SGUB, AURA E FAKE: IL CALCIOMERCATO SIAMO NOI

Aura di calciomercato: tra De Bruyne a Napoli, santoni su X e la Bibbia secondo Offside Squad

C’erano una volta i quotidiani sportivi cartacei, il barbiere di fiducia, il televideo sintonizzato sulla pagina numero 201 e il cugino dell’amico che “lavora a Milanello” e che, a detta sua, aveva visto Ravanelli nella sede del Milan. Era il calciomercato degli anni ’90: sognante, sgangherato, cartaceo e, soprattutto, tragicamente lento. Oggi invece viviamo nell’era dell’“aura”, dei leak su TikTok, degli “insider” con meno fonti di un frigorifero rotto e del mistico “clippino” Twitch dove un tipo con la webcam sgranata e le luci da rave in cameretta ci spiega perché un esterno cileno dell’O’Higgins ha lo “step-up mentale” per fare la differenza in Serie A, ribattezzato “campionato di Tuvalu” in virtù del drastico calo del livello tecnico rispetto agli anni d’oro.

Il calciomercato 2025-2026 si è aperto col botto: Kevin De Bruyne al Napoli. Non è uno scherzo, non è un deepfake, non è neppure un sogno di un sedicenne su Football Manager. È tutto vero. Il classe ’91 belga si è convinto, probabilmente dopo aver letto su X (ex Twitter) che a Posillipo c’è una vibrazione cosmica che attiva il chakra dei playmaker. Gli insider, che settimane prima lo davano in MLS a contendere lo scettro di MVP a Sua Maestà Lionel Messi, giurano che sapevano da tre mesi della conclusione della trattativa, che non potevano però rivelare “per non tradire la fonte” [d’acqua, NDR].

Nel frattempo, l’Inter, piantata in asso da Simone Inzaghi (che, tra un video e l’altro in cui i sauditi hanno riproposto i gol del fratello Pippo, ha quasi affermato che allenare l’Al-Hilal era il suo sogno da bambino, soprattutto per 26 milioni di motivi) ha aperto un casting da reality: ogni giorno si parlava di un allenatore diverso. Thiago Motta, Fabregas, Mancini, Kallon, Pep Guardiola in incognito. Era girato pure il nome di Javier Zanetti, sulla scia della traiettoria – non proprio memorabile – di Andrea Pirlo alla Juve, ma pare fosse solo un glitch nel sistema di un tiktoker appassionato di calcio e cibo macrobiotico.

Il punto è che il calciomercato non è più uno spettacolo, è una religione apocrifa con i suoi apostoli (gli youtuber, tiktoker e guru di X che dicono “so tutto ma non posso dirvelo”), i suoi santi (i giornalisti che dicono “ne riparleremo a breve” e non ne riparlano più) e i suoi profeti improvvisati che su Twitch parlano di “aura” e “presenza energetica in campo”. Uno ha detto che un difensore dell’Unirea Urziceni “vibra a una frequenza simile a quella di Sergio Ramos nel 2014”. Improbabili epigoni di Lele Adani, insomma. Questi personaggi, armati di microfono da podcast comprato in saldo e luci LED da cameretta in quarantena, hanno soppiantato la TV, i talk show, persino i giornaloni storici. Ora si vive di “esclusive”, spesso partorite da un copia-incolla tra Reddit e qualche blog in lingua calcumma. La parola “fonti” è ormai un esercizio stilistico: più vaga è, più suona credibile. “Fonti vicine all’ambiente”, “ambienti vicini alla dirigenza”, “dirigenza vicina a un cameriere che ha servito il DS”. E giù like, retweet, views e commenti come “Fonte attendibile, l’anno scorso ci ha preso con Dovbik alla Roma” (salvo che non l’ha mai detto nessuno, se non il Dimarziano, il Romano o il Pedullà di turno).

La cosa ironica è che tutto questo circo funziona perché noi, gli appassionati, siamo manipolabili come i Sims. Ci basta un titolo clickbait con “svolta improvvisa” per perdere ogni parvenza di razionalità. È un meccanismo ben oliato: fake news → indignazione → discussione → views → monetizzazione → ripeti. Il business dell’illusione è il nuovo bar Sport, solo che ora si paga con click, non con un caffè corretto grappa, non con cornetto e cappuccino. Non con la colazione al bar Piccadilly di Tagliacozzo con l’amico Fabio che ti dice “Accompagname a comprà er Coriere” in attesa dell’ufficialità di Amedeo Mangone alla Roma.

