LA TELECRONACA DELLA PARTITA: SPUNTI ED ANALISI DAL DOPOGUERRA AD OGGI – 2^ PARTE.

…Resi gli onori ai telecronisti Rai di fine secolo scorso, è doveroso segnalare come a partire dai primi anni 80 il contesto televisivo tenda ad ampliare i propri confini.

Con l’avvento di Telecapodistria, Telemontecarlo e, successivamente, delle reti Fininvest, gli incontri di calcio vengono trasmessi anche su piattaforme private con l’effetto di ampliare la scelta o, nei casi in cui la Rai non trasmette l’evento in diretta, di dirottare i telespettatori verso altre emittenti.

Telemontecarlo rappresenta un unicum per diversi motivi.

In primo luogo per essere la prima azienda a proporre la telecronaca a due voci, grazie ad uno schema secondo cui al telecronista si affianca una presenza, di solito quella di un ex calciatore, a cui viene affidato il compito di sottolineare gli aspetti prettamente tecnici.

In seconda battuta, perché introduce all’interno dell’evento sportivo gli spot pubblicitari rendendo il compito del telecronista estremamente delicato.

Meritevole di segnalazione quanto accade in occasione dell’incontro di andata dei quarti di finale di Coppa Campioni del marzo 1983, Aston Villa-Juventus, trasmesso in territorio italiano dalla sola emittente monegasca. Nell’occasione, agli spettatori viene negata la visione del goal bianconero ad opera di Paolo Rossi a causa della messa in onda di uno spot pubblicitario

Numerosi sono i match trasmessi a quei tempi dalla televisione del Principato che, anche per l’attenzione verso le altre discipline, si guadagna l’appellativo di Tv dello sport.       

Rispetto a quella proposta dalla Rai la telecronaca di TMC sconta, nei primi anni di vita, il fatto di essere effettuata dallo studio, anziché dalla sede dell’evento, ma può “liberarsi” dei connotati istituzionali propri del servizio pubblico risultando in tal modo più schietta e più diretta.

Per buona parte degli anni 80, il telecronista principe di Telemontecarlo sarà Luigi Colombo, giornalista e conduttore brianzolo, che commenterà tutte le finali di Coppa dei Campioni dal 1981 al 1991 oltre a varie edizioni di mondiali ed europei. Sarà anch’egli cantore, in compagnia di Josè Altafini, nella notte del Bernabeu e dovrà, suo malgrado, commentare la tragica finale dell’Heysel nel medesimo stato emotivo di Bruno Pizzul.

LUIGI COLOMBO

Telecronista dai toni moderati e dalla dialettica brillante, ancorché non particolarmente tecnica, risulterà tra i primi ad abbozzare delle analisi in corso di gara, facilitato in ciò dall’avere a fianco un compagno di lavoro. Dopo alcuni anni di telecronaca a due con il citato Josè Altafini, formerà un connubio inossidabile con Giacomo Bulgarelli dando vita ad una coppia affiatata e particolarmente abile nella ripartizione dei tempi dei rispettivi interventi.

Dopo di lui, i telespettatori di Telemontecarlo iniziano ad apprezzare Massimo Caputi la cui telecronaca risulta più sciolta e più libera rispetto al “conservatorismo” di Colombo.

MASSIMO CAPUTI

Alla stregua di quest’ultimo si trova impegnato a duettare con Altafini e Bulgarelli, con il merito di innescare i commenti pungenti dell’ex centrocampista del Bologna.

Caputi, nei primi anni di carriera al microfono, non eccede in protagonismo ed anzi, in ossequio ad uno stile del tutto nuovo, lascia al proprio compagno la battuta ad effetto. A lui riesce benissimo di dargli il là inducendolo in commenti che, rispetto ai predecessori, sono meno buonisti anche se non sempre motivati.

