THE OLD FIRM: LE ORIGINI, LA STORIA, IL PRESENTE.

Parte 1: Old Firm

Una nazione: la Scozia. Un fiume: il Clyde. Una città: Glasgow. Due squadre storiche: Celtic e Rangers. Questo è lo scenario che caratterizza una delle rivalità calcistiche più antiche e più ricche di significato nella storia del football d’oltremanica: The Old Firm.

Il derby di Glasgow tra Celtic e Rangers. Una rivalità sportiva che nasce da tematiche ben più antiche ed importanti, quali la politica e la religione. Una rivalità che nasce paradossalmente al di fuori dei confini scozzesi e più precisamente in Irlanda. Una rivalità centenaria che al 26 febbraio 2023 conta di 433 match suddivisi tra Scottish Premiership, Scottish Cup e Scottish League Cup con un sostanziale bilancio di parità tra le due compagini glasvegiane (163 vittorie del Celtic, 168 vittorie dei Rangers e 102 pareggi), seppur distribuite a favore dei Light Blues (i Rangers) in campionato e dei Bhoys (scritto con l’H per onorare le origini gaeliche del Celtic) nelle coppe nazionali, ma la situazione in entrambi i casi è di sostanziale parità.

Il giorno 8 aprile 2023 i due club si affronteranno in campionato, mentre a distanza di 12 giorni, il 30 aprile, si affronteranno in semifinale di Coppa di Scozia, dando vita ai match numero 434 e 435 della storia. Il dato è impressionante perché se ci si pensa bene stiamo parlando di quasi un secolo e mezzo di partite.

Durante la stagione in corso i Celtic stanno dominando il campionato, come spesso avviene da un decennio a questa parte, conducendo avanti di 6 punti sui Rangers, oltretutto con una partita in meno disputata. In coppa invece è tutto aperto con un match ad eliminazione diretta su campo neutro (Hampden Park, la casa della nazionale scozzese) che porterebbe alla finalissima.

Altro dato impressionante riguarda il palmares recente. A partire dalla stagione 2000/2001 e arrivando all’attuale stagione 2022/2023 (probabilmente già decisa) solo Rangers e Celtic hanno conquistato il titolo nazionale ed oltretutto il Celtic si è imposto per ben 17 volte contro le sole 6 volte dei Rangers.

Se consideriamo invece gli ultimi 13 campionati i Rangers hanno trionfato, seppur in modo schiacciante, solamente durante la stagione 2020/2021 sotto la guida del mitico Steven Gerrard. In sostanza si tratta di una rivalità cittadina che evidentemente porta a “dominare” il paese intero.

Parte 2: Origini della rivalità

L’ origine della rivalità tra Celtic e Rangers è molto articolata e, come abbiamo accennato, incredibilmente non nasce in terra scozzese, bensì in Irlanda per poi spostarsi, trascinata dalla gente in fuga dalla fame e dalla carestia, sulle coste della Scozia.

In realtà i flussi migratori furono di vario genere. Molte persone scapparono in nord America, altre più semplicemente in Inghilterra (Liverpool fu una delle più grandi città ricettrici) ma la maggior parte, emigrò per l’appunto in Scozia.

Dunque Irlanda e Scozia sono indissolubilmente legate e intrecciate soprattutto per questo tragico evento storico. Per la cronaca carestia che prende il nome di “grande fame” (Great Famine) colpì l’Irlanda tra il 1845 e il 1849 e coinvolse per la maggiore i raccolti di patate che all’epoca rappresentava l’alimento base della dieta irlandese.

Come abbiamo già raccontato in un precedente articolo (All’ombra della Premier League) ai tempi l’Irlanda era suddivisa in due parti: a Sud vi erano in prevalenza i cattolici e repubblicani, mentre a Nord, specialmente nella provincia dell’Ulster, vivevano i protestanti e i lealisti alla corona. La storia dettagliata la potete trovare nell’articolo precedentemente menzionato.

Rimane il fatto che questi forti scontri sociali già presenti in Irlanda con il manifestarsi dei flussi migratori sono stati semplicemente traslati al di là del mare, sulle coste scozzesi, dove il Fiume Clyde sfocia nell’Oceano Atlantico e lì hanno attecchito perfettamente.

