertinente possibile il processo dell’allenamento.
Difatti, l’enazione descrive una teoria della cognizione in cui mente e corpo sono inseparabili dall’ambiente, e il calcio è uno sport che coinvolge l’azione fisica e la percezione dell’ambiente. Pertanto, la relazione tra queste due dimensioni si manifesta nel modo in cui i giocatori prendono decisioni e interagiscono con il gioco, usando il corpo e la mente per adattarsi alla situazione.
In altre parole, l’enazione può essere considerata la base teorica di come un calciatore “agisce” in campo.
Ecco alcuni punti chiave:
Percezione e azione:
L’enazione sottolinea che la percezione non è semplicemente la ricezione passiva di informazioni, ma un’azione attiva per comprendere e interagire con il mondo. Nel contesto del calcio, ciò significa che il giocatore percepisce l’ambiente di gioco (posizione dei giocatori, traiettoria della palla, ecc.) contemporaneamente all’azione, eseguendo movimenti, passaggi, tiri, ecc.
Corpo e Mente:
L’enazione enfatizza l’unità di corpo e mente. Il calciatore non è solo un essere pensante, ma anche un essere incarnato, le cui azioni fisiche influenzano le sue percezioni e decisioni.
Adattamento e Anticipazione:
L’enazione implica la capacità di adattarsi costantemente all’ambiente. Un calciatore deve essere in grado di adattarsi ai rapidi cambiamenti del gioco, anticipare i movimenti degli altri giocatori e prendere decisioni basate su queste osservazioni.
Acquisizione di Informazioni e Azione:
L’acquisizione di informazioni è essenziale nel calcio ed è strettamente legata all’enazione. I giocatori devono osservare e analizzare costantemente l’ambiente di gioco per prendere decisioni informate. Questa acquisizione di informazioni avviene simultaneamente all’azione, il che è coerente con la visione enazionista della cognizione.
In sintesi, l’enazione fornisce un quadro teorico per comprendere come i calciatori usino il loro corpo e la loro mente per interagire con il gioco, rendendo percezione e azione processi inscindibili. Ciò si manifesta nella loro capacità di adattarsi all’ambiente, anticipare le azioni e prendere decisioni rapide basate sulle informazioni che percepiscono.
La didattica enattiva come opportunità innovativa per migliorare l’insegnamento e l’apprendimento delle abilità sportive.
Il paradigma enattivo può consentire l’esplicitazione del processo di acquisizione delle abilità sportive e il controllo del movimento umano. Va specificato che l’enattivismo si pone all’interno di almeno tre correnti teoretiche alternative al cognitivismo:
la psicologia ecologica, intesa anche come studio della regolazione del movimento, della percezione diretta e dell’interdipendenza reciproca tra percezione e azione; il modello dinamico, attraverso il quale vengono spiegati alcuni concetti relativi alla coordinazione e alle abilità motorie (vincoli o emergenza di movimento). Questo paradigma si oppone al dualismo e al riduzionismo prevalenti nella cultura occidentale dominante, presupponendo una sorta di ‘fusione’ e unità psicofisica nell’atleta (Scarpa, Carraro 2011), inseparabile dall’ambiente (Varela et al. 1991).
Il contributo dell’enattivismo allo studio della pedagogia dello sport e dell’esercizio può contribuire al sorgere di riflessioni e ricerche su come la meccanica del corpo può sostituire la necessità del calcolo fornendo soluzioni a vari compiti motori e percettivi, oppure può guidare la disamina delle basi neurali per la cognizione sociale che potranno condurre a perfezionamenti nell’interazione dell’atleta col proprio ambiente (costituito non solo da persone ma anche da oggetti), e così via.
Infine, sul piano metodologico consente di superare un altro dualismo, rappresentato da ciò che si continua a chiamare analitico e situazionale ( per i quali, i significati che si attribuiscono, come abbiamo più volte affermato, non sono per niente autentici).
