“ULTIMO MINUTO”: IL CALCIO ITALIANO SECONDO PUPI AVATI

Dopo due anni di illusioni (e qualche episodio glorioso), il Monza ha terminato la sua avventura in serie A con un terzo campionato imbarazzante: ultimo con 18 punti in 38 partite (di cui 26 perse), 28 gol segnati e 69 subiti. Non è andata molto meglio in Coppa Italia, dove dopo aver superato due squadre di serie B, il Sudtirol (soltanto ai rigori) e il Brescia, agli ottavi il Monza è stato liquidato con un sonoro 4-0 dal Bologna. Non sono però i numeri a rendere grave il tonfo della squadra brianzola, quanto l’atteggiamento tenuto in campo, e lo smantellamento della rosa (nella sessione invernale di calciomercato un giocatore è stato mandato in prestito, e ben sette ceduti a titolo definitivo).

Finisce, mestamente, il sogno del Monza, reso possibile da Silvio Berlusconi negli ultimi anni della sua vita. Si era parlato di portare nelle parti alte della massima serie, e perciò anche nelle coppe europee, una squadra che per oltre un secolo (è stata fondata nel 1912, e acquistata dall’ex premier nel 2018) era rimbalzata dalla B alla C (scivolando anche più giù); la società calcistica rappresentante una città di 120mila abitanti, diventata capoluogo di provincia nel 1992; città che sportivamente parlando era, prima di questo triennio di illusioni, nota ai più per l’autodromo (prevista per la prossima estate l’uscita d’un film di Hollywood, protagonista Brad Pitt, con scene girate proprio nel celebre circuito di Formula 1). Sembra invece che si tornerà a discutere se lo stadio (ampliato proprio prima dello scorso campionato, prima del crollo della media spettatori) sia troppo grande per una squadra che, come diceva Renato Pozzetto in Agenzia Riccardo Finzi… praticamente detective, non gioca mai in serie A.

A proposito di cinema italiano. Nella primavera del 1987, mentre a Milano nasceva lo scrivente, il regista bolognese (ma tifosissimo milanista) Pupi Avati girava, tra Roma, L’Aquila e lo stadio Romeo Menti di Vicenza un film drammatico d’ambientazione calcistica, incentrato su di una scalcagnata squadra di provincia biancorossa (che però non è il Monza): Ultimo minuto, con protagonista Ugo Tognazzi (unito ad Avati, oltre che da una forte amicizia, dal tifo rossonero) in forte crisi professionale e personale (fortemente depresso dopo il fiasco del suo ultimo film da regista, I viaggiatori della notte, l’artista cremonese si spegnerà nel 1990, nemmeno settantenne: Ultimo minuto resterà la quintultima interpretazione d’una filmografia lunghissima).

Walter Ferroni (Ugo Tognazzi) è il direttore sportivo d’una squadra di calcio che lotta per la salvezza: alla società biancorossa (mai nominata nel film) Ferroni ha dedicato la propria vita, con un affetto che non è riuscito a dare nemmeno alla figlia Marta (Elena Sofia Ricci), traumatizzata dall’essere stata gettata in pasto alle riviste scandalistiche dopo un flirt col centravanti Emilio Boschi (Massimo Bonetti), promessa mancata ormai in pessima forma fisica, e che preferisce le scommesse al riscatto sportivo. Stanco di arrabattarsi con espedienti non sempre leciti per far sopravvivere la squadra, Walter stesso ne agevola l’acquisto da parte dello yuppie Renzo Di Carlo (Lino Capolicchio): il quale cordialmente (nemmeno troppo) lo ringrazia e lo congeda, rinfacciandogli i mezzi con cui ha tenuto in piedi la baracca e annunciandogli che senza Walter la gestione societaria sarà modernizzata. Il nuovo presidente però pecca di arroganza, e di fronte alla crisi della squadra chiede a Walter di sostituire l’inetto allenatore Claudio Corti (Luigi Diberti). Intanto lo scout Duccio Venturi (Diego Abatantuono) scopre un ragazzino dal grande talento, Paolo Tassoni (Marco Leonardi): Walter vede nel nuovo attaccante una valida alternativa all’inaffidabile Emilio (al quale contro ogni buon senso Marta è tornata a legarsi), e forse persino la salvezza della squadra.

