Se ti chiamano “futbalista de rasa” (“calciatore di razza”) o “Bog e Bulgarska”(“Dio è bulgaro”), significa che qualcosa al gioco del calcio lo hai dato. Magari vincendo meno di quanto avresti voluto, ma il tuo nome rimarrà inciso nella storia di questo sport.
Sia Hagi che Stoičkov sono nati in famiglie umili povere (una normalità nella Romania di Nicolae Ceaușescu e nella Bulgaria di Todor Živkov), hanno amato il calcio, si sono fatti le ossa per strada e hanno sempre sognato di diventare dei professionisti.
Gherhge Hagi e Hristo Stoičkov sono stati i più forti giocatori nella storia del calcio dei loro Paesi, Romania e Bulgaria, e la loro carriera è sbocciata nel biennio 1989-1991, anni in cui i loro Paesi stavano cambiano pelle e lasciavano la loro terra per andare a fare calcio oltre la cortina di ferro. Ed entrambi hanno fatto anche tappa in Italia: Hagi ha giocato nel Brescia tra il 1992 ed il 1994, mentre Stoichkov ha militato nel Parma nella sola stagione 1995/1996.
Prima di approdare nella nostra Serie A, Hagi e Stoičkov hanno incantato in patria e si sono fatti apprezzare nei loro massimi campionati, la Divizia A e la Părva Liga.
Hagi ha iniziato nel Farul Costanza, dove ha fatto la trafila delle giovanili fino all’approdo nello Sportul Studențesc di Bucarest con cui ha debuttato in massima serie portandolo fino al secondo posto nella stagione 1985/1986, dietro ovviamente allo Steaua Bucarest, la più forte squadra rumena, la squadra dell’esercito, che quell’anno vinse la Coppa dei Campioni e la Supercoppa UEFA, prima squadra dell’Est a fare quel double.
Essendo forte, “Gica” (questo uno dei suoi soprannomi) passò allo Steaua Bucarest, che aveva nella famiglia Ceaușescu i suoi principali tifosi (nonché le persone più influenti dentro il club) e Valentin, primogenito di Nicolae e Elena, si mosse affinché Hagi per la partita di Supercoppa nel derby dell’Est contro la Dinamo Kiev (vincitrice della Coppa delle Coppe) giocasse in maglia rossoblu in prestito solo per quella partita: il ragazzo di Sacele giocò un’ottima partita, siglò il gol decisivo su punizione e passò a titolo definitivo al club principale della capitale rumena. Hagi poi trascinò lo Steau alla seconda finale di Coppa dei Campioni in quattro stagioni, ma nulla poterono i rumeni il 24 maggio 1989 contro il Milan di Sacchi sia dal punto di vista tecnico (il Diavolo era di un altro pianeta) che ambientale (quella sera al Nou Camp c’erano 90mila tifosi del Milan contro nessuno rumeno).
Fino a qui la storia di Hagi, soprannominato anche “Maradona dei Carpazi” per ovvi motivi (anche se il pibe de oro era un’altra cosa), ora ecco Hristo Stoičkov.
Nato a Plovdiv, Stoičkov ebbe un’infanzia ed un’adolescenza dura e ciò che ha vissuto lo forgerà per sempre: amore e odio saranno i sentimenti che tutti proveranno verso di lui almeno una volta nella vita.
Entra nell’esercito ma non fa carriera perché uno come lui non è fatto per le regole ed il rispetto della gerarchia. Stoičkov iniziò la carriera di calciatore nel Maritsa Plovdiv e nel 1982 passò all’Hebros di Harmanli dove rimase fino al 1984. Quell’anno passò al club più prestigioso di Bulgaria, il CSKA Sofia, con cui in sei stagioni vinse tre titoli nazionali, quattro Coppe nazionali, una Supercoppa domestica e due titoli di capocannoniere in campionato. La sua carriera poteva finire il 18 giugno 1985: quel giorno si gioca la partita di ritorno della finale di Coppa di Bulgaria tra le due squadre più titolate di Bulgaria, le due principali della capitale Sofia, il CSKA e il Levski, le squadre di esercito e ministero degli interni: all’andata il club di Stoičkov si impone senza problema, ma nel match di ritorno succede di tutto. Tanto che la partita è costretta ad interrompersi per le intemperanze delle squadre in campo e delle panchine, con un parapiglia incredibile. Stoičkov non si tirò indietro.
Il regime di Sofia intervenne ed usò il pugno di ferro: cinque giocatori (tra cui Stoičkov) sono radiati a vita, le due squadre (allora ai primi due posti della classifica) vengono retrocesse agli ultimi due posti in classifica ed il titolo è assegnato al Trakia Plovdiv ed entrambe vengono sciolte e nacquero lo Sredets (il nuovo CSKA) ed il Vitosha (il nuovo Levski). Ma la Bulgaria doveva partecipare al Mondiale messicano del 1986 e la Federcalcio decise di ridurre drasticamente le squalifiche, tanto che Hristo Stoičkov passò dalla squalifica a vita a un anno e poi a sei mesi, tornando in campo.
