ALLENATORI FUMANTINI

L’adrenalina. Così Ibrahimovic ha spiegato quella lite Conceiçao-Calabria alla fine di Milan-Parma. Zlatan è uno che – ammette lui stesso – si è trovato molte volte in campo a dover controllare il proprio impeto, e non sempre ce l’ha fatta. Carattere, personalità, tensione, stress. Tutto contribuisce a perdere la bussola in certi momenti, alla faccia del professionismo, del fair-play, del self-control. Al diavolo!

L’aneddotica degli allenatori che vanno fuori giri è lunga, ne cito qualcuno a memoria certo che anche chi legge saprà scartabellarne altri tra i ricordi. Il primo che viene in mente è certamente Carletto Mazzone che, allenando il Brescia, in una partita casalinga con l’Atalanta fu beccato e insultato dai tifosi bergamaschi, provocando una corsa imbufalita del tecnico sotto la curva agitando il pungo nello sconcerto generale. Il calcio nel sedere di Baldini a Di Carlo durante un Parma-Catania in serie A quando il tecnico toscano allenava i siciliani. Anni dopo Baldini tornò sull’episodio: “Nel corso della carriera di un allenatore per poter emergere devi sempre fare in modo che le cose, per un verso o per un altro, vadano per il senso giusto. E soprattutto quando arrivi in alto devi arrivare a sapere gestire quello che possiedi. Dal momento successivo a quel gesto non sono più riuscito a trasmettere alle mie squadre quello che volevo. Ma forse a Di Carlo il calcio dovevo darlo in testa e non sul sedere visto la persona che è…”.

Nessun pentimento, solo una riflessione postuma dunque. Ha chiesto scusa invece Roberto D’Aversa che, poco meno di un anno fa, alla fine di Lecce- Verona aggredì il gialloblù Thomas Henry colpendolo con una testata e per questo fu esonerato dalla guida del club pugliese. 

E la scazzottata tra Delio Rossi e Adem Ljajic, così ricordata su fanpage.it :” Il 2 maggio 2012 la Fiorentina ospitava il Novara in una sfida a tutti gli effetti valida per la salvezza. Imperativo vincere per i viola scivolati pericolosamente nelle zone calde della classifica contro i piemontesi, penultimi e con un piede già in B. Una stagione travagliata in cui sulla panchina dei toscani c’era Delio Rossi che aveva raccolto l’eredità dell’esonerato Mihajlovic, senza però riuscire a dare la proverbiale scossa all’ambiente. Tensione alle stelle e situazione che diventò preoccupante quando dopo mezz’ora di partita davanti al proprio pubblico la Fiorentina si ritrovò sotto di 2 gol. Delio Rossi, già alle prese con numerose assenze in primis quella della stella Jovetic, decise di cambiare le carte in tavola e a sorpresa al 33′ richiamò in panchina Adem Ljajic che fino ad allora si era dimostrato uno dei più attivi, per gettare nella mischia Oliveira. 

Quello che successe poco dopo il cambio è letteralmente storia. Al momento di accomodarsi in panchina l’attaccante serbo, disse qualcosa al suo allenatore mostrando anche il pollice e facendogli ironicamente i complimenti per la decisione. Accortosi dell’atteggiamento del suo giocatore Delio Rossi si girò verso la panchina avvicinandosi minacciosamente a Ljajic che era pronto a sedersi. Il mister, dopo avere preso per le braccia Ljajic, caricò il pugno scagliandosi con violenza contro di lui. I colpi furono ripetuti fino a che tra i due si misero subito di mezzo i componenti dello staff, sotto gli occhi increduli degli altri calciatori in panchina, come Felipe e Neto. Rossi, con una gamba sul terreno di gioco e l’altra sulla panchina, dopo essere caduto venne trascinato via con la forza e a fine gara (nonostante la rimonta e il 2-2 finale) esonerato dal club”.