Nella prospettiva enattiva essi assumono un ruolo più laterale, assorbiti completamente dall’approccio sistemico che ne valorizza la specificità didattica e soprattutto non li pone più in alternativa tra di loro, assegnando a ciascuno di essi la giusta considerazione in perfetta armonia metodologica. L’approccio fenomenologico-enattivo, centralità del giocatore/persona nel suo vissuto concreto e agli aspetti incarnati riferiti alla coscienza e consapevolezza dell’agire corporeo, dimostra come gli ambiti dell’attività motoria, del gioco e dello sport, rappresentino cornici intrinsecamente incarnate, in cui il coinvolgimento mente-corpo è unitario e integrato.
Secondo tale teoria i comportamenti sono incomprensibili fuori contesto: ogni azione è sempre situata ( non c’entra nulla ” il situazionale”), ovvero collocata nello spazio e nel tempo con uno scopo ( quindi: anche se sto fermo sul posto, lontano dell’avversario, e invito il compagno al passaggio ” nei piedi ” è situazione di gioco!!).
Azione e situazione (così come prima) sono indissolubilmente connesse, esse si influenzano reciprocamente e ciò determina una continua e dinamica evoluzione.
Il tempo è sempre stato un importante oggetto di studi. Si tratta di un concetto fondamentale per la conoscenza umana, nonché componente centrale della nostra quotidianità ed esperienza del mondo. Il concetto di tempo fa riferimento alla dimensione con cui si concepisce, organizza, rappresenta e misura lo scorrere degli eventi.
La percezione del tempo è un prodotto della complessa interazione tra emozioni, attenzione e contesto. Il nostro cervello, adattandosi costantemente alle esperienze, modula la percezione temporale in base alla nostra realtà psicologica e fisica del momento. Anche la novità gioca un ruolo cruciale nella percezione del tempo. Quando ci troviamo di fronte a stimoli nuovi, il cervello intensifica l’attenzione, analizzando con maggiore cura ciò che accade intorno a noi. Questo fenomeno, noto come dilatazione temporale indotta dalla novità, fa sì che eventi unici o non ripetitivi sembrino durare di più rispetto a quelli abituali.
Al contrario, durante attività di routine o noiose, il cervello impiega meno risorse attentive e lascia scorrere il tempo più rapidamente. Ecco perché” tante cose “ che si fanno sul campo spesso “spariscono” dalla memoria: ma come, l’abbiamo fatto la settimana scorsa?
Questa competenza che noi abbiamo definito saper giocare con il tempo nello spazio, va perseguita con allenamenti mirati, coerenti alla complessità della realtà autentica del gioco che conducano i calciatori ai margini del caos, abituandoli a ridurre il tutto in ordine, grazie ad intelligenza e creatività. Tale competenza consente di percepire, trasformare, decifrare immagini e riconoscere un oggetto osservandolo da diverse angolature. Un tipo di competenza che mobilita in maniera sistemica la lateralità, la dimensionalità e l’orientamento. Fondamentali per anticipare le giocate e decidere con rapidità.
Tempo e lo spazio, due costanti e assidui compagni di viaggio. Qualcuno li ha definiti il nome e cognome del calcio, che assieme al perché e al come ne completano la carta d’identità.
Sono sempre presenti nell’agito intenzionale calcistico. Si accompagnano costantemente come una indissolubile relazione.
Hic et nunc, qui e ora. Da qui non si scappa. Purtroppo, se vogliamo affrontare efficacemente le numerose, variabili, incerte situazioni, dobbiamo fare i conti con loro. Da sempre, il tempo e lo spazio, hanno stimolato la riflessione filosofica prima e quella scientifica poi.
Molti si sono incamminati nella strada dell’ indagine speculativa. Con questi due costrutti, tutti si devono rapportare, specie chi si occupa e pratica uno sport di invasione, ivi compreso il calcio.