Con la caduta del Muro e la fine dei regimi comunisti tutti i calciatori dei Paesi del blocco orientale più forti lasciarono i loro Paesi e si trasferirono nei club più ricchi d’Europa: nel 1990 i protagonisti della nostra storia, Hagi e Stoičkov, andarono a giocare nella Liga spagnola, firmando con Real Madrid e Barcellona. E Stoičkov arrivò in Spagna con in tasca la Scarpa d’oro 1990 vinta in coabitazione con il madrilista Hugo Sanchez. Prima di andare a giocare in Spagna nel Barcellona, l’attaccante bulgaro (soprannominato “Coltello” per la facilità con cui entrava nelle aree avversarie) trascinò il CSKA fino alla semifinale di Coppa delle Coppe persa contro il Barcellona (poi vincitore della manifestazione) nella stagione 1988/1989. Stoičkov vinse la classifica marcatori della manifestazioni sorprendendo Cruijff, allora tecnico blaugrana, che lo volle in Catalogna.
L’avventura spagnola non fu positiva per il rumeno che tra merengues (1990-1992) e Barcellona (1994-1996) non fece bene nonostante abbia giocato con gente del calibro di Butragueno, Sanchez, Sanchis e Michel, anche se passò in camiseta blanca dopo l’ottimo Mondiale italiano. Il passaggio in Spagna fu invece ottimo per il bulgaro che in due tranches (1990-1995 e 1996-1998) fece vedere tutto il suo talento.
Hagi e Stoičkov giocarono insieme nel Barcellona targato 1994/1995 sempre con Cruijff in panchina ed una rosa spettacolare (da Guardiola ad Amor, da Koeman a Romario): in quella stagione il Barcellona vinse solo la Supercoppa di Spagna, ma il livello tecnico era molto alto.
L’avventura di Stoičkov al Barcellona era iniziata male perché nella finale di Supercoppa di Spagna contro il Real Madrid, il 5 dicembre 1990, rifilò un pestone all’arbitro Urizar Azpitarte dopo che questo aveva espulso Cruijff: si prese inizialmente sei mesi di squalifica poi diventate dieci giornate di squalifica. Il carattere, l’arroganza e l’indolenza erano caratteristiche che non si potevano eliminare in un campo da calcio.
I suoi anni a Barcellona sono gli stati gli anni del “Dream team”, la fortissima squadra che con Cruijff in cinque stagioni vinse quattro titoli consecutivi, quattro Supercoppe, una Coppa del Re e, soprattutto, la Coppa dei Campioni di Wembley dove in finale i blaugrana sconfissero la Samp, una Supercoppa europea e una Coppa delle Coppe. Unica (grande) pecca: la sconfitta nella finale di Coppa dei Campioni contro il Milan di Capello ad Atene dove, il 18 maggio 1994, il Barça venne smontato 4-0 dai rossoneri.
I due giocatori si presero una “pausa” dalla Liga e arrivarono anche in Italia in due squadre “di provincia” ma con ambizioni totalmente diverse: Hagi vestì la maglia delle Rondinelle per due stagioni, giocando una stagione in Serie B e in un Brescia a trazione “rumena” (tecnico della squadra era Mircea Lucescu con in rosa “Gica”, Iao Sabau, Dorin Mateut e Florin Raducioiu), mentre Stoičkov militò una stagione nel Parma nel 1995/1996. Se Hagi ha giocato anche in cadetteria a stipendio ridotto, Stoičkov al “Tardini” fece molto male. La stagione del bulgaro con Scala in panchina e compagni di tutto rispetto in campo fu negativa, non entrando mai nei gangli del gioco facendo molto male, tra l’altro lasciandosi male con il club. Nonostante un inizio promettente bene, il bulgaro patì la presenza di Zola e l’emergente Filippo Inzaghi, tanto da lasciare l’Emilia dopo un solo anno segnando in tutto sette reti e tornando al Barcellona. Arrivato in gialloblù con in bacheca il Pallone d’oro 1994 (dopo essere arrivato secondo nel 1992 dietro a Van Basten), Stoičkov non ha mantenuto le promesse.
Il post Italia dei due colossi del calcio rumeno e bulgaro è stato ancora positivo: “Gica” giocò poi due anni al Barcellona senza impressionare ma nel periodo con il Galatasaray (1996-2001) tornò a livelli molto alti, vincendo quattro titoli nazionali consecutivi, due Coppe di Turchia, due Supercoppe turche consecutive e, soprattutto, la vittoria della Coppa UEFA e della Supercoppa UEFA nel 2000: nessuna squadra turca aveva mai vinto a livello europeo e la squadra giallorossa di Istanbul sconfisse prima l’Arsenal (con lo stesso Hagi espulso al terzo minuto supplementare) e poi il Real Madrid campione d’Europa. Gheorghe Hagi come l’araba fenice in Turchia? Certo: cinque stagioni, cinquantanove gol, dieci trofei vinti e tre volte eletto giocatore rumeno dell’anno (arrivando ad un totale di sette vittorie).
