TOMMY SMITH: MISTER LIVERPOOL.

Non me lo sarei mai aspettato da lui.

Ci conosciamo da tredici anni.

Sono arrivato qui che ero un ragazzino. Ho sempre tifato Liverpool e quando del 1960 entrai nelle giovanili del Club mi sembrava di sognare!

Bill Shankly era arrivato da poco più di un anno.

Eravamo ancora in Seconda Divisione ma non c’era una sola persona in tutto il Club che non fosse rimasta stregata dalla sua passione, dal suo carisma e da quell’incredibile entusiasmo che aveva e che sapeva trasmettere. Dall’ultimo ragazzino delle giovanili fino al giocatore più esperto e navigato della prima squadra.

Quando ti parlava ti faceva sentire un leone. Saresti andato in guerra per lui. Sentivi che quello che ti diceva si sarebbe realizzato.

«Figliolo, riporteremo il LIVERPOOL FOOTBALL CLUB dove merita di stare: in cima alla fottuta First Division!»

Fu di parola e in meno tempo del previsto.

Il Liverpool F.C. tornò in First Division al termine della stagione 1961-1962 e due anni dopo, nel maggio del 1964, diventammo Campioni d’Inghilterra, esattamente come aveva promesso Shanks.

Io dalla stagione successiva entrai definitivamente nei titolari, prima giocando a centrocampo e poi stabilmente al centro della difesa.

Nel 1970 diventai capitano del Club. Non riesco ad immaginare un onore più grande. Con quella fascia addosso mi sentivo un gigante, invincibile e insuperabile.

Con quella fascia al braccio accompagnai fuori per primo i miei compagni a Wembley nella sfortunata finale di FA CUP del 1971. Perdemmo ai supplementari con l’Arsenal, ma con quella fascia da capitano due anni dopo sollevai due trofei nel giro di poche settimane: il nostro 8° titolo di campioni di Inghilterra e la Coppa Uefa, dopo una bellissima vittoria contro i tedeschi del Borussia Monchengladbach.

Sono passati solo pochi mesi da quei trionfi ma sembrano secoli. Due settimane fa, per la prima volta dopo più di 8 anni, non ho giocato da titolare.

Eravamo ad Highbury per una partita contro l’Arsenal. Shankly non mi ha messo tra i titolari e neppure in panchina. Per la prima volta, per scelta tecnica.

Non potevo crederci. Senza una parola, una spiegazione, un motivo…

Mi sono alzato, ho preso la mia borsa e sono tornato a Liverpool in treno. Guardare i miei compagni giocare non fa per me.

E poi dovevo uscire alla svelta da quello spogliatoio… perché avevo le lacrime agli occhi.

Si, io, Tommy Smith il “duro”, “l’Iron Man” come mi chiamano in giro per gli stadi del Paese, che stava per piangere come un bambino.

Ancora fuori squadra la settimana successiva in Coppa dei Campioni contro la Stella Rossa, e poi il sabato successivo contro il Wolverhampton e anche quello dopo contro l’Ipswich Town.

Credevo che peggio di così non potesse andare.

Invece mi sbagliavo.

Oggi mi ha chiamato al telefono Tony Waddington.

Me lo ha detto lui chi era, io non ne avevo proprio idea. È il fottuto manager dello Stoke City.

Mi ha detto: «Mi sono accordato con Shankly per averti qui in prestito da noi allo Stoke, figliolo».

Ho preso la macchina, ho guidato come un pazzo e sono arrivato qui a Melwood, al nostro campo di allenamento. Ho cercato Shanks, giurando a me stesso di stare calmo, di non perdere il controllo con quel piccolo brutto bastardo scozzese.

Era là, tranquillo come un angioletto, nel suo ufficio, alla sua fottuta scrivania.

«Ciao Tommy, come va, figliolo?” mi dice Shankly appena metto piede nella stanza.

«Secondo lei come va Boss? Ho appena saputo che mi vuole scaricare come una bottiglia di whisky vuota» gli dico cercando di controllare la rabbia.