E come dimenticare il sublime caso di Offside Squad, geniale esperimento sociale che qualche estate fa (mi sembra in piena pandemia) divenne l’Oracolo di Delfi del calciomercato estivo. A colpi di tweet vaghi ma azzeccati (per puro intuito o colpo di fortuna) veniva consultato come fosse il Libro del Profeta Isaia. “Sta per succedere qualcosa di grosso al Napoli”, scriveva. E la gente impazziva. Poi, il colpo di teatro finale: a fine mercato, l’account dichiarò candidamente che si era inventato tutto, che deduceva e faceva reverse engineering delle notizie. Risultato? Gabbò tutti. Linciaggio mediatico ma grasse risate da parte dei personaggi anonimi e imperscrutabili che si celavano dietro l’account.

Ma tornando agli anni ’90, che nostalgia per quelle clamorose cantonate da prima pagina: “Anelka alla Juve”, anzi no “Anelka alla Lazio”, “Bergkamp alla Roma”, “Ravanelli al Milan” (con tanto di fotomontaggio da edicola), “Weah e Papin al Napoli”. Il calciomercato era una fanfara, sì, ma c’erano tempi di attesa, riflessione, lettura. Ma come si fa a parlare di calciomercato anni ’90 senza inchinarsi, cappello in mano e pipa in bocca, al supremo circo Barnum del pallone televisivo: Il Processo di Biscardi? Lì c’erano le urla fuori sincrono, i collegamenti telefonici con l’eco, i fax letti in diretta come sacre pergamene, e soprattutto Maurizio Mosca, oracolo del mercato e al contempo suo più sublime detrattore. Con o senza pendolino, a seconda dell’umore, Mosca pescava dal grande sacco dell’immaginazione e ne faceva “sgub”. Non scoop. “Sgub”. Come se un anacoluto si fosse fatto uomo.

È lì che ci fu l’indimenticabile notizia—anzi, il mitologico sgub—secondo cui il Manchester United sarebbe piombato su Francesco Totti con una maxi-offerta da 430 miliardi di lire. Si parlò di una cifra che, se fosse stata reale, avrebbe spostato l’intero PIL di una piccola nazione. Tutto questo detto con sguardo serio, occhi spalancati e, ovviamente, un foglio sventolato che “la fonte me l’ha mandato poco fa, riservatissimo, mi fido ciecamente”. E mentre oggi i leak li fanno i social media manager dell’Est Europa in stage, allora li faceva Maurizio Mosca con una lavagnetta e la benedizione di Biscardi, che tra una pubblicità del tonno e un “passiamo all’arbitro De Santis” lasciava cadere questi petardi nel salotto. Era un mercato più ingenuo, forse, ma decisamente più teatrale, con meno fonti e più fantasia, meno algoritmi e più cuore.

Ora invece è una diretta perenne in cui siamo tutti ossessionati, stressati, drogati di notifiche e aggiornamenti. Insomma, il calciomercato oggi è una soap opera senza regole, una marea di hype a buon mercato, una corrida di informazioni dove anche il più improbabile “content creator” può smuovere masse. Eppure, ci caschiamo tutti, giovani e quarantenni, perché alla fine ci piace: ci illude, ci intrattiene, ci fa parlare. Ed è per questo che proliferano gli insider di provincia, i tiktoker col filtro bellezza, i twitcher dell’aura e i mematori seriali. Perché nel fondo, anche se lo neghiamo, il calciomercato è il nostro vero campionato, dove nessuno retrocede, ma tutti vincono…almeno un like.

Oggi abbiamo solo sostituito il pendolino di Mosca con il microfono a LED di uno streamer che, parlando di “energia astrale in fase di pressing”, ci racconta che il nuovo talento della Nuova Zelanda under-17 ha “lo stesso footprint tecnico di Iniesta”. Allora, tra un blitz finto a Londra e un’aura rivelata su Twitch, meglio i 430 miliardi per Totti. Almeno facevano sognare sul serio.

E chi lo sa, magari domani leggiamo che “Vinicius, in rotta di collisione con Mbappé, ha comprato l’ex villa di George Clooney a Como” e ci crediamo pure.

BIO: VINCENZO DI MASO

Traduttore e interprete con una spiccata passione per la narrazione sportiva. Arabista e anglista di formazione, si avvale della conoscenza delle lingue per cercare info per i suoi contributi.

Residente a Lisbona, sposato con Ana e papà di Leonardo. Torna frequentemente in Italia. 

Collaborazioni con Rivista Contrasti, Persemprecalcio, Zona Cesarini e Rispetta lo Sport.

Appassionato lettore di Galeano, Soriano, Brera e Minà. Utilizzatore (o abusatore?) di brerismi.

Sostenitore di un calcio etico e pulito, sognando utopisticamente che un giorno i componenti di due tifoserie rivali possano bere una birra insieme nel post-partita.

2 risposte

  1. Articolo piacevole. Bravo. Analisi ironica, irreverente ma reale. Il “pallone” può fare sognare, come le favole fanno sognare i bambini. Lo “sgangherato” mondo delle notizie, in fondo, risponde alle stesse dinamiche e, intimamente, ci fa sentirte protagonisti…

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