Nemmeno a farlo apposta, Ultimo minuto dura… novanta minuti.

Sceneggiato dal regista col fratello, Antonio, e col giornalista Italo Cucci; musiche di Riz Ortolani (con tema basato sul coro “alé-oh-oh”); consueta parata di volti avatiani (oltre a Tognazzi, Capolicchio stranamente in ruolo antipatico e Abatantuono, i fan del regista possono riconoscere Ferdinando Orlandi, il compianto doppiatore Cesare Barbetti e Nik Novecento); la moglie di Boschi è interpretata da Cinzia de Ponti (già Miss Italia); comparsate, nei ruoli di se stessi, dei giornalisti sportivi Enrico Ameri, Aldo Biscardi, Ferruccio Gard e Michele Plastino.

Bella locandina con i volti dei protagonisti, ritratti da Enzo Sciotti, che aleggiano su di uno stadio: che è il San Paolo (ora Maradona) di Napoli, ancora scoperto prima dei Mondiali italiani del ’90, e non il Menti vicentino, dove sono state riprese le scene della partita contro l’Avellino (oltre agli scorci della curva, che ritraggono per davvero gli ultras berici che assistono a una partita del Lanerossi).

Ultimo minuto è, nonostante il tema inusuale (il calcio), un classico dramma avatiano: una commedia amarissima, sullo stile di Regalo di Natale (un grande successo dell’anno precedente; assieme a La casa dalle finestre che ridono forse il miglior film di Avati). Walter è uno dei tanti protagonisti sospesi tra positività e negatività che affollano la galleria del cineasta bolognese: monomaniaco, volgare, trafficone, il Walter di Tognazzi è però anche tenacemente leale e ferocemente sincero (si pensi a quando riconosce che non sa quando sia il compleanno della figlia, ma ricorda benissimo quando la squadra ha pareggiato in casa dell’Udinese).

Ultimo minuto non è l’opera migliore di Avati: dopo il trionfo del sopracitato Regalo di Natale, il suo film sul calcio è anzi il primo d’una serie di insuccessi che si interromperà soltanto dieci anni dopo, col bellissimo horror L’arcano incantatore. Con i suoi difetti (dimostra molto più della sua ora e mezza; la vicenda di Duccio, il personaggio di Abatantuono, è slegata dal resto del film – si intuisce che sia stato inserito soltanto per fare da seguito alla scoperta delle capacità drammatiche del comico milanese; il “colpo di scena” finale è prevedibilissimo, un po’ hollywoodiano), Ultimo minuto non meritava il pessimo riscontro di pubblico che gli fu riservato (e che peggiorò le condizioni psichiche del già afflitto Tognazzi) all’uscita in sala, nonostante l’audace campagna pubblicitaria (alcuni giornali sportivi pubblicarono delle finte copertine, con le vicende di Ferroni/Tognazzi e Di Carlo/Capolicchio presentate come fossero vicende di cronaca).

Ispirato alle vicende del Perugia (che arrivò secondo nel campionato 1978-’79, battuto solo dal Milan di Rivera e della stella) e soprattutto del Lanerossi Vicenza (che allo stesso risultato era giunto l’anno precedente, ma da neopromosso; e che dopo tale exploit, nel giro di tre anni tornò in B e scese in C1), le due squadre “minori” che, annoverando entrambe tra le proprie file Paolo Rossi, illusero la provincia calcistica italiana riguardo la possibilità d’interrompere l’oligopolio delle “strisciate” (Juve, Inter e Milan – sacrilegio ormai permesso, consegnati agli annali i tricolori di Bologna, Fiorentina e Torino, e ripensando con stupore alla vittoria della Sampdoria) soltanto alle romane e al Napoli, e sfiorando uno scudetto che, ripetendo il miracolo del Cagliari di Gigi Riva, sarà raggiunto, due anni prima del film di Avati, dai più acerrimi rivali dei vicentini: l’Hellas Verona.

