ALLENARE ORIENTATI DAL DESIDERIO.

Intrecciare sguardi e conoscenze nei processi di apprendimento.

Nel 2000 Jean-Luc Nancy scrisse un saggio dal nome L’Intruso.

Il filosofo francese parla di sé come se fosse un trapiantato di cuore e riflette sulle possibilità di non avere più il suo cuore e sulle difficoltà che ne potrebbero scaturire. La medicina ci insegna, che affinché un trapianto di cuore sia possibile, bisogna scongiurare la crisi di rigetto. Perché ciò non avvenga, è necessario abbassare le difese immunitarie: questa è la condizione per consentire alla vita di continuare a vivere.

Solo rinunciando a qualcosa e concependo in altro modo i confini, possiamo continuare a vivere.

Il saggio del filosofo francese mi ha portato a riflettere sul grande intruso che genera confusione, caos e frastuono nei processi di apprendimento: il rischio.

Non amo le dicotomie, ma temo che nei luoghi dove i giovani dovrebbero diventare gli adulti del domani in qualità di persone e sportivi migliori, ci sia una tendenza probabilmente inconscia a ostacolare l’apprendimento abusando del termine rischio.

Si è sviluppata la consapevolezza che rischio sia sinonimo di incertezza, questa condizione è entrata prepotentemente nelle organizzazioni ed è l’esito di visioni individuali.

La conoscenza dev’essere quindi divulgata come bene comune, per favorire e promuovere un noi che permetta all’io di nutrirsi e fiorire.

Non esiste un io costituitosi in precedenza. L’io esiste soltanto nelle sue relazioni con gli altri e grazie ad esse. Intensificare lo scambio sociale significa intensificare l’io. Tzvetan Todorov 1998

Addentrandoci nella nostra sfera ambientale calcistica, chi di noi non ha mai sentito dire da un collega:

“Io voglio costruire dal basso, ma non voglio rischiare di prendere gol”

“Non abbiamo qualità e quindi non rischiamo con tutti quei passaggi dentro il campo”

Sono solo due esempi di infinite frasi e citazioni che quotidianamente avvolgono gli ambienti sportivi giovanili, che dovrebbero essere luoghi di apprendimento e crescita.

Prima di provare a orientare l’allenatore in una dinamica del desiderio che non si allontani dal rischio, ma lo accolga, lo dilati, lo viva come necessità di metamorfosi individuale e collettiva e lo trasformi non solo in opportunità ma in punto di forza, vorrei provare a rispondere alle frasi riportate dai colleghi sopra, provando a riflettere da una prospettiva antropologica e sociologica dell’apprendimento:

Proprio perché non vi è grande abilità tecnica che dobbiamo ricercare un calcio associativo che provi a costruire e mantenere il possesso per quanto possibile, ciò implica un coinvolgimento attivo dei bambini/ragazzi all’interno della proposta di gioco, implica una continua stimolazione dei processi decisionali che attivano i processi cognitivi dell’apprendimento e per ultimo, una reale conoscenza dell’errore come alleato del miglioramento, allontanando così la sensazione iper-negativa del rischio. Questo ci permette di restare fedeli alla nostra missione di allenatori e formatori: generare apprendimento.

Come possiamo migliorare le squadre e i singoli giocatori se non siamo mossi dal desiderio di essere agenti di cambiamento, se non siamo consapevoli di poter essere differenziali di sviluppo nel percorso dei giovani?

Credo che sia necessario operare orientati dal desiderio come spinta vitale, che porti a sconfinare dai paradigmi mentali, a ricercare collegamenti con gli altri, promuovendo cambiamenti reali.

Massimo Recalcati mette in rilievo due aspetti importanti del desiderio:

Il primo aspetto è il principio di moto. Il desiderio è qualcosa che mette in movimento, la caratteristica principale è precisamente innescare il movimento. Se la vita è in movimento significa che il desiderio è operativo. Se la vita è bloccata, ferma e chiusa, significa che c’è un problema a livello di desiderio.

Il secondo aspetto riguarda la forza dinamica, il desiderio è una forza che espande il campo. Il desiderio dilata l’orizzonte del mondo. Quando facciamo esperienza del desiderio, facciamo esperienza come di un mare aperto.

Noi allenatori, educatori e formatori che amiamo semplicemente il nostro lavoro, conosciamo anche un’altra esperienza del desiderio.

È il desiderio di assoluta pienezza; io desidero fare quello che sto facendo, nient’altro di più.

Il desiderio come capacità di realizzazione continua, come capacità di stare in modo generativo nelle situazioni di crescita, come capacità di creare problemi che possano aiutare la comprensione e l’implementazione delle abilità dei giovani calciatori.

Dobbiamo farci ispirare da un forte desiderio che veda protagonisti i nostri giocatori, che li veda attivamente coinvolti e intellettualmente persuasi da un’idea di emancipazione culturale, perché possano attraverso il calcio diventare ciò che potenzialmente sono destinati a essere. Non significa che siano tutti in grado di diventare calciatori professionisti, ma tutti possono accrescere le loro abilità.

È solo attraverso una proposta di gioco coraggiosa, che desidera essere protagonista con la palla e lo spazio, concentrandosi principalmente sui propri valori e sul potenziale umano collettivo che è possibile estendere un cambiamento progressivo e non regressivo. Perché questo modo di concepire il calcio come strumento per trasformare le vulnerabilità in superiorità morali è ancora poco compreso e apprezzato, perché non è così immediato l’esito ma dal mio punto di vista, è la via più affascinante e utile per i giovani.

