Il gioco di posizione che forma: tra struttura, libertà e relazioni
Ci sono modelli di gioco che non servono solo per vincere. Servono per capire chi siamo. Sono mappe interiori, tracciate tra geometrie visibili e significati invisibili. Sono la forma che il caos prende quando qualcuno ha il coraggio di scegliere un’idea e renderla casa per altri.
Nel calcio, come nella vita, la libertà non è assenza di regole. È la bellezza che nasce quando le regole non soffocano, ma fanno fiorire. Quando la struttura non diventa gabbia, ma danza.
Il gioco di posizione, con le sue simmetrie imperfette, le sue attese cariche di senso, è una scelta identitaria. Non perché sia l’unica possibile, ma perché chiede a chi lo abita di essere consapevole. Di stare dentro, e non sopra. Di vedere e riconoscere l’altro.
Ogni squadra che sceglie un modello di gioco, e lo porta avanti con coerenza, sceglie anche un modo di stare al mondo. E ogni allenatore che lo trasferisce con autenticità, sa che sta accompagnando all’incertezza, alla collaborazione, alla ricerca. Perché, vita e calcio, non sono mai interamente scritti e pensati.
Il gioco di posizione, nella sua essenza più profonda, non è un esercizio geometrico né un modello astratto. È un orizzonte educativo: un sistema aperto che invita a percepire, agire, decidere. È lo spazio in cui regola e libertà si incontrano non come opposti, ma come condizioni co-esistenti dell’apprendimento.
Là dove il calcio viene ridotto a schema, si smette di imparare. Ma là dove l’organizzazione è al servizio del senso, si apre la possibilità di formare. In questo, il modello di gioco diventa un contesto carico di significato, in cui l’azione è già apprendimento, e l’errore è già esplorazione.
Ogni principio di gioco, se vissuto e attraversato, non solo eseguito, diventa atto educativo. Non si tratta di “insegnare cosa fare”, ma di favorire la scoperta del “come” e del “perché”, lasciando che la libertà prenda forma dentro una cornice chiara.
In questa direzione, la creatività non nasce dal disordine puro, ma dall’interazione viva con un ambiente strutturato. L’abilità del calciatore creativo è percepire opportunità nuove nel fluire delle relazioni. Per questo, il compito dell’allenatore non è fornire risposte, ma creare le condizioni in cui le domande abbiano senso.
Il gioco di posizione invita alla pazienza del gesto, alla visione collettiva, alla responsabilità del tempo. Chiede ai ragazzi di abitare lo spazio, non solo di correrci dentro. E così facendo, li aiuta a crescere come persone, prima ancora che come atleti.Analisi delle fasi e dei principi di gioco
Fase di costruzione bassa e alta
Tutto comincia da lì, dove il pallone è più vulnerabile e ogni errore ha il peso di una scelta. Ma è proprio nell’imperfezione dell’inizio che nasce l’occasione per apprendere: comprendere che il rischio è parte della crescita. La costruzione non è solo un gesto tecnico, è il primo atto collettivo di fiducia.
Costruire significa attendere, leggere, comprendere l’intorno. Significa orientare il corpo in relazione all’avversario e ai compagni, percepire la direzione possibile prima ancora che sia visibile. Significa scegliere di non affrettare. Ed è lì che si forma la capacità di autocontrollo, di gestione emotiva, di pazienza. Il senso di efficacia personale si coltiva lentamente, nel riconoscere il valore del processo, nel restare presenti anche quando il risultato tarda ad arrivare.
Superamento della pressione e riconoscere il giocatore libero
È un tempo rapido e incerto. Ogni tocco può rompere la struttura avversaria, ogni scelta è un atto di fiducia. Fiducia nei propri mezzi, ma anche nell’altro. Fiducia in un’idea condivisa, in un patto tacito di gioco. Superare la pressione non è solo un’azione tecnica, ma un invito al pensiero divergente. Riconoscere il giocatore libero, scegliere l’imprevisto, esplorare nuove traiettorie: è in questi momenti che la libertà prende forma come capacità di reinventare.
La relazione con il compagno, l’intesa con l’allenatore, la sicurezza emotiva generata da un contesto riconoscente, sono tutte componenti fondamentali. Chi vive il campo sapendo di poter sbagliare senza perdere valore, sarà sempre più coraggioso.
Occupazione razionale dello spazio
Lo spazio si ascolta. Si sente. Si abita con attenzione e cura. Lì si apprende la responsabilità relazionale: esserci per l’altro, agire per generare equilibrio, leggere la posizione come funzione.