«Ma figliolo, è solo per un mese. Tu vuoi giocare e non ti va di stare a guardare. Me lo hai detto tu stesso. Allo Stoke potrai giocare. Non è quello che volevi Tommy?» mi chiede Shankly

«No, Boss. Quello che voglio è giocare per il Liverpool Football Club. Questa è la sola cosa che voglio …»

Tommy Smith starà fuori una sola partita dopo la discussione nell’ufficio di Bill Shankly.

In quella partita Chris Lawler, il terzino destro titolare, subirà un grave infortunio al ginocchio. Shankly opterà proprio per Tommy Smith come sostituto e questi conserverà il posto per il resto della stagione.

Stagione che si rivelerà di svolta nella storia del Liverpool Football Club, di Bill Shankly e di Tommy Smith.

Il 4 di maggio di quel 1974 il Liverpool vincerà il suo trofeo “maledetto”, la FA CUP, dopo aver annichilito con un secondo tempo giocato a livelli assoluti, il Newcastle di “SuperMac” Malcolm Macdonald.

Il 12 di luglio di quel 1974 Bill Shankly annuncerà le sue dimissioni da allenatore del Liverpool e si ritirerà a vita privata, fra l’incredulità e le lacrime dei tifosi dei Reds.

Tommy Smith, con l’arrivo di Bob Paisley, fino ad allora braccio destro di Shanks, vedrà ancora più limitate le sue presenze in prima squadra dovendo accettare addirittura un trasferimento in prestito nel calcio statunitense, all’inizio della stagione 1975-1976.

Ma Tommy non molla, non ha mai mollato.

Rientrerà nella seconda parte della stagione, in tempo per alzare un altro trofeo con i Reds: quello della Coppa UEFA, vinta contro il belgi del Bruges, giocando entrambe le partite da titolare… stavolta come terzino sinistro al posto dell’infortunato Lindsay.

Non sarà però l’ultimo trofeo per Tommy.

Dopo aver annunciato che la stagione 1976-1977 sarà la sua ultima con i Reds, Tommy rimane ai margini della prima squadra per due terzi della stagione.

Ma ancora una volta, ad un altro infortunio di uno dei titolari (stavolta il giovane difensore centrale Phil Thompson) Smith si farà trovare pronto, tornando finalmente nel suo vecchio ruolo al centro della difesa dei Reds.

Sarà un finale di stagione incredibile e per Tommy Smith sarà anche il miglior modo di accomiatarsi dal fantastico popolo del Liverpool, che mai gli ha fatto mancare apprezzamento, stima e supporto.

Prima conquistando il titolo di Campione d’Inghilterra, perdendo poi la finale di FA CUP contro il Manchester United ma trionfando, per la prima volta nella storia del Liverpool Football Club, nella Coppa dei Campioni battendo in finale il Borussia Monchengladbach per 3 a 1 nella finale di Roma.

… con Tommy Smith autore del secondo e decisivo goal.

A quel punto Tommy Smith decide di posticipare di una stagione l’addio al Liverpool. Giocherà anche nella stagione 1977-1978 ma a causa di un infortunio domestico perderà la possibilità di giocare la seconda finale di Coppa dei Campioni consecutiva dei Reds, vinta stavolta a Wembley contro i belgi del Bruges.

Al termine di quella stagione Smith tornerà negli Stati Uniti, stavolta nei Los Angeles Aztecs, prima di tornare in patria all’inizio della stagione successiva.

Ad attenderlo c’è il vecchio amico e compagno di squadra John Toschack, diventato nel frattempo manager dello Swansea. Tommy giocherà con i gallesi la sua ultima stagione da professionista, contribuendo in maniera decisiva alla Promozione del Club dalla terza alla seconda divisione.

ANEDDOTI E CURIOSITÀ

«Tommy, togli quella cazzo di fasciatura da quel ginocchio!»

«E poi cosa vuol dire “il mio ginocchio”? Quel ginocchio non è tuo. È del Liverpool Football Club!»

Questa è solo una delle innumerevoli discussioni intercorse in quasi quindici anni di convivenza nel Club di Anfield Road tra Tommy Smith e Bill Shankly.

