PRENDO IN PRESTITO E PUBBLICO IN TOTO LA RIFLESSIONE FATTA DA ANTONIO TRAMONTANO SULLA SUA PAGINA LINKEDIN:
La Nazionale è lo specchio fedele del momento che attraversa il nostro calcio.
Luciano Spalletti lavora con ciò che ha a disposizione. Ma attribuire la responsabilità solo all’allenatore è una semplificazione ormai ricorrente. Il vero nodo sta a monte: nelle scelte manageriali, nella visione strategica e nei modelli di sviluppo.
Come in ogni organizzazione, è il management a dare direzione. Le vere domande non riguardano moduli o convocazioni, ma come stiamo creando valore e come vengono gestite le risorse.
Negli ultimi anni, la costruzione di valore è stata spesso trascurata. Gli investimenti sulla prima squadra – talvolta giustificati, spesso no – hanno assorbito energie e risorse che potevano essere destinate a scouting, vivai, formazione. Parallelamente, molti professionisti del sistema lavorano con compensi inadeguati, senza tutele o percorsi di crescita. In un contesto che richiede aggiornamento continuo, è difficile garantire qualità e competitività senza strumenti adeguati.
La Nazionale riflette chiaramente tutto questo. La preparazione atletica e la metodologia contano, ma il vero valore che i giocatori esprimono dipende in larga parte da scelte strutturali. Decisioni che influenzano la qualità del lavoro quotidiano, lo sviluppo del talento e la crescita dei tecnici. Il prodotto finale, cioè ciò che vediamo in campo, è conseguenza di ciò che accade dietro le quinte.
Nel mio percorso a contatto con club internazionali – e alcune realtà italiane – la vera differenza si coglie prima del campo: infrastrutture, processi, pianificazione, selezione delle persone. Ed è proprio la gestione del capitale umano uno dei nodi più critici. Senza meritocrazia, la qualità cala. Inevitabilmente.
Viviamo in un sistema spesso orientato al consenso immediato. Ma ciò che non si affronta, riemerge sempre. Servirebbe anche un altro modo di raccontare il calcio. In Italia manca il coraggio di sostenere una strategia, anche se impopolare. Di spiegare con trasparenza un ridimensionamento, se questo è la base per una ripartenza credibile.
Frequento il calcio da molti anni. Vedo competenze, motivazione, energia potenziale. Ma anche un sistema che fatica a rinnovarsi. Non è una questione anagrafica, ma di competenze. Servono persone capaci di innovare, creare valore, avere visione.
La risalita inizierà quando saremo pronti a guardare la realtà per quella che è. Senza retorica. Non dal ricordo di una Nazionale gloriosa, ma da un presente che chiede lucidità, responsabilità e capacità di riforma.
Nel frattempo, altre nazioni – considerate a lungo “minori” – hanno lavorato in silenzio e ora raccolgono risultati. Continuare a specchiarsi nella propria storia non è più un’opzione. Ora serve visione e competenze.
8 risposte
Complimenti, non fa una piega.
Sembra scritto anche per il nostro amato Milan. E questo mi offre uno spunto per una domanda a chi di calcio ne capisce davvero. Se la dimensione del nostro ‘fotbal’ è questa, non partecipiamo a un mondiale dal 2014 mi pare di ricordare, perché mai tantissimi indicano uno zoccolo duro di giocatori italiani un elemento imprescindibile per tornare ad ammirare un Milan vincente?
Concordo Roberto. Diciamo che prima o poi si dovrà cominciare a dare più spazio agli italiani ma per fare questo è necessario da una parte più coraggio e dall’altra un percorso formativo, ed io aggiungo, metodologico differente. E qui sorgono i problemi perchè nelle sedi deputate non c’è nessuna apertura verso il cambiamento. Scusami per la necessaria sintesi.
GRAZIE!
Sono pienamente d’accordo, infatti ho sperato di trovare un articolo sulla nazionale, per poter intervenire ed ho trovato il tuo.