Il tempo e lo spazio, due costanti e assidui compagni di viaggio. In questo abbiamo un grande alleato, il nostro sistema nervoso centrale. Infatti, le neuroscienze, ci dicono che, per fronteggiare la complessità del reale, esso, filogeneticamente, ha dovuto adottare molte strategie. La più importante tra di esse, è stata quella di imparare a gestire il tempo ( prima/ dopo, veloce/lento, ) e lo spazio ( vicino/ontano, alto/basso, avanti/ indietro, destro/sinistro) specializzando i due emisferi e determinando tra i due una gerarchia, dominante e recessivo.
Questa specializzazione ha favorito la nascita del linguaggio. L’intenzionalità intrinseca nel compito esprime comportamenti intelligenti già nella prima infanzia (Shaffer, 2005) quando i bambini, spinti dalla loro sete di conoscenza e comprensione del mondo, interagiscono con l’ambiente e con le cose: un bambino che vede un oggetto nuovo, ad esempio, non pensa a che cosa può fare con esso ma attiva l’intenzione di afferrarlo e manipolarlo, è l’intenzione emotiva di avere quell’oggetto per sé che lo coinvolge in un comportamento motorio.I movimenti realizzati dal bambino sono funzionali all’intenzionalità che lo guida in quella particolare situazione: spostare una sedia vicino al tavolo, salirvi sopra e, finalmente, afferrare l’oggetto che aveva attirato la sua attenzione. (Ceciliani – Educazione Motoria Nella Scuola Primaria)
La stessa memoria corporea e procedurale, prende forma attraverso il vissuto incarnato nel qui e ora, in cui l’apporto sensorimotorio ed emotivo-cognitivo cristallizza il ricordo dei comportamenti, attivati nell’esperienza stessa. Tale presenza a sé non è più garantita ai bambini, rigidamente organizzati dagli adulti, in una vita quotidiana dove il rapporto con il proprio corpo-movimento è routinario e a basso coinvolgimento emotivo/motivazionale.
Il bambino, ad esempio, è naturalmente incarnato nel suo agire, predisposto all’atteggiamento attento e intenzionale (consapevole), se lo si lascia libero di agire sul mondo che lo circonda. La libertà di vivere le esperienze, nell’infanzia, garantisce la dimensione emotivo-relazionale così importante per un agire il pensiero e un pensare l’agire (Ceciliani, 2015, p.32) che testimoniano l’intenzionalità del comportamento intelligente.
L’ontogenesi dello sviluppo umano non trova origine nella cognizione astratta, centralizzata e separata dal contesto, ma è intrinsecamente ancorata a una cognizione centrata sulla elaborazione percettivo-motoria, sull’intelligenza senso-motoria (Piaget, 1952) o cinestesico-corporea (Gardner, 1987).
Da sempre, il tempo e lo spazio, hanno stimolato la riflessione filosofica prima e quella scientifica poi. Molti si sono incamminati nella strada dell’ indagine speculativa. Oggi, con questi due costrutti, tutti si devono rapportare, specie chi si occupa e pratica lo sport di invasione, ivi compreso il calcio.
I greci utilizzavano due vocaboli per definire il tempo: Kronos e Kairos. Tempo oggettivo ( sono le 17, c’è buio ecc.), tempo qualitativo (che significa per ciascuno di noi “ vivere le 17 ( Percezioni, Emozioni, Stati d’ animo).
Penso che questa distinzione abbia molto a che vedere con il gioco del calcio. Siamo al quarantesimo del primo tempo: tutti vivono questo momento allo stesso modo?
Sicuramente no.
Questo stato d’animo influenzerà sicuramente il processo enattivo ( circolarità percezione/ decisione/ azione). Con queste premesse, tutti quelli che si sono cimentati nello studio dello spazio e del tempo in ambito sportivo, oramai concordano su questi punti:
1) spazio egocentrato ( il proprio corpo), spazio allocentrato ( spazio geometrico);
2) spazio vissuto, spazio percepito;
3) spazio topologico, spazio dinamico.
