Ci sono storie a lieto fine, come quelle raccontate nei film di Frank Capra, e storie dal finale drammatico, degne delle tragedie di William Shakespeare. E poi, c’è la storia di Saeed Al-Owairan, il “Maradona del deserto”.
Il mondo scoprì il ventiseienne fantasista dell’Al-Shabab il 29 giugno del 1994, nel corso di una partita valevole per la 15ª edizione del campionato mondiale di calcio. Quel giorno, sul grande prato verde del Robert F. Kennedy Memorial Stadium di Washington, il ragazzo di Riad, arrivato negli Stati Uniti tra l’indifferenza di chi aspettava ben altri campioni (Baggio e Romario su tutti), realizzò una rete al Belgio destinata a viaggiare nel tempo come l’Epistola Posteritati di Francesco Petrarca.
Tutto accadde cinque minuti dopo il fischio d’inizio, sotto gli occhi di 52.959 spettatori sfiancati dai 43 gradi Celsius percepiti quel pomeriggio nel Distretto di Columbia. Dopo aver raccolto un passaggio nella propria metà campo, Owairan iniziò una fuga per la vittoria verso la porta dei “diavoli rossi”. La galoppata, più simile alla discesa di uno sciatore che all’azione di un temerario attaccante in cerca di quel fantomatico gol che può cambiare una carriera e di conseguenza una vita, durò in tutto 10 secondi, una parentesi di 70 metri vissuta con il cuore incollato alle tonsille e gli occhi sgranati verso un obiettivo che metro dopo metro e zolla dopo zolla appariva sempre più vicino e sempre più grande.
Il numero 10 dei falchi, in quegli istanti vissuti come l’attesa del piacere che per Gotthold Ephraim Lessing è essa stessa il piacere, superò, con otto tocchi, cinque avversari del calibro di Franky Van der Elst, Dirk Medved, Michel De Wolf, Rudi Smidts e Philippe Albert, tutta gente con decine di presenze in una selezione di tutto rispetto qual era il Belgio di quegli anni. L’impresa, completata spedendo il pallone nella rete difesa dal fortissimo Michel Preud’homme, riportò immediatamente alla mente il “Gol del secolo” realizzato da Diego Armando Maradona a Città del Messico il 22 giugno del 1986. Saeed Al-Owairan, come un adepto de “la Setta dei Poeti Estinti”, aveva colto l’attimo.
Fu così che quel pomeriggio, dopo il “Maradona dei Carpazi” (Gheorghe Hagi), “il Maradona dei Balcani” (Blaz Sliskovic), “il Maradona delle Ande” (Hugo Rubio) e un’altra mezza dozzina di ulteriori “Maradona dei…”, nacque “il Maradona del deserto”, l’uomo che, con un gol d’autore (considerato, da un sondaggio promosso dalla FIFA, il sesto più bello di sempre nella storia della competizione), aveva portato la nazionale dell’Arabia Saudita, all’esordio nel torneo iridato, agli ottavi di finale di Usa ’94 (un risultato storico, dal momento che era dal ‘66, e più precisamente dal gol di Pak Doo-ik che decise la sfida tra Corea del Nord e Italia, che una squadra asiatica non vinceva una partita ai Mondiali e non superava la fase a gironi). Agli ottavi di finale, contro la fortissima Svezia di Kennet Andersson (il centravanti che Fabio Cannavaro definì “il più difficile da marcare sulle palle aeree”), i ragazzi dell’“indio” Solari non riuscirono a ripetere il miracolo, ma Owairan, al suo ritorno a Riad, fu comunque ricoperto d’Oro da Re Fahd.
Ormai trattato alla stregua di un eroe nazionale, amato dalle donne e idolatrato dagli uomini, per il numero 10 iniziò a quel punto la partita più complicata: quella contro il peso, e le tentazioni, del successo.
L’inaspettata fortuna, però, strappò la maschera al suo carattere. Sotto la patina del campione si nascondeva una fragilità degna di Jack Lucas, il personaggio de La leggenda del re pescatore con la forza di volontà di un sorcio davanti al formaggio. E così, quando fu condannato a tre anni di reclusione per essere stato pizzicato in un locale a luci rosse, nessuno, o quasi, si stupì più di tanto. La teoria secondo la quale il nesso tra potere e perdita di lucidità è tutt’altro che figurato era stata nuovamente confermata. Finì così, bruciata sotto le luci che lui stesso aveva acceso, la leggenda dell’uomo chiamato Maradona del Deserto.
Ripensando oggi a quel gol e agli otto tocchi che lo scandirono, nonché alla vita spericolata e all’epilogo della storia, i paragoni con il più forte di tutti, forse, non sono del tutto privi di fondamento.

BIO: Davide Pollastri nasce a Monza il 26 marzo 1977.
Fin da giovanissimo manifesta un forte interesse per la lettura e talento per la scrittura.
Tra il 2000 e il 2004 alcuni suoi scritti vengono pubblicati da alcuni importanti quotidiani nazionali.
Nello stesso periodo inizia a fare musica e a farsi chiamare Seven, riuscendo a farsi apprezzare all’interno della scena Hip Hop Underground grazie allo stile scanzonato e all’originalità dei testi.
Nel 2014 scrive e stampa il suo primo romanzo dal titolo “L’Albero della Vanagloria”.
Nel 2016 con il racconto “L’Amore Assente” è tra i vincitori del concorso letterario Stampa Libri realizzato in collaborazione con Historica Edizioni.
Nel 2019 è tra i semifinalisti del “Cantatalento”-Festival di Arese. Sempre nel 2019 realizza alcuni video sulla storia della Juventus e apre su Facebook il Blog “Seven Racconta”; i racconti del Blog, dedicati a tutti quei calciatori capaci di farlo innamorare del “gioco più bello del mondo”, fanno breccia nel cuore di molti appassionati e riscuotono interesse. Alcuni degli ex calciatori protagonisti dei suoi racconti ringraziano pubblicamente Pollastri per le storie scritte su di loro.
Dal 2020 è ospite di importanti trasmissioni web-televisive tra cui ‘Signora Mia’, ‘Che Calcio Che Fa’ e ‘LeoTALK’, condotto dalla nota giornalista Valeria Ciardiello.
Nel 2021 è l’ideatore del programma web ‘Derby d’Italia-Una trasmissione pensata da chi ama il calcio per voi che amate il calcio’.
Sempre nel 2021 esce il suo secondo libro dal titolo “C’era una volta la Danimarca Campione d’Europa”.
Il 20 ottobre del 2021 appare in una puntata di ‘Guess My Age-indovina l’età’, il quiz show trasmesso da TV8 e condotto da Max Giusti.
Nel 2022 esce il suo terzo libro dal titolo “Maccheroni alla Trapattoni”. Dal 2023 collabora con ‘Monza Cuore Biancorosso’ e ‘Fatti Nostri’, un giornale indipendente online dedicato a tutti gli italiani che vivono nelle diverse parti del mondo.
Dal 2024, dopo aver frequentato la scuola di alta formazione per il calcio ‘Elite Football Center’, scrive anche per Sporteconomy.it, market leader nell’informazione applicata all’economia dello sport.