Si potranno cambiare tutti gli allenatori, ma il materiale a disposizione è quello che è, con l’aggravante dei rifiuti diretti ed indiretti di alcuni convocati.
Oltre a quanto da te evidenziato, ho notato, soprattutto quest’anno che la fase di contrasto a centrocampo è crollata in molte squadre. Io trovo che questo nasce da due motivi principali: non abbiamo più incontristi veri e raramente si punta direttamente in velocità di squadra la porta avversaria. Per questo motivo ci troviamo impreparati in campo internazionale con avversari che ci attaccano veloci (in pochi giorni abbiamo preso caterve di gol tra Inter e Nazionale), tutto questo aggravato dal fatto non ci sono più difensori velocissimi.
In particolare sotto accusa sono le grandi, con esclusione del Napoli che di questa fase ha fatto la sua forza.
Ora se atletica, tennis e nuoto italiani sono diventati sport di eccellenza mondiale, credo che molti meriti vadano dati alle federazioni. Lo dico da non conoscitore dei modelli organizzativi di questi sport, deducendo dagli effetti le cause.
Buonasera a tutti, dico la mia, pur non avendo la vostra competenza. Parto dal caso Acerbi e dalla sua risposta e, non mi interessa se avesse ragione il C.T. od il calciatore e faccio un passo indietro di 47 anni.
Mondiali 1978, Argentina: Enrico Albertosi ha appena fatto l’ennesima strepitosa stagione, migliore di quella di Zoff, altro grande campione, che però, soffre la rivalità col collega. Bearzot chiama Albertosi e gli dice:”Enrico vorrei portarti come terzo portiere in Argentina, ci vieni?”. E Ricky:”Verrei anche a riempire le borracce”, anche perché sarebbe il suo quinto mondiale. Ma Zoff non vuole e Bearzot cede al blocco juventino. Sappiamo che poi Zoff prenderà 4 gol da distanze siderali con Olanda e Brasile. Acerbi e Albertosi due personaggi diversi: Acerbi un discreto elemento che rifiuta la Nazionale, Albertosi, uno dei più grandi portieri della storia disposto ad andare a riempire le borracce a 39 anni.
Ecco, probabilmente, prima di parlare di moduli o di tecnica, sarebbe necessario ricostruire certi valori, come il senso di appartenenza e nel frattempo preoccuparsi del caso Bagni, che evidenzia un sistema discutibile, che da poco spazio a persone competenti. Oggi Fabio Capello propone di rendere obbligatorio lo schieramento nei club di almeno tre giocatori italiani: mi trovo d’accordo col signor Capello, anche se non è sufficiente. Guardando oggi i nostri calciatori, scopro che quasi nessuno è ambidestro e questo per me, che ho giocato a livelli molto più bassi, è inammissibile. Io guardando un Milan Avellino, vidi battere un calcio d’angolo di sinistro, da Gianni Rivera è da quella sera decisi autonomamente di imparare. Anni dopo i miei allenatori erano convinti che io fossi mancino. Oggi ho l’impressione che non ci sia quella fame da parte dei nostri “campioni” di migliorarsi, per cui è difficile arrivare ad ottenere grandi risultati. Ricordo Gabriele Oriali, che non era un campione di tecnica (ma non era nemmeno scarso), eppure tenne testa a Stielike come pochi. Poi ci sono gli allenatori, che hanno il loro credo e non si spostano di un millimetro: 352, 442, 4231 ecc. A mio avviso è tutto importante, ma è più importante stabilire le caratteristiche dei giocatori e decidere il modulo importante base a questo. Poi l’allenatore deve anche appoggiarsi agli “allenatori in campo”. Cesare Maldini cambio’ le marcature in Milan Benfica e nel secondo tempo ribaltando il risultato portando a casa la prima coppa dei campioni. Il signor Liedholm utilizzò proprio il “nostro” Filippo Galli rinnegando in parte la “sona ” per mettere il bavaglio a Platini e Maradona, salvo poi dire che era colpa loro che andavano sempre dove c’era Filippo Galli!. Ecco in tutto quello che dico, forse troppo, vorrei sottolineare la presunzione di tutti i personaggi ed anche di incapacità. Vero Gravina?.