Queste classificazioni determinano in ambito calcistico le seguenti tipologie di spazio/tempo:
1) spazio tecnico ( distanza tra un giocatore e il suo avversario);
2) spazio tattico ( spazi che si liberano e si occupano continuamente);
3) spazio proiettivo ( spazio che si costruisce)
Vi metto a disposizione le prime slides, che risalgono al 1986, che ho utilizzato nei corsi di formazione in servizio per i docenti di scienze motorie, quale responsabile dell’area tematica teoria, metodologia e didattica dei giochi sportivi collettivi di invasione.
Nella semantica calcistica si utilizzano i seguenti termini:
– zona ombra;
– zona cieca;
– zona debole;
– zona forte;
– ampiezza relativa e assoluta;
– profondità;
– zona di prima costruzione;
– zona di seconda costruzione;
– zona di rifinitura;
– diagonale;
– piramide difensiva;
– sistemi di gioco.
Io questi termini li ho definiti: categorie spazio/temporali universali e necessari.
( tesi fine corso UEFAPRO pubblicata sul sito del Settore Tecnico. ).

Quelli emergenti dalle varie configurazioni di gioco li ho classificati in: soggetti collaborativi, cooperativi, comunitari e imprevisti.
Circa il tempo, sul piano soggettivo sempre emergenti dalla realtà del gioco :
– tempo del passaggio;
– tempo dello smarcamento;
– tempo della ricezione;
– tempo della finta;
– tempo del dribbling;
– tempo del tiro;
– tempo della pressione;
– tempo dell’anticipo;
– tempo dell’intercettamento;
tempo del contrasto
Sul piano intersoggettivo:
– tempo dell’incrocio;
– tempo dell’ esca;
– tempo della sovrapposizione;
– tempo del raddoppio;
– tempo dello scambio della marcatura;
– tempo del pressing;
– tempo della diagonale;
– tempo della piramide;
– tempo dell’ elastico;
– tempo del fuorigioco.
Ma siccome queste sono attività fortemente interrelate tra di loro, il campo di indagine non può non essere sistemico. Infatti, se vogliamo prendere in esame la relazione che intercorre tra passaggio, smarcamento e ricezione, non possiamo non considerare la presa di posizione, la pressione individuale, l’anticipo e la marcatura.
Sul piano collettivo, invece, la riflessione diventa ancora più complessa .
Perché ?
Perché intervengono in maniera dialettica tutti i principi del gioco , sia quelli per la disponibilità della palla che quelli senza.
Infatti, chi attacca lo fa occupando tutti gli spazi ( scaglionamento offensivo), fa muovere in maniera coordinata i propri giocatori ( mobilità), vuole raggiungere il più velocemente possibile la porta avversaria (penetrazione), se non è possibile, gioca in ampiezza, se vede che tutto ciò non basta, ricorre alla sorpresa ( imprevedibilità).
Di contro, chi difende, ricorre a:
Lo scaglionamento difensivo ( tutti i giocatori assumono la corretta presa di posizione), azione ritardatrice ( pressing/ densità), equilibrio ( superiorità numerica), concentrazione nell’imbuto difensivo, al controllo e alla cautela.

In sintesi, come sicuramente vi siete accorti, discutere del tempo e dello spazio, significa prendere in esame la complessità del gioco nella sua interezza. Come procediamo per rendere contestuali e realistici i nostri interventi? L’ allenamento per essere coerente con la realtà autentica del gioco in tutte le sue declinazioni, senza mai scendere al di sotto della unità minima formativa.

Le proposte devono contemplare il certo e la casualità, la collettività e l’individualità, l’ordine e il disordine in quanto sono costrutti intrinseci del gioco in tutti i suoi aspetti. Dall’interazione di tutti questi fondamentali emerge l’allenamento che consideriamo complesso.
Il disordine ha bisogno di organizzazione e ha bisogno di instabilità per la sua evoluzione. Si tratta di una nuova sfida per tutti noi che alleniamo perché tra ordine e caos ci sono dei punti intermedi dove potersi collocare in base al livello di allenamento che il sistema (giocatore o squadra) necessita in un dato momento.