Due personalità forti, determinate, passionali. Due caratteri duri come il marmo, testardi ma profondamente onesti, che hanno contribuito, il primo al centro della difesa dei Reds e il secondo dalla panchina, a riportare il Liverpool ai vertici del calcio inglese.

«Tommy Smith non è nato … è stato ESTRATTO» disse di lui una volta proprio Bill Shankly per confermare che nella sua durezza, nella sua scorza indelebile e inossidabile c’era poco di umano e molto di… “minerale”!

Tommy arriva ad Anfield a soli quindici anni, nel 1960, l’anno dopo la morte del padre.

Per lui, come per tutti i ragazzi delle giovanili di allora c’è il campo di allenamento, ci sono le partite e ci sono i compiti “collaterali” come pulire gli scarpini di uno dei giocatori titolari, verniciare i seggiolini di Anfield e qualche volta pure andare a dare una mano in giardino a Shankly.

Che però questo ragazzo sia tosto davvero il grande Bill se ne accorge ben presto. Inizia come attaccante e subito attira l’attenzione di “Shanks” per la sua forza fisica e la sua elevazione.

Salta in pratica dalla squadra giovanile fino alla squadra “Riserve”, ovvero la seconda squadra dei Reds, quella che fa da serbatoio per la prima squadra.

Quando Shankly lo fa esordire in prima squadra nel maggio del 1963, Tommy Smith ha appena compiuto diciotto anni. Esordisce in una partita casalinga, vinta nettamente per 5 a 1 contro il Birmingham, entrando nel finale di partita… come attaccante al posto di Jimmy Melia!

Dopo quell’incontro Tommy torna nelle riserve per una stagione intera, ma fin dalle prime battute della stagione 1964-1965 entrerà stabilmente nella squadra titolare. Inizialmente giocando in diversi ruoli (a centrocampo e anche terzino) per poi trovare stabilmente posto al centro della difesa del Liverpool, a fianco del gigantesco Ron Yates

«Yates era un fenomeno. Un fisico incredibile, insuperabile nel gioco aereo e per niente lento nonostante la stazza. Aveva un problema però; il piede destro non lo usava praticamente mai. Quando Shankly mi mise in squadra me lo disse chiaramente: “Figliolo, tu da ora in poi sarai il piede destro di Yates”».

La maglia numero 4 al centro della difesa dei Reds divenne praticamente di proprietà di Tommy.

A fine stagione arriva la tanto bramata FA CUP, la prima nella storia del glorioso Club di Anfield.

Un altro titolo arriverà nel 1966, poco prima dei Mondiali inglesi e un altro al termine della stagione 1972-1973 che, come già detto, sarà lo stesso Smith ad alzare al cielo come capitano.

Poi qualcosa cambia nelle gerarchie di squadra e nella considerazione di Shankly.

Emlyn Hughes prima diventa il capitano del team e poi sempre più spesso viene impiegato al centro della difesa, a scapito di Smith.

Smith, come già detto, non mollerà e addirittura quattro anni dopo sarà ancora protagonista di una delle vittorie più importanti, belle e significative della storia dei “Rossi del Merseyside”: la Coppa dei Campioni vinta all’Olimpico contro i tedeschi del Borussia Monchengladbach.

Suo il bellissimo e decisivo secondo goal dei Reds in quella meravigliosa notte romana.

A Liverpool Shankly e Paisley forgiano con grande facilità Smith. È curioso, serissimo negli allenamenti e smanioso di imparare.

Una delle frasi preferite di Shankly ai suoi difensori prima dell’inizio del match era “rattle his bones” in pratica “scuotigli le ossa!”, che voleva dire sostanzialmente “fatti sentire quando entri in tackle”. Ricorda Shankly:«Tommy Smith ci prese in parola fin dall’inizio! Il ragazzo non aveva paura nemmeno del diavolo!»

La parte negativa della cosa, come racconta lo stesso Smith, è che molto spesso gli capitava di imbattersi in bulletti che, a causa della sua reputazione di duro, lo sfidavano in situazioni sociali e comunque fuori da un campo di calcio. La cosa andò avanti per parecchio tempo fino a quando, in un pub di Liverpool, Smith non decise che ne aveva abbastanza e accettò di battersi con il “duro” del locale.