Buonasera a tutti. Ho letto i vostri interventi e li considero molto pertinenti. Parto dal presupposto che la situazione è molto seria e da umile aspirante allenatore; avendo già fatto fatica ad accedere al corso per ottenere la Licenza D, perché da giocatore, ho avuto esperienze solo in settori giovanili, sia pure professionistici; ho un programma che metterei in atto.
Un programma che; premetto; in un paese come il nostro, non potrà mai essere attuato:
1 ogni centesimo proveniente dalle casse governative, deve essere rendicontato e giustificato. Nessuno si imberta più neanche mezza lira bucata oltre ai propri(già lauti peraltro)stipendi.
2 si resetta tutto. Si rivalutano tutte le figure dirigenziali, dal vertice alla base della piramide.
3 si permettono gli ingressi nelle scuole calcio solo dopo gli 8 anni. E chissenefrega dei 2 o anche 3 anni di quote rubate alle famiglie che si perderebbero.
4 si modificano completamente i corsi federali per diventare allenatori. Non esiste che qui ci sia una selezione durissima all’entrata ed invece l’uscita sia un pro-forma. Si lavora sui concetti e su princìpi chiari ed in linea con i dettami del calcio attuale di successo, che vedono intensità; velocità e proattività alla base di tutto. Non si è dogmatici sulle metodologie, ma sulla filosofia e sull’approccio. Si assume un nuovo board a capo del Settore Tecnico-possibilmente con alcune figure provenienti dall’estero-e si rilasciano le licenze a chi merita. Possiamo avere 200 corsisti e farne passare 198 come nessuno. La licenza si deve meritare.
5 si attua un programma nelle scuole. Perché l’avviamento allo sport(in questo caso parliamo di calcio, ma vale per tutti); deve essere accessibile e gratuito a chiunque. Si costruiscono campi a 5 in ogni struttura e si cominciano dei campionati interscolastici, aperti a chiunque voglia partecipare. Per seguire questi bambini si impiegano veri allenatori di calcio, usciti dai suddetti corsi rinnovati e non 4 raccomandati che si sono comprati una laurea in Scienze Motorie con i soldi dei genitori.
6 superata l’età in cui bambine e bambini possono entrare a far parte di una società-dilettantistica o professionistica che sia-si continua un programma di interazione tra le scuole e le suddette società.
Con degli ispettori federali che si occuperanno personalmente di seguire tutti quei ragazzi e ragazze che dovessero essere sfuggiti alle prime scremature. Non si fa selezione in tenera età e soprattutto non si fa basandosi sull’altezza e la forza fisica. È assurdo che, per come si ragiona qui; un Messi; un Vitinha sarebbero stati scartati.
7 si prendono almeno 8/10 anni prima di vedere i frutti di questo lavoro. Un/a bambino/a che adesso ha 8 anni, lo potremo giudicare intorno ai 16 anni e non prima.
Si formano allenatori che aboliscano la parte di lavoro a secco durante gli allenamenti dei settori giovanili. Si lavora con il pallone sempre: dall’attivazione in poi. Si lavora su rondos; Small Sided Games; partite a tema e non su ripetute; esercizi pliometrici a secco etc. Si mette il pallone al centro di tutto.
Dobbiamo ricreare fidelizzazione nei bambini. È assurdo che non ci sia più quello spirito che ci animava. Prima giravi per le città e vedevi decine di bambini giocare per strada. Ora è un evento raro. Ci sono i social; i videogiochi; le applicazioni che distraggono? Dobbiamo riconquistarli prima che gli vengano regalati i primi smartphones. Ricreare amore e passione. Sennò non ha senso avere un bacino d’utenza 20 volte superiore alla Norvegia. Perché loro con 3 miseri milioni di abitanti, ti prendono a ceffoni. E non è neanche il loro sport nazionale! Questa mancaza di “vocazione” è uno dei motivi che ci ha fatto perdere posizioni nel mondo. Sono solo alcuni punti. Ne avrei molte altre di idee; ma per metterle in pratica occorre la volontà di cambiare lo Status Quo. Grazie per l’attenzione.