Esperto non solo di calcio, commenterà tre edizioni dei campionati del mondo e tre degli europei. Apprezzato per l’eleganza sia dialettica che comportamentale, uscirà dai confini della garbatezza nell’occasione dell’ottavo di finale mondiale tra Italia e Nigeria quando, per tutto il secondo tempo, muoverà in coppia con Bulgarelli pesanti critiche alla nazionale e alla guida tecnica. Alla sua capacità diplomatica e alla sua abilità dialettica spetterà, non di rado, il compito di riequilibrare i giudizi tranchant del compagno di telecronaca.

Il suo telespettatore ideale è di giovane età, interessato all’aspetto tattico ma anche al contorno con i cosidetti “aspetti di colore”. Capace di riciclarsi nella seconda parte di carriera alla guida di importanti testate, è stato conduttore di numerosi programmi televisivi e radiofonici.

Nel frattempo, anche nell’etere italiano, si è affacciato qualcuno che “fa concorrenza” a “Mamma Rai.”

Sul finire degli anni 80, il circuito televisivo facente capo a Silvio Berlusconi annette a sé l’emittente istriana Telecapodistria, ai microfoni della quale (quando ancora si chiamava Koper Capodistria e le trasmissioni si vedevano nel nord est italiano) aveva giganteggiato l’iconico Sergio Tavčar, che a definirlo un telecronista e/o un giornalista gli si fa un torto stante l’immenso bagaglio culturale che lo rende uno degli intellettuali più nobili nonché uno dei più grandi esperti sportivi di sempre.

SERVO TAVČAR

Con l’annessione di Capodistria a Fininvest, i cronisti di punta delle emittenti Berlusconiane collaborano con entrambe le aziende.

Memorabili risulteranno le cronache tennistiche di Rino Tommasi, quelle pallavolistiche di Lorenzo Dallari e quelle cestistiche ad opera di Luca Corsolini a cui seguirà la trasmissione dei gran premi di F1 e il Giro d’Italia i cui diritti Fininvest strappa alla Rai.

Ma è con il calcio che le emittenti private aumentano i loro ascolti.

Il quartetto di voci che si alterna a Mediaset e a Capodistria, composto da Luigi Garanzini, Bruno Longhi, Massimo Marianella e Sandro Piccinini, è destinato a caratterizzare l’evolversi della telecronaca dagli anni 90 in poi.

Prima di analizzarne le loro specifiche caratteristiche è doveroso, tuttavia, tornare indietro di qualche anno quando le reti Berlusconiane ancora non potevano trasmettere in diretta, se non per il solo territorio lombardo, e ricordare la figura di Giuseppe Albertini che, dopo l’esperienza da telecronista dei mondiali del 1954 per la Rai, era stato, prima di approdare a Fininvest, commentatore per la televisione svizzera italiana.

GIUSEPPE ALBERTINI

L’esordio a Canale 5 è del giugno 1981 allorché si trova a commentare il Mundialito per club.

Qualche mese dopo sarà ai microfoni in occasione del primo incontro di coppa andato in onda sulle reti del biscione, valevole per i sedicesimi di finale della Coppa dei Campioni, tra Celtic e Juventus.

Memorabile la telecronaca, in coppia con Roberto Bettega, della Coppa Intercontinentale del 1985, che vede la Juventus sconfiggere ai rigori l’Argentinos Juniors nelgiorno in cui gli spettatori italiani fanno conoscenza della fastidiosa presenza delle sirene che risuonano in continuazione all’interno dello stadio di Tokyo. Una topica arbitrale gli impedirà di esser ricordato quale commentatore di uno dei goal più belli della storia, realizzato da Michele Platini dopo sombrero di destro e tiro al volo di sinistro:  “Capolavoro di Platini” esclama Albertini prima che la scellerata decisione arbitrale gli impedisca di continuare l’esaltazione del gesto.

La telecronaca di Albertini somiglia ad un articolo su carta. Precisa, talvolta ripetitiva nei concetti, ma sempre sul pezzo. Non tralascia nessun particolare di campo a costo di arrivare in ritardo rispetto al verificarsi dell’azione.

