QUANDO HO COMINCIATO A SO-STARE NELLA COMPLESSITÀ

Sere fa mi sono venuti a trovare dei giovani allenatori con i quali abbiamo discusso di varie problematiche che essi vivono, sia dal punto di vista professionale, più generali, che del lavoro di campo nel senso stretto.

Nel corso dell’incontro, uno di questi, mi ha detto: mister, io la seguo sui social, e trovo molto interessante quello che scrive e il materiale che posta; ma tutto quello che lei pubblica è di sua produzione? Io ho risposto: guarda che quello che penso e scrivo è il frutto della conoscenza del pensiero di centinaia di autori, appartenenti alle discipline più diverse. Siccome li ho studiati abbastanza bene, e possedendo una buona memoria, almeno fino a ora, sicuramente le cose che scrivo sono da loro influenzate, e quindi può succedere che accada che io possa riportare concetti espressi da qualcuno di essi, a seconda del tema che mi sto occupando.

Ad esempio, se leggi che il mio intervento è all’interno della zona di sviluppo prossimale è evidente che sto utilizzando un principio di  Vygotskj, e così come se parlo di enazione, il riferimento è Varela. Ma niente di più. Però, ti faccio notare che di queste cose mi occupo almeno da 40 anni, già dal giorno in cui sono intervenuto nel primo collegio dei docenti.

Sono approdato nei ruoli dell’insegnamento della educazione fisica perché vincitore del concorso ordinario, dove nel 1982 sviluppai la seguente  traccia: “Processi e tappe fondamentali dell’apprendimento motorio e collegamenti della motricità con l’area cognitiva, affettiva e sociale della personalità”.

Lì è stata la prima volta dove ho parlato di sistema e complessità, partendo addirittura dal contestare il termine “collegamenti” che mi sembrava riduttivo rispetto alle evidenze culturali e scientifiche che si stavano affermando nel panorama culturale internazionale, e che piuttosto dovesse essere più pertinente  parlare di “interazione reciproca”. Su questo assunto impostai la trattazione della traccia. Il compito piacque molto e gli fu riconosciuto il massimo del punteggio (fummo in pochi in Italia in quel concorso a raggiungere quel risultato).

Ebbene, in sede di colloquio, non appena presi posto davanti alla commissione, il Presidente esordì con questa affermazione: le abbiamo assegnato il massimo del punteggio perché il compito è eccezionale, scritto benissimo, chiaro nella esposizione, ricco di termini inusuali per un diplomato Isef, lei ha copiato! Siccome, questa osservazione l’avevo prevista (proattività), avevo preparato un borsone pieno di libri. Lo aprii e dissi al Presidente: lei ha ragione, ho copiato da qui, e misi sul tavolo una decina di libri, e aggiunsi: lei in questo momento ha la possibilità di accertarsi se le cose che ho scritto le conosco, oppure le ignoro. Ebbene, dopo alcuni minuti, i membri della commissione nel suo complesso, smisero di pormi domande, e mi invitarono a delineare, secondo quello che avevo scritto, il futuro dell’insegnamento della disciplina.

Da lì è nato il tutto, chiaramente evolvendosi in continuazione, ma tenendo fermo l’orientamento. Entrando nel campo calcistico, ti dico che ho sempre lavorato così, e che è dal lontano 2010 che tratto queste tematiche sui social. Ora, se adesso sono in tanti, alcuni molto bene, a occuparsi di questi temi, non può che farmi piacere, significa che avevo visto giusto.

E come succede spesso, quando il livello si eleva, si possono trovare le medesime cose in autori diversi. La spiegazione sta nel fatto che si attinge dalle medesime fonti. Per quanto mi riguarda, quello che scrivo sicuramente è stato affermato prima di me da decine di filosofi, moltissimi psicologi, numerosi pedagogisti, svariati neuroscienziati, e mi fermo qui, e di questo non ci posso fare nulla.

“Io ho solo cercato, umilmente, di farli “scendere in campo “

2 risposte

  1. Esempio concreto di come nella vita non ci si ponga limiti e si possa sempre “andare oltre”. L’evoluzione continua e continuerà sempre: il Mister Di Pasquale non fa sue le teorie degli altri, ma le studia,le analizza e le porta sul campo. Spesso ci fermiamo a leggere, ma difficilmente applichiamo nella nostra quotidianità quanto apprendiamo perché abbiamo i nostri metodi abituali. Complimenti Mister 🔝👏🏻

  2. Conoscere, comprendere, valutare, applicare, analizzare, creare ( Bloom). Probabilmente è eccessivo affermare di possedere ” una propria idea” circa il gioco del calcio, perché la realtà che ci circonda è così interconnessa da risultare ” contaminata”, specie adesso che le cosiddette “idee” circolano prepotentemente. Premesso questo, ritengo che le prima operazioni da compiere siano quelle di ” comprendere” e di “valutare ” ( pensiero critico). Dopodiché, verificare se quello che intendo proporre sia compatibile ( contestualizzazione) con il gruppo dei giocatori che si ha disposizione ( possibilità o meno della sua applicazione). Perché per essere convincenti bisogna dimostrare che quelle idee funzionino, ( sollecitazione della motivazione intrinseca ) cioè sono in grado di fare esprimere al massimo le potenzialità dei calciatori che si ha a disposizione ( i latini affermavano: mutatis mutandis ( che non è una brutta parola), cioè, tener conto delle circostanze. Come sempre, occorre tener conto della ” complessità “, che ricordiamo genera specificità e diversità.Probabilmente, è preferibile proporre idee che funzionino, piuttosto che ” incaponirsi” di realizzare a tutti i costi quelle che, seppure straordinarie, appartengono a quel gruppo e solo a quello.E questo già è importante per esprimere una propria ” autonomia Seppoi, tutto questo discorso lo mandiamo” in campo” probabilmente che sarà capitata anche a voi circa la domanda: mister ma quello che fate è roba vostra? ( prosaico assai, ma rende perfettamente l’idea). A tal proposito, quante volte ci sarà stato detto dai nostri giocatori, specie adesso nell’epoca dei social, che quello che stiamo proponendo l’hanno già visto da qualche parte? Secondo me, spesso. E quindi? Io penso che non dovremmo preoccuparci più di tanto, purché si sia in grado di padroneggiare l’attività. Ebbene, ammettiamo che alcune proposte ci convincono, perché non utilizzarle anche noi? E qui casca l’asino, con il rischio di farsi molto male. Certo, ma abbiamo compreso perfettamente di cosa si tratta? Siamo sicuri che qualora dovesse emergere un problema, siamo in grado di affrontarlo? Sappiamo intervenire con i feedback giusti? O aumentiamo ancora la confusione? E qui entra prepotentemente tutto un altro discorso, strettamente connesso agli altri: come interveniamo? Su quali aspetti concentriamo la nostra attenzione se i ragazzi incontrano difficoltà? E ammettiamo che abbiamo intuito che la causa primaria non sia il perché? Il dove?Il quando? Ma il come? (tecnica/motricità), siamo in grado di scendere nel dettaglio? Inoltre, grazie dei complimenti

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