Buongiorno Giorgio, ti ringrazio per il tuo commento così articolato. Ho letto con attenzione e ti chiedo un pò di tempo per risponderti.
Grazie e a presto.
Filippo
Anzitutto desidero complimentarmi con il Direttore di questo Blog nonché autore del pezzo “La Nazionale, specchio fedele del nostro calcio” che, utilizzando le parole scritte da Antonio Tramontano nella sua pagina LinkedIn, avrebbe a mio avviso e nel proseguo dell’articolo, creato una sorta di “Bignami” che un qualsivoglia neo aspirante alla conduzione di una anonima o consolidata squadra di calcio debba conoscere, ripassare ed applicare a memoria per superare gli esami e sedersi degnamente in una panchina. Ritengo ottime e condivisibili le considerazioni espresse nei feedback in coda al pezzo tanto da Roberto e Giuseppe quanto da Gianpaolo e Piergiorgio. Mi permetto di aggiungere, da amante della storia quale sono, una mia personale sottolineatura.
Il mondo del calcio sin dalle sue origini, ha rispecchiato e tuttora rispecchia il bizzarro ed altalenante andamento delle vicissitudini dell’umanità tra conflitti, guerre, scoperte da un lato e trofei vinti e persi con l’invenzione di nuove tecnologie per un Pallone sempre piú appetibile. Ma quando ci si imbatte in una dolorosa debacle come l’inauspicabile terza esclusione della nostra Nazionale dai mondiali di calcio tutto il popolo si rivolta chiedendo corda, cappio e Testa del colpevole da appandere!!!… e nella fattispecie Spalletti?… Gravina?… la squadra?? Fate voi!!… intanto tre pere indigeste scandinave complicano maledettamente una pur minima parvenza di ragionamento calcistico.
Ma le osservazioni di Antonio e Filippo prima unitamente alle profonde osservazioni dei quattro acuti commentatori spostano il fulcro del ragionamento molto più a monte della mera tenzone calcistica….e qui vado a metaforizzare con quanto la Storia ci possa essere di saggio insegnamento.
Napoleone, uno dei più grandi della storia, dopo aver vinto, conquistato tutto e di più venne battuto a Waterloo e, leggemmo sui migliori libri scolastici, che le forze opposte della Coalizione erano tante e tali che avrebbe gioco forza dovuto issare bandiera bianca.
Ma alcuni testi, e purtroppo non in uso nelle scuole, narrano che l’Imperatore sofferente di bruciori epidermici, non ricevette in tempo in quella nefanda mattinata, il suo unguento miracoloso, e quando monto’ il suo celebre cavallo bianco per ispezionare e dirigere il campo di battaglia, fu tragicamente troppo tardi… ed il suo luminoso cammino termino’. È chiaro ed evidente che se anche un’organizzazione bellica funzioni alla perfezione ma ci si metta di mezzo una variabile non prevista tutto possa fatalmente terminare.
Un fatto analogo accadde sempre a Napoleone quando nella sua precedente campagna di Russia quando, nonostante la supremazia di forze, dato il rigido inverno, non riuscì a conquistare la città di Mosca. Migliaia dei suoi uomini indossavano un pesante cappotto tenuto fermo da un lungo filare di bottoni, ma purtroppo in lega bronzea che si sbriciolava alle bassissime temperature… ed i nuovi paletot da Parigi…. arrivarono troppo tardi! Due piccoli esempi di storia che possono spiegare due debacle calcistiche consecutive, nonostante le magagne a monte, identificabili nella mancanza di forma o di presenza di giocatori chiave in questo momento specifico. Una scusante? Potrebbe anche essere anche se permangono dei solenni dubbi… ma un fatto è terribilmente certo… e voglio dirlo alla toscana di Bartaliana memoria:
“… Per me gli è tutto da rifare!!”
Massimo 48