In special modo nella città di Glasgow, che vive di molteplici parallelismi con la città di Belfast, sono andate a ricrearsi le medesime dinamiche sociali. Quartieri di protestanti (nel West side) si alternano ancora oggi a quartieri di cattolici (nell’ East side) anche se negli ultimi anni i dissidi sono andati scemando. Tra i vari parallelismi che ritroviamo nella città di Belfast c’è anche quello calcistico. Se in Irlanda del Nord, nel tempo, è nato il dualismo tra le squadra di calcio del Linfield (protestanti) e del Celtic Belfast prima e del Glentoran dopo (entrambe compagini cattoliche) che dominano il football nord irlandese da tempo, allo stesso modo ritroviamo esattamente anche a Glasgow la medesima situazione dove i Rangers (protestanti) sono in costante lotta con i Celtic (cattolici) per il dominio della città e della nazione (calcisticamente parlando).

A questo punto approfondiamo l’origine delle compagini calcistiche glasvegiane.

Parte 3: Nascita dei club

Tra tutti gli irlandesi arrivati in Scozia ce n’era uno di nome Andrew Karins, un sacerdote, che si faceva chiamare Padre Walfried. Padre Walfried, sull’onda di quanto già avvenuto ad Edinburgo poco tempo prima, decise di fondare una squadra di calcio (che inizialmente avrebbe dovuto chiamarsi Glasgow Hibernian) al fine di raccogliere fondi per le sue mense che sfamavano i cattolici irlandesi emigrati in Scozia e per togliere i ragazzi dalla strada. Alla fine di tutto rimanevano da pagare le spese per l’affitto del campo da gioco. Era il 1887 e Padre Walfried con la sua azione di benevolenza aveva appena dato vita al Celtic Football Club di Glasgow.

Inizialmente i Bhoys vestivano una maglia “total white” con colletto verde, pantaloncini neri e calzettoni verdi. Solo in futuro vennero adottate le strisce verdi e bianche, che inizialmente erano verticali, mentre in epoca moderna sono diventate orizzontali.

Il loro simbolo era la croce celtica, che non venne mai mostrata sulle maglie da gara, ed il loro campo da gioco era un terreno nel parco cittadino, il Park Head, il cui affitto all’epoca costava solo 40 pound all’anno.

Quando le partite iniziarono a riscuotere successo tra i cittadini e gli incassi lievitarono, l’affitto del campo schizzò a 450 pound e così la società del Celtic decise di acquistare un altro terreno, sempre all’interno del parco, ma più a sud per edificare il Celtic Park.

Era il 1892. La gradinata principale venne progettata da Archibald Leitch. Altra peculiarità del club riguarda la sua gestione, che proprio a causa delle sue origini, fu sempre a carattere familiare e di mutuo soccorso verso i bisognosi. Il Celtic Football Club era un club nato per aiutare gli irlandesi cattolici e così fu fin dall’inizio.

Dall’altro lato del fiume Clyde, ma 15 anni prima dell’arrivo di Padre Walfried, nel 1872, cinque studenti scapestrati e sempre pronti a mettersi nei guai, appassionati di questo “nuovo” sport che si giocava con la palla ed i piedi e che stava spopolando tra gli abitanti del Regno di sua maestà, decisero di unire le proprie forze per dare vita alla squadra dei protestanti.

I ragazzi rispondevano al nome di Moises McNeil, Peter McNeil, Peter Campbell, William Macbeth e David Hill. Loro, fedeli alla corona, vestirono la squadra fin dai primi giorni di vita con una maglia blu con inserti bianchi e rossi, in modo da richiamare la bandiera del Regno (Union Jack) e quella divisa non cambiò mai.

Era nato il Rangers Football Club. Il simbolo dei Gers, oltre alla classica sigla RFC che campeggia anche sulle divise da gioco del club, era un leone rosso con scritto ‘READY’, ma questo secondo logo non venne mai ricamato sulle divise. Prima di arrivare alla loro attuale casa, Ibrox Stadium, nel 1899, anch’essa progettata dall’architetto Archibald Leitch, i Rangers cambiarono molti campi da gioco: Glasgow Green, Burbank, Kinning Park e Cathkin Park.