Da gentleman d’altri tempi è il modo di proporsi nei confronti dei telespettatori il che, di tanto in tanto, lo induce all’utilizzo di termini anacronistici. (Non ama la locuzione “il goal del vantaggio” a cui predilige la formula arcaica “il punto del vantaggio”).

E’ evidente che, per quanto elevato sia il livello di competenza e per quanto sviluppata sia la proprietà di linguaggio, la sua telecronaca non rappresenta lo stile Berlusconiano, più propenso alla spettacolarizzazione dell’evento e all’esaltazione delle gesta dei protagonisti.

Ed, infatti, i suoi giovani successori si distingueranno per un approccio differente.

Luigi Garanzini, detto Gigi, al lavoro di telecronista preferisce altro, portato com’è all’analisi e alla scrittura affinata e plasmata dalle frequentazioni con Gianni Brera e Beppe Viola. Già direttore del centro stampa di Italia 90 (che per i tempi rappresenta un’assoluta eccellenza) abbina alla conoscenza calcistica la schiettezza, l’ironia e una totale insofferenza verso ciò che è banale, artefatto e sopravvalutato.

LUIGI “GIGI” GARANZINI

Non è il telecronista che snocciola nozioni e nemmeno eccede in analisi tattiche.

La sua è una sorta di “supervisione” dell’evento. Ai dati sui tiri in porta o sui km percorsi preferisce una valutazione di principio.

Approccia il calcio in modo troppo naif per resistere a lungo con un microfono in mano. Ciò non gli impedirà, tuttavia, di addizionare alla telecronaca nuovi termini e di creare uno “stile” che per chi scrive rimane indelebile nel tempo.

Condurrà in carriera numerosi programmi, in seno ai quali promuoverà il dialogo anzichè il dibattito conferendo importanza alla provenienza geografica degli ospiti e dei protagonisti di cui si dibatte (Brera docet).

Sconterà, talvolta, un’eccessiva riverenza nei confronti dei modelli passati che lo porta ad esagerare con i riferimenti nostalgici e a non uniformarsi ai canoni della Tv moderna.  Riuscirà in ogni caso a ritagliarsi spazi alla radio e sulla carta stampata nei quali far coesistere educazione, ironia e schiettezza.

Se Garanzini predilige diversi contesti, gli altri componenti del quartetto risulteranno  autentici pilastri della telecronaca trasmessa dai network privati.

Massimo Marianella è di gran lunga il più letterario dei tre.

MASSIMO MARIANELLA

Rimarrà a Fininvest (oggi Mediaset) per pochi anni prima di approdare alla neonata emittente satellitare a pagamento, Tele+ e, successivamente,a Sky diventando il simbolo della narrazione oltre la partita.

Il telespettatore ideale per la telecronaca di Marianella è una persona di cultura medio-alta, capace di cogliere i riferimenti, talvolta extracalcistici.

Non siamo in presenza di una descrizione assoluta del susseguirsi delle azioni, Marianella tende ad entrare ed uscire dallo sviluppo del gioco, con incisi riguardanti il passato dei calciatori, i precedenti tra le contendenti e un’abbondante dose di aneddotica.

Non è commentatore da urli o strepiti. Non si riconosce in formule linguistiche rituali né tende ad esagerare con l’enfasi al momento del goal, a meno che non si tratti di gesta davvero importanti che esalta salendo di tono e ponendo l’accento sull’aspetto emotivo.

Indimenticabile il suo sigillo al goal con cui Drogba trova il pari nei supplementari della finale di Champions League del 2012: “Drogba, ancora una volta Drogba, sempre Drogba, meravigliosamente…incredibilmente Drogba!!” con l’avverbio di modo scandito con enfasi a sottolineare la grandezza del calciatore e la locuzione “ancora una volta” diventata nel corso degli anni il suo marchio di fabbrica.