Ci sono cascati in tanti nel non gestire le proprie emozioni, stando in panchina dove invece dovresti essere il maestro impeccabile per la scolaresca, in senso buono. Ancelotti rispose con il dito medio ai tifosi della Juve che lo insultavano (mentre allenava… la Juve!) e alla domanda del giornalista a fine partita, “Lo rifarebbe?”, senza esitazioni rispose: “Sì”.

Il mite, sereno, educato Gigi Simoni fu espulso in quello Juventus-Inter per il famoso rigore negato al “suo” Ronaldo: “Si vergogni! Si vergogni! Si vergogni!”, gridò più volte all’indirizzo dell’arbitro Ceccarini.

Mourinho fece il gesto delle manette incrociando i polsi, dicendo: “Devo arrestarmi per farmi perdere”, ma in realtà non fu quella la ragione. Era il 20 febbraio del 2010: l’Inter allenata dal portoghese era in corsa per lo scudetto, ospitava la Sampdoria a San Siro. L’arbitro era Tagliavento. I nerazzurri, molto nervosi, si ritrovarono in 9 contro 11 già alla fine del primo tempo, espulsi sia Samuel che Cordoba per doppia ammonizione a causa di interventi violenti. A favore di telecamera Mourinho fece il clamoroso gesto delle manette, alludendo in realtà al sistema calcio. La tensione proseguì anche fuori dal campo, tanto che il giudice sportivo assegnò 2 giornate di squalifica a Esteban Cambiasso e Sulley Muntari: l’argentino per aver tentato di colpire con un pugno un giocatore della Sampdoria nel sottopassaggio durante l’intervallo, il ghanese per aver insultato gli arbitri mentre usciva dal campo. Il portoghese prese 3 giornate di squalifica e 40 mila euro di multa.

L’ultimo episodio cruento prima del duello Conceiçao-Calabria si è verificato lo scorso novembre, in una partita casalinga della Triestina contro il Giana Erminio in Lega Pro. L’attaccante lettone della Triestina, Krollis, commette un fallo di reazione e viene espulso. Il suo allenatore, l’ex Brescia e Spal, Pep Clotet, lo aggredisce e strattona con rabbia: “Il mio gesto è stato giusto”, le parole dello spagnolo nel post-partita. “Krollis ha chiuso finché sarò io l’allenatore”. Ma il club prende le distanze: “Azioni inaccettabili, non ci rispecchiano: valuteremo la situazione”.

Conosco, al momento, un solo robot in carne umana, capace di controllare nervi e reazioni, momenti negativi e persino decisioni arbitrali controverse: si chiama Jannik Sinner. È un’eccezione. Personalmente riesco a giustificare solo in parte i giocatori, ma con gli allenatori proprio non ce la faccio: le figure superiori e responsabili devono essere guide, esempi, modelli. Devono saper dominare sé stessi per poter pretendere di guidare il prossimo.

 

BIO: Luca Serafini è nato a Milano il 12 agosto 1961. Cresciuto nella cronaca nera, si è dedicato per il resto della carriera al calcio grazie a Maurizio Mosca che lo portò prima a “Supergol” poi a SportMediaset dove ha lavorato per 26 anni come autore e inviato. E’ stato caporedattore a Tele+2 (oggi SkySport). Oggi è opinionista di MilanTv e collabora con Sportitalia e 7GoldSport. Ha pubblicato numerosi libri biografici e romanzi.

Una risposta

  1. Grazie Luca di questo tuo bel contributo narrato. Una panoramica di brutti episodi al quale si è purtroppo aggiunto anche il nostro Milan, del quale a mia memoria, e son del 48, non ne rammento traccie. Mi spiace che non sia intervenuta la dirigenza, posto che la si abbia, per esonerare questo secondo lusitano e richiamare il primo che se non altro, a parità di risultati eccezion fatta per la Cometa sul cielo d’Arabia, è in possesso di un aplombe
    inappuntabile!
    Buona giornata.

    Massimo 48

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