Ibrox venne ricostruito in parte nel 1902 dopo il famoso crollo dello stand in legno e successivamente ristrutturato nel 1928, nel 1970 e nel 1990. Esattamente come tutto il resto anche la gestione dei Rangers è agli antipodi rispetto a quella del Celtic. Così, se da una parte abbiamo una gestione di tipo “famigliare”, dall’altra parte c’è sempre stata una gestione di stampo imprenditoriale, dove i profitti generati dovevano sempre essere reinvestiti nuovamente nello sviluppo e nel rafforzamento della società stessa. Un’altra peculiarità dei Rangers è stata, fino alla fine degli anni ’80, la regola societaria (leggenda vuole che fosse una regola non scritta) che impediva di tesserare giocatori cattolici tra le proprie fila.

Questa regola verrà infranta dal tecnico Graeme Souness (già giocatore di Liverpool e U.C. Sampdoria con la quale sollevò un’importantissima Coppa Italia nel 1985 segnando un gol nella finale di andata a San Siro contro il Milan) che con la sua “Souness revolution” infranse appunto questo tabù che all’epoca durava da 117 anni. Quello di Graeme fu un primo calcio al settarismo che permeava nell’anima dell’Old Firm dalla notte dei tempi. Al suo arrivo Souness dichiarò che “aveva intenzione di allenare una squadra competitiva indipendentemente da religione, razza o colore della pelle” e così fece. L’acquisto di Moe Johnstone dal Celtic al Rangers infranse decenni di tradizione e fece infuriare non poco i tifosi.

Parte 4: Storia degli Old Firm

Premettiamo che ancora oggi non ci sia certezza sulle origini del nome ‘Old Firm’, che letteralmente significa “vecchia azienda”. Una delle varie teorie uscite negli anni afferma che il termine FIRM faccia riferimento alla tifoseria, più che all’azienda, e quindi venga inteso come fazione dal punto di vista sociale, culturale e religioso. Quindi giriamo sempre intorno ai soliti delicati argomenti.

Fatto sta che il primo match tra Celtic e Rangers si tenne nel 1888 e si concluse con una vittoria schiacciante dei Bhoys (anche detti Hoops) per 5-2 sui Rangers (anche detti Gers o Light Blues). Il primo marcatore della storia fu Cornelius McCallum. Dopo quel match la storia lunga quasi 140 anni ha visto primeggiare a epoche alterne l’una o l’altra compagine. L’apice per entrambe venne raggiunto durante la stagione 1966-67, quando il Celtic conquistò la Coppa dei Campioni (prima squadra britannica a riuscirci, un anno prima del Manchester United del grande Matt Busby) vincendo 1-2 in finale contro l’Internazionale Milano di Herrera e Mazzola, mentre i Rangers al contempo raggiunsero la finale di Coppa delle Coppe persa ai tempi supplementari contro il fortissimo Bayern Monaco del leggendario Gerd Muller.

Come abbiamo detto, gli ‘Old Firm’ fino ad oggi sono stati 433 ed elencarli o raccontarli tutti sarebbe un’impresa impossibile e inutile. Tuttavia alcuni match (specialmente in epoca moderna) sono stati memorabili e soprattutto rintracciabili nelle fonti a mia disposizione e per questo motivo possiamo velocemente citarne alcuni.

Il primo risale al 1980: Celtic – Rangers, finale di Scottish Cup. Risultato finale 1-0 per i bianco-verdi. Si legge che la partita sul campo non è stata delle migliori, però è entrata nella storia a causa di una maxi rissa avvenuta nel post partita e sfociata sul campo tra i tifosi quando, durante i festeggiamenti sul rettangolo di gioco, un supporter del Celtic scagliò un pallone nella curva dei tifosi Gers, facendoli infuriare e di conseguenza scendere anch’essi sul rettangolo verde per dare vita ad un’epica battaglia in stile “Braveheart” (e forse qualcuno di nome William Wallace quella sera sicuramente c’era tra i presenti) con il rischio di lasciare letteralmente qualche morto sul campo.

Il secondo episodio da menzionale risale al 2 maggio del 1999, quando si disputò il primo ‘Old Firm’ che assegnò sul campo un titolo di campionato. Sembra pazzesco ma ci sono voluti più di 100 anni perché si verificasse uno scontro diretto decisivo per l’assegnazione del titolo nazionale. Fu un Celtic vs. Rangers. Risultato finale 0-3. Erano i Rangers del manager olandese Dick Advocaat che fu anche il primo manager straniero e addirittura il primo non scozzese in casa Gers. Quel titolo, il numero 48 nella storia dei Rangers, fu anche il primo della nuovissima Premier Scottish League. In quello stesso anno i ragazzi in maglia Light Blue riuscirono a conquistare il treble (Campionato, Coppa di Lega e Coppa di Scozia). Quello di Advocaat era un Glasgow Rangers davvero formidabile.