«Andò talmente tante volte per terra che il pavimento del pub luccicava!» disse Smith subito dopo il “duello”.

«Mi chiedono spesso se c’è qualcosa che mi dà particolarmente fastidio: beh sì, una c’è. Che quasi sempre io venga ricordato, oltre che per il goal in finale di Coppa dei Campioni, solo per il fatto che ero un duro, un picchiatore. Non avrei giocato più di 600 partite nel Liverpool con due fantastici managers come Shankly e Paisley se fossi stato solo questo!» ricorda con astio Smith.

Infortunarsi mentre giocavi per il Liverpool in quegli anni non era una cosa semplice.

Non solo c’era l’atteggiamento di Shankly, che non sopportava lamenti e piagnistei, qualunque fosse la gravità dell’infortunio, ma c’era un altro problema ben più grave. La voce che girava tra i giocatori era “se devi farti male fai in modo che succeda prima dell’intervallo, perché dopo il medico del Liverpool è praticamente sempre ubriaco!”

Smith ne fu testimone involontario. Ad Anfield, durante un match di Coppa della Coppe contro gli svizzeri del Servette, Smith dopo un tackle si ritrovò con un taglio sullo stinco talmente profondo che si vedeva l’osso della tibia. Arbitro e avversari impallidirono alla vista mentre dalla panchina dei Reds incitavano Smith a continuare comunque.

Quando fu chiaro che non c’era altra scelta che sostituirlo, Smith venne accompagnato negli spogliatoi per farsi vedere dal medico del Liverpool. Purtroppo per Tommy, però, il match era già a metà della ripresa.

Il medico del Liverpool dopo aver informato Smith che aveva a disposizione solo 6 punti per suturare la ferita (in pratica uno ogni 3 centimetri) trovò la soluzione al problema. Chiamò un inserviente chiedendogli di portare due bicchieri di brandy.«Ti farà bene, Tommy, e il dolore ti passerà» gli disse … prima di scolarli entrambi davanti ad uno sconcertato Smith.

Oggi, a settantaquattro anni, Tommy Smith è a tutti gli effetti un “iron man”. Placche di acciaio nelle ginocchia entrambe ricostruite, in un’anca e ad un gomito. Come ricorda spesso la moglie Sue:«Riesce a far suonare un metal-detector a decine di metri di distanza!»Tuttavia, alla domanda se ne è valsa la pena di ridursi così per il Liverpool Football Club, Smith non ha un secondo di esitazione: «Certo! Lo è stato per i compagni, per i tifosi e per tutti i trionfi che abbiamo avuto. Il calcio e il Liverpool sono stati la mia vita per diciotto anni. Non rimpiango nulla: rifarei tutto allo stesso modo».

Infine, la perla assoluta.

Ad Anfield Road arriva il Tottenham. Al centro dell’attacco c’è il grande Jimmy Greaves. Una manciata di secondi dopo il fischio d’inizio Tommy Smith si avvicina  a “Greavsie” e gli consegna un foglietto di carta.

Greaves guarda Smith stupito. «Cosa devo farci con questo?» chiede l’attaccante degli Spurs.

«Leggilo!» gli dice impassibile Smith.

Greaves legge e poi guarda Smith.«Scusa, ma cosa ci faccio io con il menu dell’ospedale di Liverpool?» chiede sempre più stupito.

«Conservalo!» gli risponde Smith «È il posto dove sarai stasera a mangiare»…

Questo, Signori, era Tommy Smith.

BIO: Remo Gandolfi e’ nato e vive a Parma. Ha gia’ 7 libri all’attivo tra i quali il fortunato “Matti, miti e meteore del futbol sudamericano”. Ha una rubrica fissa sul popolare Calciomercato.com (“Maledetti calciatori”) e con gli amici di sempre gestisce un blog www.ilnostrocalcio.it . Quanto all’amato pallone, e’ profondamente convinto che la “bellezza” e “il percorso” contino infinitamente di piu’ del risultato finale.

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