Attento al passato ed alla storia dei club, dipinge il commento con pennellate d’autore che rendono la telecronaca più incline alla poesia che alla prosa e che, ad oltre trentacinque anni dall’esordio, la mantengono in auge nonostante le nuove generazioni al microfono.

Non vi è particolare in campo o fuori che gli sfugga e, quando scomoda termini eclatanti, lo fa con garbo e competenza (“quel poeta del calcio che risponde al nome di Roberto Mancini”

Massimo Marianella non commenta la gara, Massimo Marianella racconta l’evento.

Chi ama le sue telecronache vive i 90 minuti all’interno di una bolla dai confini più ampi rispetto a quelli della contesa sportiva, come se il cronista si dilettasse a filosofeggiare mentre commenta le gesta dei protagonisti

Chi, viceversa, non lo apprezza, gli contesta un apparente distacco rispetto al verificarsi dell’azione che in qualche circostanza tralascia di proposito preso com’è a raccontare altro.

Dedicherà buona parte della carriera a commentare i match di Premier League ma sarà il primo a commentare una partita del campionato di serie A in onda sulla Tv satellitare. Lo storico Lazio-Foggia con cui il 29 agosto 1993 vengono inaugurati i posticipi della Pay Tv porta il suo marchio

Commenterà numerose finali di Champions League, celebrando il Barcellona di Guardiola, trionfatore all’Olimpico di Roma nel 2009.

Accompagnerà sul tetto d’Europa il Milan di Ancelotti nel 2007 e l’Inter di Mourinho nel 2010, emozionando ed emozionandosi per le vittorie delle italiane senza mai sconfinare in un tifo eccessivo. Le celebrazioni dei successi nell’immediato dopo partita, così come le delusione per le sconfitte, saranno sempre affrontati con il giusto mix tra rilievi tecnici e attenzione agli aspetti emotivi. Quando Javier Zanetti alza al cielo la coppa dalla grandi orecchie, Marianella esalta “il momento che tutti i tifosi interisti aspettano da 45 anni”.

Romano come Marianella, ma otto anni più anziano, Alessandro Piccinini, detto Sandro, rappresenta l’esatto opposto.

ALESSANDRO “SANDRO” PICCININI

Portato ad eccedere in toni e termini, tende a personalizzare la cronaca utilizzando espressioni “personali” da lui consolidate nel corso degli anni.

Dal “proprio lui” con cui sottolinea l’autore del goal, alla “gran botta”. Dalla “sciabolata” al “mucchio selvaggio”. Dal “non va” al “pericolo” urlato a volte senza motivo, trattasi di una telecronaca portata all’estremo, in cui tende ad essere protagonista recitando una parte prioritaria dell’evento. Piccinini è molto attento alle dinamiche di campo e, rispetto a Marianella, dà più importanza alla cronaca dell’azione che accompagna, giocata per giocata, dall’inizio alla fine. Se il secondo può fregiarsi d’esser stato il primo a commentare la nazionale italiana per un emittente che non sia la Rai (Scozia-Italia 1992 data in contemporanea su Rai e su Tele+2), Piccinini rimarrà nella storia per esser stato il primo a commentare l’Italia durante una partita non trasmessa dall’emittente di stato (Ungheria- Italia 1996 su Fininvest).

Maestro nella gestione dei tempi televisivi incappa raramente in errori. Quasi impossibile per lui sbagliare il nome del calciatore in possesso palla.

Commenterà per Fininvest prima e per Mediaset poi numerose finali di Champions League, tra cui spiccano Milan-Juventus del 2003 e Liverpool-Milan del 2005. Quella di Manchester sarà da lui indicata come la telecronaca più sofferta in carriera, in virtù delle enormi tensioni sottese alla presenza di due italiane in finale.

A coronamento di una carriera di altissimo prestigio, gli verrà affidata la telecronaca della finale dei campionati del mondo 2018.