L’allenamento in questo modo sviluppa nel sistema la capacità di innovarsi ed evolversi, poiché quando ordine e disordine si uniscono in un compito, facilitano l’emergere di nuovi modelli di comportamento che lo rendono più adattivo.
Affinché l’allenamento complesso possa far emergere nuovi modelli di comportamento, è necessario, creare instabilità all’interno di stabilità. Emergenza tattica imprevista, sistema aperto non lineare, numero enorme di relazioni inter/intra-individuali, e via ancora nella complessità del gioco del Calcio che pur essendo imprevedibile e difficilmente governabile, non significa che sia impossibile fronteggiarla.
Anzi, la sfida è proprio questa: come imparare a “ so-stare” nella complessità?
Con i principi del paradigma fenomenologico-enattivo

PERCHÈ IL PROCESSO DELL’ALLENAMENTO DEVE ESSERE COERENTE E FEDELE AL MODELLO PRESTATIVO E ALLA LOGICA INTRINSECA DELLA DISCIPLINA
CONCLUSIONI
Il modello fenomenologico-enattivo è l’orientamento che si è affermato nella seconda metà del ‘900.Concepisce la relazione individuo-ambiente come un sistema integrato dove entrambi, alla stregua di due elementi inseparabili, si influenzano reciprocamente.
Lo sviluppo è di tipo qualitativo e incrementale, e si differenzia, quindi, dal semplice cambiamento. Lo sviluppo non è limitato all’età evolutiva ma esso accompagna tutta la vita. La realtà autentica del gioco è rappresentata fenomenologicamente dalla relazione dialettica tra giocatore, palla, compagni, avversari e porte. Questa relazione fa emergere continui rapporti di forza e comportamenti rappresentati dalla disponibilità o meno della palla.
Le varie configurazioni di gioco, spesso non lineari, presentano continui problemi (tattica) che vengono risolti attraverso l’utilizzo intenzionale della motricità e della tecnica, la cui adeguatezza è fortemente influenzata dalla dimensione emotiva. Tutto questo avviene all’interno di regole che assicura reciprocità in ordine alle opportunità e ai vincoli.Essendo la realtà autentica del gioco assimilabile a un sistema complesso adattivo, ogni elemento sottratto a essa ne inficia la struttura, la specificità e in ultimo la logica intrinseca. L’approccio fenomenologico-enattivo considera e valorizza le relazioni e le interazioni che ciascun soggetto intesse on gli altri appartenenti al sistema e di questi con il contesto che li circonda.
Questa concezione sistemica ed olistica dell’accoppiamento strutturale prevede:
I giocatori e il gioco come dimensioni indivisibili tra di loro. Essi si influenzano reciprocamente e vicendevolmente evolvono; La realtà autentica del gioco come orientamento e sfondo integratore. Essa viene osservata, interpretata e allenata in maniera olistica sia nei suoi aspetti cooperativi che oppositivi.
L’accoppiamento strutturale supera la classica distinzione delle fasi di gioco e introduce il principio della configurazione del gioco sia in termini globali che locali.
RIASSUNTO
Enazione: il riconoscimento ( intuitivo) dello scopo ( perché?) innesca l’azione (come?) questa relazione è esclusivamente emozionale ( cosa?) e spazio-temporale (dove? Quando?).
In fenomenologia questo è il concetto di temporalità: mettere in ordine le esperienze e i vissuti. Quindi, corporeità- intenzionalità- temporalità soggettiva e intersoggettiva sono le coordinate da seguire, altrimenti si corre il rischio di naufragare.
BIBLIOGRAFIA

RAFFAELE DI PASQUALE

4 risposte
Articolo eccellente, Raffaele.
Consolida gli assunti di base per ogni riflessione sulla metodologia da adottare.
Bravo.
Grazie mille Alessandro
Grande prof. Sei il numero uno dopo il Gioco ❤️⚽
Complimenti Prof . Sempre spiegazione eccellente e pertinente 🔝