ELOGIO A MISTER PIOLI.

Era praticamente un ex: già esonerato, allontanato, ritenuto non idoneo al progetto varato dalla proprietà, preventivamente inquadrato quale traghettatore sin dai primi battiti di tempo in quel di Milanello, con Rangnick pronto a subentrare sulla panchina del Milan in virtù del suo pedigree presuntivamente ideale a far crescere un progetto basato sui giovani. Già.

Spaccature in società, personaggi di spicco che preferiscono interrompere la collaborazione e lui, Stefano Pioli, imperterrito e professionale quasi gli avessero comunicato un rinnovo pluriennale.

Il Milan che torna a vincere lo scudetto nel corso della stagione passata parte da lì, dalla serietà lavorativa di un uomo che intraprende un percorso utopistico  proprio nel momento in cui utopico era supporre che il percorso potesse concretizzarsi. Un lavoro di due anni, quasi oniricamente concepito proprio nel momento  in cui, di onirico, in piena pandemia e senza certezze alcune principalmente dal punto di vista umano, vi era realisticamente ben poco: un crescendo esaltante, per risultati e contenuti, nonostante partenze, smorfie sulle concrete possibilità che il club potesse tornare ad alti livelli, innanzitutto, preliminarmente, fra i confini nazionali. Una sensazione di complessiva sfiducia atmosfericamente acuita dalle dipartite di Donnarumma e Calhanoglu nonostante il ritorno in Champions League a distanza di otto anni, con il secondo posto conquistato in quel di Bergamo all’ultima giornata.

Pioli, però, quasi avvolto da un’impenetrabile velo di imperturbabilità prosegue, conduce, indirizza, esalta, sforna idee, cresce facendo crescere, eleva a categorie superiori elementi acquistati solo nella speranza che un giorno potessero essere da Milan: Kalulu che da oggetto misterioso assume le fattezze di cardine, Theo che assurge a devastante fattore nonostante fosse stato sostanzialmente scartato dal Real Madrid alla stregua di Brahim Diaz, Tomori che, da superfluo compositore della difesa del Chelsea costituisce con Kjaer, precedentemente ritenuto non all’altezza da Gasperini per la sua Atalanta, la cerniera difensiva che, per ridestare immagini attuali, è stata ammirata ad annullare Osimhen nel recente scontro contro il Napoli successivamente al quale, dopo sedici anni,  il Milan è ripiombato fra le quattro migliori compagini del panorama continentale; Tonali che, dopo una stagione di apprendistato, diviene condottiero possente della mediana, coadiuvato, con compiti e competenze territoriali e concettuali di volta in volta differenti ( da cui l’elevata sottolineatura della capacità di Pioli di gestire il materiale umano a disposizione nel migliore dei modi attraverso notevoli espressioni concettuali in base a finalità concernenti l’armonica disposizione della squadra), da Bennacer e Krunic ( sul quale è doveroso spendere alcune parole relativamente all’incredibile intelligenza tattica che lo ha reso un elemento fondamentale dello scacchiere meneghino, indipendentemente dall’essere impiegato da trequartista, mediano, regista davanti alla difesa, in alcuni casi addirittura esterno alto e, dulcis in fundo, terzino destro).

O altresì Messias, che, per restare in ambito favolistico, arriva ad indossare la maglia di uno dei club più importanti a livello planetario dopo un percorso che di utopistico ha di base la preliminare e fantasiosa soglia di  favolistica, anche solo, supposizione.

Un mirabile percorso emotivo ancorchè tecnico-tattico di rilievo assoluto, che riconduce i rossoneri, a distanza di undici anni, a cucire sulle maglie il diciannovesimo tricolore. Pioli conosce bene le economicamente circoscritte possibilità della società e dopo il trionfo, nonostante gli introiti garantiti dalla partecipazione alla massima manifestazione continentale, pur perdendo un giocatore fra i più determinanti per caratura e peso nello spogliatoio come Kessie (ago della bilancia dal punto di vista tattico nella sua ultima, passata, annata nel capoluogo lombardo, in virtù della suddetta, conclamata, visione di Stefano Pioli nell’inquadrare, sulla trequarti, elementi dalle caratteristiche differenti e conseguentemente prettamente funzionali a logistiche concettuali e territoriali peculiari), riceve in “dono” altri elementi da far crescere e da valorizzare, compreso lo strapagato De Kaetelare, presunto fiore all’occhiello di una squadra che, in ogni caso, in quel ruolo, poteva già contare su Brahim Diaz, Krunic, potenzialmente, all’occorrenza, su Rebic e sull’idea, poi concretizzatasi, di Bennacer, nonchè contemplare l’incompreso e forse preliminarmente penalizzato Adli, o ancora sul ritorno di Pobega che, anche strutturalmente, avrebbe potuto adempiere a taluni compiti che l’interpretazione del ruolo, nell’ottica di Pioli, deve assolvere.