A confronto delle pennellate di Marianella, le parole di Piccinini sembrano sassi che certificano dati di fatto senza eccedere nell’uso degli avverbi o delle congiunzioni modali.

A metà tra i due si colloca Bruno Longhi

BRUNO LONGHI

Apprezzato bassista in gioventù al punto di comparire tra gli strumentisti dell’album “Il mio canto libero” di Lucio Battisti, inizia la propria carriera di telecronista a Telemontecarlo prima di cominciare una lunga esperienza in Fininvest, poi diventata Mediaset, gruppo per il quale commenta il trionfo bianconero nella finale di Champions League del 1996 giocata a Roma.

Impegnato in occasione di svariate edizioni di Campionato d’Europa e Campionato del mondo, offre un racconto più informale durante il quale si rivolge spesso agli telespettatori in modo diretto: “Vedete…”.

Grazie ad un’ottima proprietà di linguaggio propone frasi molto articolate caratterizzate dalla presenza di incisi come la seguente: “Chicco Evani, che aveva regalato la Supercoppa al Milan contro il Barcellona, sta regalando il titolo mondiale ai rossoneri” o quest’altra: “Jugovic, già campione con la Stella Rossa, deve vincere la Coppa Campioni con questo rigore”.

Frequente, nelle cronache di Longhi, l’inizio della frase con il participio passato, tipico di chi ha alla base studi umanisti.

Se Piccinini tende ad evidenziare i momenti clou con l’espressione “pericolo”, Longhi è solito utilizzare il termine “attenzione” ogni qualvolta ha la sensazione che stia per accadere qualcosa di rilevante.

Sempre attento al lato umano dei protagonisti, risulta uno dei telecronisti più godibili all’ascolto…CONTINUA (fine seconda parte)

BIO: Alessio Rui è nato e vive a San Donà di Piave-VE ove svolge la professione di avvocato. Dal 2005 collabora con la Rivista “Giustizia Sportiva”, pubblicando saggi e commenti inerenti al diritto dello sport. Appassionato e studioso di tutte le discipline sportive, riconosce al calcio una forza divulgativa senza eguali. Auspica che tutti coloro che frequentano gli ambienti calcistici siano posti nella condizione di apprendere principi ed idee che, fatte proprie, possano contribuire ad una formazione basata su metodo e coerenza, senza mai risultare ostili al cambiamento.

5 risposte

  1. Per la verità l’unico radiocronista che ho ancora nella mente e nelle orecchie è Niccolò Carosio e la sua voce particolare.

    Mi ricordo quando parlava delle geometrie delle azioni, io allora ancora piccolo e senza mai aver visto dal vivo o in televisione una partita di Serie A, immaginavo cose grandiose.

    Poi, si tutti gli altri sostanzialmente me li ricordo, ma senza mai dare eccessivo peso al lavoro dei radio e telecronisti.

    Quindi, il tuo articolo mi è piaciuto per tutte le sfumature che hai trovato in ogni radio-tele cronista.

    Devo dirti a, margine del problema, che Caressa – mentre mi era piaciuto sulla telecronaca del mondiale 2006 – poi, si è montato la testa come se i gol li avesse segnati lui e mi è scaduto moltissimo. Non dico che questa è la verità, ma questo è quanto io ho percepito.

    Comunque, complimenti non solo per la ricerca minuziosa ma anche per il modo in cui sai confezionare e porgere questi argomenti.

    Buon Anno a tutti.

  2. Ti ringrazio.
    Queste 4 parti sono sulla telecronaca, pur sapendo che la radiocronaca è qualcosa di più virtuoso e, forse, più complesso.
    E i radiocronisti sono probabilmente più iconici dei telecronisti.
    Un caro saluto

    1. Zuccalà non è stato un telecronista ma un bravissimo redattore ed inviato. Ironico e capace di porre domande particolari.
      Borghi è nel podio dei miei preferiti, nel corso delle prossime “puntate” ci sarà spazio anche per lui.
      Un caro saluto
      Alessio

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