La visione periferica, l’orientamento del corpo, la disponibilità ad accogliere l’errore del compagno come occasione per reagire insieme: sono gesti tecnici che diventano comportamenti educativi. Non basta sapere dove stare. Serve sapere perché. E quel “perché” non si impone. Si costruisce nel tempo, come identità che cresce attraverso l’autonomia e il riconoscimento.
Fase di rifinitura e finalizzazione + pressing post-palla
La rifinitura è un luogo delicato. Si gioca nei pressi del gol, ma ancora di più nella profondità dell’intenzione. Qui la tecnica si unisce all’empatia: saper scegliere il passaggio, comprendere chi ha la posizione migliore, agire per l’altro.
Come dico spesso a mio figlio: “Dovranno ricordarsi di te come quello che non ha mai calciato in porta quando c’era un compagno in condizioni migliori per finalizzare. Ecco, il più grande gesto di generosità, il più grande gesto verso questo sport meraviglioso.”
Finalizzare è un gesto collettivo. Ma anche il pressing post-palla lo è. Non come reazione istintiva, ma come atto pensato. Un “torniamo insieme” che racconta fiducia, convinzione, desiderio condiviso. È lì che il gruppo si stringe, che l’identità si consolida.
Fase difensiva
Difendere è un gesto silenzioso. Ma potentissimo. È il modo in cui si custodisce ciò che si è costruito. È attenzione all’altro, capacità di contenere, di proteggere. È rispetto per il gioco. Qui si apprendono il sacrificio intelligente, la disponibilità all’ascolto, il valore della posizione in funzione del collettivo. L’educazione difensiva è uno spazio di empatia organizzata, dove la lettura anticipa l’azione e l’equilibrio nasce dalla consapevolezza.Poi il gioco finisce. Il fischio arriva, e si torna a casa con le gambe stanche e il cuore pieno. Ma non finisce mai davvero.
Il modello di gioco resta nei gesti quotidiani, nei silenzi carichi di senso, nei ragazzi che imparano a scegliere anche fuori dal campo. Resta nel modo in cui ascoltiamo l’altro. Resta nel tempo che dedichiamo alle relazioni. Resta nella capacità di chiedere scusa dopo un errore, nella pazienza di attendere il momento giusto.
Il calcio non ci insegna solo a vincere. Ci insegna a vivere meglio insieme. A stare nei ruoli senza smettere di essere persone. A tenere il pallone e a provare un dribbling anche quando pesa, a passarlo quando è giusto. A costruire qualcosa che resti anche quando il campo si svuota. Come avrebbe scritto Osvaldo Soriano, “Di tutte le cose che ho imparato dal calcio, nessuna è più importante della capacità di stare con l’altro.”
E questo, forse, è il dono più grande. Perché se per diventare calciatori la possibilità è di 1 su 33.000, le possibilità di diventare persone migliori sono il 100%.
Allora concentriamoci su ciò che davvero conta: far parte di un processo che forma, accompagna, dà senso. E che lascia segni. Segni che restano dentro, anche dopo la partita. Ma perché tutto questo accada, serve qualcosa in più.
Serve uno sguardo profondo. Serve chi è disposto ad accogliere, a cogliere dentro l’esperienza i fili più sottili. Serve chi sa fermarsi, mettersi in discussione, aprirsi alla possibilità di cambiare. Serve chi sa fidarsi e affidarsi agli altri. Perché educare, in fondo, non è solo proporre contenuti o strategie: è creare relazioni di fiducia. È sapere che nessun modello di gioco, per quanto perfetto, genera senso se non trova cuori disposti ad ascoltarla davvero.

BIO: Riccardo Catto
Papà di due meraviglie; Andrea e Vittoria. Marito di un splendida donna; Carlotta
Laurea in scienze dell’educazione – Tesi; Apprendimento Pedagogico Master in Pedagogia Montessoriana
– Fc Torino Calcio season 2023/2024 Head Coach U15
-Youth Sector OfK Ostersund Consultant since 2022
– Fc Juventus Head Coach U14 2021-2023
– Fc Juventus Assistent Coach U15 2018-2021
– Fc Ivrea 1905 Head Coach U19 2016-2018
Una risposta
Concordo in pieno quello che hai scritto bravissimo, l’unica cosa mancante secondo me è quello di insegnare ai ragazzi il quando oltre al perché ed il come , del gioco del calcio.Il when determina il flusso del gioco.Perche i principi regolatori del gioco del calcio sono il tempo e’ lo spazio quindi il When diventa determinante.Buona giornata