“Massimo!.. tu non potrai mai giocare in una squadra, corri bene…ma controlli male il pallone!” Avevo poco più di dodici anni quando nella squadra parrocchiale di San Tito, quartiere Ostiense della capitale, uno pseudo allenatore dal nome fortunatamente dimenticato ed esprimendo sicuramente la parte peggiore della sua stentata arte tecnico – maieutica, raggelò le timide speranze del sottoscritto che avrebbe ambito, da tifoso rossonero quale già era a quei tempi a Roma, imitare le movenze di gioco impreziosite dalle rapide folate con tanto di virtuoso salto dell’uomo di un certo Bruno Mora, ala destra 24nne e parmense di nascita acquistata dalla Juventus nel 1962 e che rimase al Milan per sette stagioni collezionando 116 presenze realizzando 26 reti (nella Nazionale 21 presenze, 4 gol) ed infine vantando un invidiabile Palmares a cominciare dalla Coppa Italia conquistata all’Olimpico nel 1967 battendo in finale il Padova cui fece seguito l’anno seguente il nono Scudetto dei Rossoneri ed il primo del Milan guidato dal Paron Nereo Rocco tornato a sedersi in panchina e che tra l’altro fu il primo del dopoguerra ad essere conquistato in un campionato a sedici squadre con 46 punti, dove fu letteralmente trascinato dai 15 gol realizzati da uno scatenato e capocannoniere Pierino Prati rimarcando un distacco di ben 9 punti sul Napoli secondo, e a seguire 10 sulla Juventus ed 11 sulla Fiorentina.
Ma a far da ciliegine su quella bella torta bisogna aggiungere le conquiste di due Coppe Campioni, la nostra storica e prima di sempre nel calcio italiano ottenuta con il gran Paron Nereo Rocco, il ventenne Gianni Rivera e l’inossidabile capitan Cesare Maldini il 22 Maggio 1963 nel leggendario stadio di Wembley a Londra contro il Benfica di Eusebio (doppietta di José Altafini) e la seconda del ’69 vinta per 4 a 1(con la mitica tripletta di Pierino Prati e Sormani) sconfiggendo il grande Ajax di Johan Cruijf al Santiago Bernabeu in una caotica, inverosimile bolgia di tifo rossonero che riuscì a riempire oltre i due terzi dello stadio madrileno.
Ma ad onor del vero l’allora innominato trainer di San Tito aveva in parte detto il vero (fatto salvo il pedestre linguaggio)…Massimo correva come una gazzella ma troppo spesso si trovava a combattere in una improvvisa ed inspiegabile dissintonia col pallone…ed in altri termini comprese (pur non nascondendo lacrime) che quell’odioso monito stesse come a descrivere una persona, dall’indole cantoria e per natura parzialmente stonata, di voler testardamente perseguire una difficoltosa maturazione nella vaga speranza di riuscire un bel giorno a cantare in un affiatato coro al cospetto dei pochi e propri delusi sostenitori.
Ma, come in un proverbiale detto logoro per l’uso… si chiuse una porta ma si aprì un portone!
Perché proprio sul retro della canonica di San Tito l’allora Parroco Padre Rino, un Murialdino di madre spagnola sui trent’anni, carnagione olivastra, capelli nero corvino, amante del gioco del tennis e dai lineamenti facciali vagamente somiglianti al Murciano 22nne Carlos Alcatraz lo sfidante nella finale di Wimbledon della scorsa domenica del nostro eroe, l’immenso sportivo, il grande uomo ed incallito tifoso del Diavolo Jannik Sinner, aveva posto in un ampio spazio ghiaioso una rete divisoria a simulare un vero e proprio campo da tennis…e da allora, al tennis, vi giocai ininterrottamente, ovviamente da dilettante e fino agli anni della pensione quando la mia schiena iniziò a scricchiolare costringendomi ad abbandonare.
Conservo gelosamente sulla mensola della biblioteca in salotto una Coppa vinta in un torneo tennistico allestito in un villaggio vacanze di Vieste nel lontano Agosto 1988, compivo in quel mese i miei 40 anni mentre il nostro Milan riagguantava dopo dieci anni dalla sua prima Stella il suo 11° Scudetto col suo profeta di Fusignano Arrigo Sacchi ed il magico trio olandese, mentre il nostro amico Filippo Galli si fregiava del titolo di essere stato il giocatore con maggiori presenze in campo tra campionato e coppe, ben 40!
La storica vittoria del nostro Sinner mi ha di colpo riportato a rispolverare quei ricordi dolci amari che ho descritto e che impongono una attenta riflessione sul destino di ciascuno di noi.
Se Massimo non si fosse imbattuto in un allenatore certamente non coadiuvante, molto probabilmente non avrebbe ottenuto le stesse soddisfazioni giocando al calcio che non quelle anche se di poco spessore, caldeggiate dall’ottimista Padre Rino.
Anche l’attuale Re del Tennis e 24nne di San Candido, nonché tifoso milanista, Jannik Sinner si trovò alla soglia dell’adolescenza a scegliere tra sci e tennis e venne, del senno di poi, saggiamente consigliato…ma ben si sa!!..oltre alla fortuna la classe mai è poi mai potrà essere acqua! Purché ad essa si unisca volontà, lavoro e sacrificio.
Peculiarità certamente non mancanti al nostro immenso ed umile Sinner!
Un Milanista sul tetto del Mondo con il corale augurio che vi resti per tanti e tanti anni ancora!
Un forte abbraccio!

BIO: MASSIMO BALDONI
Massimo 48 nasce a Roma nei primi anni del dopoguerra da mamma umbra e papà francese. Negli anni dell’adolescenza ama spesso frequentare l’agenzia di stampa ove il padre opera in qualità di telescriventista rimanendo particolarmente attratto dalla stesura degli articoli nella redazione sportiva.
Si diploma Perito Tecnico in Telecomunicazioni e dedica tutta la sua vita lavorativa al settore radio elettronico in varie aziende. Poi, dopo i primi anni di grigia pensione, inizierà quasi per gioco a scrivere in qualità di blogger nella sezione Vivoperlei di Calciomercato.com dove oltre che di calcio si può scrivere di qualsiasi altro accadimento ad esso correlato.
Viene insignito dal Direttore Stefano Agresti nella sede di CM a Milano con una targa risultando il miglior blogger dell’anno 2021 in quella specifica sezione.
Ora è alla ricerca di nuovi siti di scrittura, ed aver trovato l’incontro con “La complessità del calcio” con la regia di Filippo Galli è un’assoluta ed autentica vera chicca!