Il terzo episodio è andato in scena in due parti. Emozionante e “vendicativo” il doppio Old Firm di campionato nella stagione 2000-01. All’andata, in agosto, Celtic vs. Rangers terminò 6-2 (era il Celtic di Martin O’Neill, uno dei più amati nella storia del club), mentre al ritorno, in novembre, i valori in campo vennero ribaltati completamente. I Rangers, ancora sotto la guida di Dick Advocaat, sconfissero senza replica i Celtic, vincendo questa volta 5-1. Tuttavia al termine della stagione furono gli Hoops a portare a casa in titolo con ben 15 punti di vantaggio sui Rangers.

Ultimo Old Firm da menzionare, a dimostrazione di quanto valga questa partita per i glasvegiani, risalte alla stagione 2010/2011 quando i club si dovettero affrontare in un “banale” ottavo di finale di Scottish Cup. All’andata terminò 2-2 ad Ibrox, in casa dei Rangers, con un episodio ai limiti della squalifica avvenuto tra il senegalese El Hadj Diouf e Scott Brown (mitico capitano e goaleador del Celtic) con quest’ultimo che dopo avere marcato il gol del 2-2 ha esultato letteralmente in faccia a Diouf in modo altamente provocatorio rischiando di far scoppiare un putiferio in campo.

EL HADJ DIOUF E SCOTT BROWN

Putiferio scongiurato dal buon senso degli altri giocatori sul terreno, ma davvero prossimo ad un potenziale Armageddon. All’epoca l’assistant manager di Walter Smith era niente meno che un certo Ally McCoist. Nella gara ‘replay’ il Celtic si impose poi 1-0 in casa propria eliminando i Gers. Questo insegna che non si può mai perdere un Old Firm, qualsiasi sia il turno, perché in palio ci sono sempre l’onore e l’orgoglio della propria gente.

Meritano una citazione particolare anche due italiani che orgoglio hanno calcato i campi di Ibrox Stadium, Hampden Park e Celtic Park: Lorenzo Amoruso e Paolo Di Canio.

Il primo, Lorenzo Amoruso, classe 1971, dopo aver vissuto ottime stagioni con la maglia della Fiorentina tra il 1995 e il 1997, tanto da essere finito nel mirino del Manchester United di Sir Alex Ferguson, venne acquistato dal Glasgow Rangers di cui divenne anche capitano nel 1998. Un evento storico in quanto fu il primo capitano cattolico nella storia del club. Con i Rangers, dove ancora oggi viene ricordato con affetto e orgoglio, ha vinto 3 Scottish Premier League, 3 Scottish Cup e 3 Scottish League Cup. Un vero guerriero.

Il secondo, Paolo Di Canio, classe 1968, grandissimo talento italiano è transitato dalle parti di Celtic Park nella stagione 1996-97 ed anch’egli finito nel mirino di Sir Alex Ferguson prima di approdare in terra d’Albione. Pur non avendo alzato alcun trofeo con la maglia bianco-verde, è stato comunque eletto ‘PFA – Player of the Year’ scozzese, in quell’unica stagione a Glasgow. Paolo sì che aveva capito subito cosa volesse dire giocare il derby di Glasgow, anche se purtroppo i derby di campionato li perse tutti, mentre il 6 Marzo 1997 riuscì a vincere per 2-0 i quarti di finale di Scottish Cup, segnando su calcio di rigore.

Di recente Paolo Di Canio, di cui sono grande estimatore, oggi volto noto dell’emittente televisiva satellitare SKY, ha dichiarato, durante uno dei suoi speciali sul calcio britannico, che arrivato al Celtic trovò un’ambiente completamente disorganizzato sia dal punto di vista metodologico, sia dal punto di vista extra-campo (alimentazione e infrastrutture non all’altezza del blasone).

Simpatico l’aneddoto dove racconta che i calciatori non sapevano assolutamente quale sarebbe stato il programma per ogni singola sessione di allenamento e dunque lui correva senza sapere quanti giri avrebbe dovuto fare per il campo e senza sapere come poter gestire le proprie energie. Una cosa incredibile davvero se pensiamo a come viene gestito il football oggi con i Big Data, le scienze alimentari e le neuro-scienze.