Un mercato col senno di poi quanto meno rivedibile, che ha investito di maggiori responsabilità, ulteriormente, coloro che erano già stati protagonisti della cavalcata tricolore.

Nel peggior momento degli ultimi tre anni solari, frastornato da sconfitte inaspettate, incredibilmente troppo repentinamente privo delle prerogative risultate decisive nelle vittorie, fragile caratterialmente, tatticamente sedicente, collettivamente smarrito ed individualmente involuto, Pioli, per far fronte all’inconcepibile tracollo che sembrava aver velocemente annientato per personalità e dettami di gioco, compattezza e identità, l’armonica e granitica creatura modellata nel corso di un biennio, ha deciso di modificare l’assetto passando ad uno schieramento, sempre elastico per concetti e dinamiche, che prevedeva la difesa a tre, concepibile ma oltremodo penalizzante per Leao, costretto a spostare il proprio raggio d’azione all’interno del terreno di gioco, risultando, va da sé, meno devastante, se non addirittura sommariamente insufficiente.

La sensazione è che in quel momento le conseguenze abbiano, paradossalmente, preceduto le cause: è come se pian piano il Milan avesse deciso di mutare aspetto senza accorgersi di interrompere un processo evolutivo (successivamente riacquisito con il ritorno al caro 4-2-3-1, seppur per principi lievemente differente dall’abito tricolore) quasi imbattendosi in idee non collimanti con la struttura della rosa nè, tantomeno, con la certificata capacità di trarre dalle certezze la forza per proseguire un chiaro percorso.

Necessario un cambio di sistema di gioco? Necessarie rivisitazioni nella proposta e nella difesa?

L’idea di Stefano, verosimilmente, è stata quella di consolidare quasi forzatamente un “piano B” che potesse far fronte alle incertezze autoritarie derivanti dall’assenza di Maignan e da fattori temporalmente circoscritti, alla stregua di un volto nuovo da dare ad una squadra paradossalmente per elevare la conoscenza di sé stessa e ritrovarsi in quella forza mentale quasi ponendo, in quel momento, preventivamente, le basi per affrontare un periodo negativo la cui probabilità ha coinciso, quale ossimoro, con la sua creazione, passaggio preliminare indispensabile alla rinascita primaverile.

Ma la consapevolezza, l’autorevolezza direzionale, il pieno possesso della situazione e della gestione del materiale umano a disposizione, sapienza e sagacia nella conduzione e nella condivisione di idee, con una rosa importante ma con pochi elementi oggettivamente da poter catalogare fra quelli che “fanno la differenza” e che la differenza l’hanno fatta e continuano a farla, appunto, solo grazie al percorso utopisticamente intrapreso, non sono mai venuti meno: Pioli è l’emblema di un Milan che crede ed individua, che cresce facendo crescere, che è “allenato”, nel vero senso della parola, sul campo e nei concetti, nello spirito e nel cuore e non attraverso frasi fatte, vuote di contenuti, tipiche di chi non riesce a rivestirsi della grandezza del protagonista assoluto dello scorso tricolore e dell’attuale percorso in Champions League: Stefano Pioli, emblema di equilibrio, lungimiranza, serietà, competenza e professionalità.

ANDREA FIORE, con DIEGO DE ROSIS, gestisce la pagina INSTAGRAM @viaggionelcalcio

Una risposta

  1. MISTER PIOLI UN GRANDE SIGNORE DENTRO E FUORI AL CAMPO.CI HA FATTO RIEMOZIONARE E VIVERE DELLE GRANDI EMOZIONI DOPO TANTO TEMPO.

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