Dev’essere quindi, portata avanti e difesa con forza, coerenza e profonda certezza.

Riassumendo, la dicotomia tra rischio e apprendimento non dovrebbe trovare spazio nella realtà dei contesti formativi.

Il grande metodologo Stefano Baldini riesce a “riassumere il riassunto” con questa frase: Dobbiamo giocare nel rischio.

Il processo di apprendimento e crescita passa inevitabilmente dalle difficoltà di dare origine ad un gioco associativo e propositivo, difficoltà che generano problemi più o meno complessi che hanno il ruolo di essere contesti di apprendimento, dove il giovane calciatore apprende la comprensione del gioco e sviluppa le sue abilità tecniche e motorie specifiche. Il fine ultimo è so-starenella complessità del calcio, citando un altro importante e influente metodologo Edgardo Zanoli.

Dobbiamo investire sul desiderio come forma più alta del dovere; il dovere di sapere e conoscere come creare contesti di apprendimento nell’agire quotidiano.

Quando si investe nel desiderio si investe nel futuro.

BIO: Riccardo Catto

  • Papà di due meraviglie; Andrea e Vittoria.
  • Marito di un splendida donna; Carlotta
  • Laurea in scienze dell’educazione
  • Tesi; Apprendimento Pedagogico
  • Master in Pedagogia Montessoriana
  • – Fc Torino Calcio season 2023/2024 Head Coach U15
  • -Youth Sector OfK Ostersund Consultant since 2022
  • – Fc Juventus Head Coach U14 2021-2023
  • – Fc Juventus Assistent Coach U15 2018-2021 
  • – Fc Ivrea 1905 Head Coach U19 2016-2018

7 Responses

  1. Ciao Riky, questo pensiero lo condivido da anni, e le frasi di cui parli le ho sentite all’interno delle società e spesso anche nei convegni, dove esce quasi sempre la problematica, che aggiungo alle tue due del “come faccio a far giocare e a proporre una certa filosofia di gioco e di allenamento se abbiamo il campo brutto, queste sono idee che possono permettersi i professionisti che hanno strutture e qualità negli interpreti…”
    Mi sono sempre opposto a questo ALIBI!!! e per far capire che non corrisponde a verità basterebbe far vedere un filmato che gira sui social dove si vedono ragazzini africani che fanno un fantastico e armonioso gioco di possesso su un pezzo di terra con buche e pozze d’acqua.
    Noi che operiamo con i dilettanti ci troviamo spesso in campi “brutti” e giocatori con basi approssimative, ma questo non deve essere un problema. L’obiettivo è partire da uno stato e nel corso dei mesi migliorarlo. Ed è proprio nella squadra e nel lavoro complesso di gruppo che ora dopo ora, mese dopo mese andiamo a migliorare anche il singolo. Ma la cosa incredibile, che noi cerchiamo di far capire ai ragazzi, è che mentre il tempo migliorerà le competenze individuali, sarà la squadra con la sua organizzazione, saranno le relazioni e le interazioni umane e tecniche tra i giocatori, sarà la scelta di un certo tipo di gioco e la ricchezza della VITA che trascorriamo insieme che gli permetterà di GIOCARE ugualmente ma sopratutto efficacemente, spesso divertendosi. Non parliamo di vincere o perdere, parliamo di un percorso in cui i miglioramenti tangibili riscontrati nel tempo, che passano attraverso gli errori e le difficoltà, diventano la vittoria più importante. E spesso diventano la base fondamentale per i buoni risultati sportivi futuri. Abbiamo lavorato con gruppi di tutti i livelli e possiamo affermare che TUTTI alla fine sono riusciti ad esprimere un’identità ed una qualità di gioco interessante. Ci sono alcune parole che secondo noi aiutano il percorso, CORAGGIO, ENTUSIASMO, COMPETENZA e PAZIENZA! Per questo sposo in pieno la tua riflessione. Il DESIDERIO è fare questo percorso e scoprire senza paura ogni volta nuovi modi e nuovi mondi. Un abbraccio Luca Contiero.

    1. Ciao Luca, ti ringrazio per il contributo e lascio a Ricky la risposta.Se vuoi nel blog c’è un articolo scritto da Stefano Baldini lo scorso aprile, nella sezione di metodologia, dal titolo “Adattamento, variabilità, apprendimento”, in cui sono presenti video che ci mostrano come le superfici di gioco non possono considerarsi un alibi. A presto. Un abbraccio.

    2. Grazie Luca per il tuo pensiero, nelle serate formative parlo del PREGIUDIZIO DI GIUSTIFICA ed e’ il linea con la cultura dell’alibi.

      Purtroppo il contesto sportivo in cui agiamo è sommerso da questa cultura e da questo pregiudizio, noi non possiamo fare altro che divulgare un cultura diversa e allenare i giovani ad avere sempre di più un DESIDERIO di CONQUISTA piuttosto che un atteggiamento di ASPETTATIVA (mi aspetto che gli altri facciamo questo, che il mister mi faccia giocare ecc.).

      Perché il DESIDERIO ti spinge a MUOVERTI per CONQUISTARE gli OBBIETTIVI, l’aspettativa di tiene immobile ad osservare e giudicare gli altri.
      Questo VALORE dev’essere trasformato in FORZA COLLETTIVA che ALIMENTA IL SINGOLO.

      A presto 😊

  2. Che lettura stimolante e ricca di riferimenti per continuare il percorso di crescita individuale a 360 gradi con riferimenti al di fuori della sfera calcistica, ma fondamentali per influenzarla in modo determinante
    grazie

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