Altra menzione che fa assaporare appieno l’Old Firm va fatta anche per i giocatori che indossarono entrambe le maglie. Nella storia (salvo aggiornamenti dell’ultima stagione) sono stati ben 19, ma se 14 di loro fecero “il salto della staccionata” prima della seconda guerra mondiale, gli altri 5 lo fecero in epoca moderna e questi, data l’accesa rivalità accresciuta nel periodo post-bellico, vengono considerati veri e propri “traditori”. I due nomi più importanti sono quelli di Maurice Johnstone e Kenny Miller.

Vale la pena menzionare anche le grandi icone del passato.

Per i Celts ricordiamo i manager Willie Maley e Jock Stein con rispettivamente 16 e 10 campionati disputati sulla panchina degli Hoops. Sempre in tema di manager ricordiamo James McGrory, Martin O’Neill, Brendan Rodgers e Gordon Strachan.

L’unico manager irlandese della storia è stato Liam Brady (ex U.C. Sampdoria) il quale però non ha lasciato il segno sulla panchina dei Bhoys. Ricordiamo anche i recordmen di presenze in maglia bianco-verde: Billy McNeill, Paul McStay e Roy Aitken.

Invece i “goleador” all-time sono stati James McGrory, Bobby Lennox e lo svedese Henrik Larsson (quello con i rasta per intenderci). Votato dai tifosi il miglior giocatore di sempre per i Celts è stato lo scozzese Jimmy Johnstone, ala formidabile dalla tecnica sopraffina, che ancora fa sognare i tifosi durante i loro ricordi.

Per i Gers invece i manager storici sono stati lo scozzese Billy Struth (con 18 campionati in panchina), Graeme Souness (che mise fine alla regola non scritta che prevedeva il tesseramento di soli giocatori protestanti), Dick Advocaat (che interruppe l’egemonia degli allenatori scozzesi) e Walter Smith (che dal 1991 al 1997 portò a casa 13 trofei).

Recentemente va aggiunto anche Steven Gerrard che a mio modo di vedere è stato il tecnico che ha risollevato l’immagine europea recente del club. Per quanto riguarda i record men di presenze ricordiamo John Greig, Sandy Jardine e Ally McCoist. Lo stesso Ally McCoist è tutt’ora recordman di reti (355 dal 1983 al 1998), seguito da Bob McPhail e Jimmy Smith.

Ancora su Ally McCoist va menzionata una curiosa parentesi tratta dalla rivista FourFourTwo. Da quando la “Scarpa d’Oro” è stata introdotta nella stagione 1967/68 solo quattro giocatori hanno vinto il premio per più di due volte consecutive: Cristiano Ronaldo, Leo Messi, Thierry Henry e Ally McCoist.

Per finire in bellezza, nella TOP11 di sempre dei Rangers rientrano tra gli altri Paul Gascoigne, Brian Laudrup, Terry Butcher tutta gente che ha scritto la storia del football europeo.

 

 

Parte 5: “The Man who sold the jersey”: il fallimento

La storia ultracentenaria dei due club di fatto ha portato i suoi tifosi e gli appassionati di football a vederne di tutti i colori nell’arco di questi quasi 140 anni (come era inevitabile che fosse). Tra le varie vittorie, sconfitte, risse, maxi risse, trofei vinti e trofei persi, personaggi iconici e presidenti più o meno capaci, ci sono stati anche un paio di momenti davvero difficili dal punto di vista della mera sopravvivenza dei club stessi.

Mentre il Celtic andò vicino al fallimento a inizio anni ’90, venendo poi salvato da un imprenditore canadese di origini scozzesi di nome Fergus McCann che oltre a salvare la società la rilanciò prepotentemente sul mercato, non ebbe lo stesso epilogo la crisi dei Rangers. I Gers ed i tifosi Light Blues vissero un vero e proprio dramma nel 2011/2012 quando l’imprenditore scozzese David Murray, proprietario del club, decise di cedere la società (pesantemente indebitata a causa di gestioni sciagurate) per la cifra simbolica di 1 sterlina alla ‘Wavetower Limited’ di Craig Whyte: fu l’inizio della fine.