Pupi Avati ama il calcio; forse meno del cinema e del jazz, ma è un competente appassionato, e si vede: Tassoni è un ritratto, magari messo non molto a fuoco, di Paolo Rossi e di Roberto Baggio (che, nato nella provincia vicentina, ha esordito proprio in maglia biancorossa); il trattamento che l’arrembante neopresidente Di Carlo prova a riservare al vetusto Ferroni non è dissimile da quello che Berlusconi, sostituito Giussy Farina alla guida del Milan, inflisse per davvero al barone Nils Liedholm e a capitan Agostino Di Bartolomei, protagonisti del secondo scudetto giallorosso e protagonisti d’un calcio all’italiana che a chi stava creando lo squadrone degli Invincibili pareva obsoleto; le combine delle quali Boschi si rende complice sono la versione patetica del “totonero” che sconvolse per due volte (nel 1980 e nel 1986) il calcio italiano, procurando raffiche di squalifiche e relegando in B la Lazio e, incredibilmente, il Milan; Ferroni è ispirato a Italo Allodi (nativo di Asiago), ex calciatore di serie C e D con all’attivo una stagione nel Parma, poi direttore sportivo di Mantova, Inter, Juventus, Fiorentina e Napoli, spesso accusato di illeciti per i quali non fu mai condannato. Quasi quarant’anni dopo l’uscita, complice anche la rivalutazione, dopo anni di ostracismo da parte della critica italiana, del suo autore, Ultimo minuto è diventato un piccolo cult; a parere di alcuni, il miglior film italiano sul calcio (la concorrenza non è, a ben vedere, assai agguerrita).

Resta un bel documento, d’un ruspante calcio che fu: radioline, sciarponi bicolori, coretti puerili, dirigenti in regimental, sigarette in panchina e in tribuna, trasferte in provincia, squadre della massima serie presentate in ristoranti nei quali un calciatore di serie B di oggi rifiuterebbe anche soltanto di sbirciare. Uno dei grandi pregi di Pupi Avati è l’aver rappresentato una parte italiana – la provincia della seconda metà del ‘900 (a molti sembrerà poco: però questo microcosmo Avati lo ha raccontato, lo ha fatto bene, e questo resterà). Lo ha fatto anche con un film sul calcio: e il calcio, per l’Italia, è vita.

BIO: Tommaso de Brabant è nato a Milano nel 1987 ed è cresciuto in Brianza.

Ha studiato lettere e storia dell’arte, è stato addetto alla sicurezza negli stadi di Como, Milano e Monza, è comparso in tre film di Pupi Avati (“Lei mi parla ancora”, “La quattordicesima domenica del tempo ordinario” e “L’orto americano”) e ha pubblicato due libri di storia contemporanea: “La Lupa e il Sol Levante” (Firenze 2021), sulla Seconda Guerra Mondiale, e “Il garofano e la fiamma” (Sesto San Giovanni 2024), riguardante Bettino Craxi. Già tifoso del Milan, simpatizza per la Roma.

2 risposte

  1. Gran bell’articolo Tommaso! Hai parlato di storia, cinema e calcio con uno squisito mix di argomenti trattati con arguzia e dovizia di particolari. Commovente il ricordo del grande Ugo Tognazzi.
    Mi trovo molto simile ai tuoi gusti se pur con una minimale differenza… tifo per il Milan ma simpatizzo, pur essendo nato e cresciuto nella capitale, per la Roma! Un caro abbraccio.
    Massimo 48

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