Con l’uscita di scena di Murray vennero alla luce tutti i problemi e gli errori di gestione finanziaria nati a cavallo tra gli anni ’90 e ’00, quando l’indebitamento del club salì oltre i 100mln di pound. Il club venne inghiottito in parte dalla ‘Lloyds Bank’ di Londra che vantava una valanga di crediti ed in parte dal fisco britannico che tramite alcune pratiche definite “borderline” riuscì ad accusare il club di Glasgow di evasione fiscale. In pochi mesi l’incubo si concretizzò. Il 14 febbraio del 2012 con una conferenza stampa di pochi minuti venne ufficializzata l’entrata in gestione controllata della società, mentre il 25 giugno la stessa società venne dichiarata in liquidazione. Il titolo sportivo venne trasferito in una NewCo. che si trovò costretta a ripartire dalla quarta divisione scozzese.

Una faccenda complessa, non priva di colpevoli ad ogni livello (sia in società che in lega), che come risultato portò alla distruzione di 140 anni di storia del calcio in quattro mesi netti. Come detto, i Rangers dovettero riprendere il loro cammino dalla quarta divisione scozzese, senza mai perdere il supporto e l’amore da parte dei propri tifosi che sono abituati anche a soffrire. E così fecero per qualche anno per poi rientrare in Scottish Premier League, nel 2016, passando dalla porta principale e con grande prepotenza.

Nella massima serie dopo due terzi posti e due secondi posti arrivo nel 2021 il momento del riscatto alzando nuovamente il titolo di campioni di Scozia (che sarebbe stato il numero 55 nella storia del club) al cielo di Glasgow. Senza contare un paio di ottime stagioni anche in ambito europeo che hanno riportato gli animi dei tifosi ai loro massimi.

Parte 6: Conclusione

La storia va avanti. Sebbene i giochi per la stagione in corso (2022/23) siano apparentemente già decisi, con i Celtic avanti in classifica sui Rangers, la sfida tra protestanti e cattolici, la sfida che ti consegna le chiavi della città è sempre un match da combattere “con il coltello tra i denti”, un match che non si può e non si deve perdere come detto, in primis, per rispetto nei confronti delle proprie tifoserie che vogliono sempre vedere il massimo impegno sul terreno di gioco e che con il loro sostegno riescono a spingere i giocatori al 110% dei propri limiti.

Senza contare l’importanza economica che rappresenta questa partita, un match che genera un impatto sull’economia nazionale di circa £118 mln e un indotto lavorativo che si aggira attorno ai 3,500 posti di lavoro. Un dato che tiene conto non solo di biglietti, marketing e diritti TV, ma anche di consumi elevati di birrre nei vari Pub e ristoranti cittadini, nonché costi per la mobilità e il pernottamento, insomma tutto l’indotto che circonda la città per l’evento. Un Old Firm attrae mediamente circa 50mila spettatori allo stadio. La rivalità tra Celts e Gers rappresenta un vero e proprio fattore economico per l’economia del paese, tant’è vero che nel periodo in cui i Rangers sono scivolati nelle divisioni inferiori a causa del loro fallimento, anche i Celtic e tutta la lega scozzese hanno subito perdite economiche importanti. Una rivalità che fa bene alle casse di tutte le società e che è bene prosegua nel tempo, anche se onestamente mi piacerebbe veder vincere ogni tanto un Aberdeen o un Hibernian o un Hearts di turno dato che sono comunque rappresentanti di città e tifoserie importanti all’interno dello scenario scozzese.

Sebbene al giorno d’oggi rimanga l’odio sociale di fondo, le condizioni attuali sono molto più “morbide” e tolleranti rispetto al passato, tanto da annoverare tra i tifosi dei Rangers anche famiglie di fede cattolica, così come tra quelli del Celtic alcuni lealisti alla corona. Questo è dovuto al fatto che al termine degli anni ’90 la cultura di massa e la globalizzazione hanno sovrastato le differenze storiche e reso più omogeneo il pensiero globale, specialmente nelle nuove generazioni, ridisegnando gerarchie e valori sociali e infondendo un pizzico di “cultura” in più in ambienti spesso chiusi e intransigenti. Ad ogni modo l’Old Firm resta e resterà per molto tempo ancora una delle stracittadine più affascinanti al mondo, al pari di altri “classici” ricchi di storia e significato.

MATTEO CIGNA

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