Hristo Stoičkov dopo Parma tornò al Barcellona dove in due stagioni vinse una Coppa delle Coppe giocando in attacco con Ronaldo creando con lui una coppia impressionante che durò solo quell’anno perché poi il brasiliano passò all’Inter. La seconda stagione fu disastrosa per il bulgaro il quale decise un finale di carriera tra Bulgaria, Arabia, Giappone e Stati uniti per chiudere la carriera due anni dopo Hagi (2001 contro 203). Se Hagi vinse sette volte il titolo di miglior giocatore rumeno dell’anno, Stoičkov si fermò a quattro, con l’ultima vittoria nel 1994, forse il suo anno migliore.
Entrambi faranno poi gli allenatori: Hagi nell’estate 2001 ebbe la guida della panchina della Nazionale con l’obiettivo di portare la Tricolore in Corea e Giappone l’anno dopo, non riuscendoci; allenò ancora in Turchia Bursaspor (2003) ed in due tranche il Galatasaray (2004/2005 con vittoria nella Coppa di Turchia), per poi tornare a casa ed allenare Politehnica Timișoara e Steaua Bucarest in due stagioni consecutive, Viitorul Costanza (sei stagioni) e Farul Costanza, chiudendo la sua carriera nel calcio con la squadra che lo aveva visto crescere ed emergere come talento; Stoičkov invece in panchina allenò meno di Hagi ma ebbe risultati mediocri tra Celta Vigo, i sudafricani del Mamelodi Sundowns di Pretoria e poi in Patria Litex Lovech e CSKA. Anche per lui, una sorta di chiusura del cerchio chiudendo con la squadra che lo ha visto emergere nel calcio bulgaro. I risultati furono disastrosi tra polemiche ed esoneri.
Se si pensa ad Hagi e Stoičkov, non si può non pensare a quanto sono stati determinanti con le loro Nazionali: Gheorghe Hagi prese parte a tre Europei (1984, 1996 e 2000) e tre Mondiali consecutivi (1990, 1994 e 1998), indossando la fascia di capitano dal 1985 al suo ritiro, mentre Hristo Stoičkov disputò due Mondiali (1994-1998), un Europeo (1996) e fu capitano dei Leoni tra il 1989 ed il 1999. Hagi è stato determinante nel Mondiale italiano e americano (anche se la Romani arrivò ai quarti nel 1994), ma Stoičkov diede il meglio di sé in Nazionale nel biennio 1993-1994: iniziò il 17 novembre 1993 con la vittoria contro la Francia nell’ultima partita del girone di qualificazione al Mondiale con i bulgari che ribaltarono l’iniziale 1-0 di Cantona con la doppietta di Kostadinov. Hristo Stoičkov nello spogliatoio, nell’intervallo, si dice abbia fatto un discorso della portata di Tony D’Amato/Al Pacino in “Ogni maledetta domenica”. Stoičkov a Usa ’94 è uno dei protagonisti della sorprendente Bulgaria che arrivò quarta con il suo leader che vinse la classifica marcatori con sei reti a pari merito con il russo Oleg Salenko,
Cosa rimane oggi del “Maradona dei Carpazi” e del “Coltello di Plovdiv”, nel 2025? Dopo il loro ritiro, sono venuti fuori un po’ di talenti (due su tutti: Adrian Mutu e Dimitar Berbatov), ma nessuno si è mai avvicinato ai due mostri sacri del calcio europeo dell’Est, quello che ha vinto poco a livello europeo per colpa del fatto che i loro regimi vietava ai loro giocatori di lasciare i loro Paesi. Nonostante i loro numeri, i trofei di squadra e quelli singoli, sia Hagi che Stoičkov hanno scritto una grande pagina di calcio
Sono stati due fantasisti incredibili, due mancini dal carattere tosto (ai limiti del rissoso Hagi, rissoso totalmente Hristo Stoičkov) ma leader conclamati e rispettati, dribblatori e accademici nei tocchi. Due maestri del calcio.
Oggi Gheorghe Hagi e Hristo Stoičkov hanno rispettivamente 60 e 59 anni, ma il loro mito non tramonterà mai, soprattutto nei loro Paesi che grazie a loro hanno avuto (nel Mondo del calcio) il loro spazio al sole: entrambi i calciatori sono stati insigniti dalle loro Federcalcio nel 2004 del premio Golden Player, attribuito al miglior giocatore nazionale nel primi cinquant’anni della UEFA.
Dopo di allora, il nulla. O meglio, Romania e Bulgaria a livello di Nazionale non hanno mai saputo fare meglio. Il motivo è semplice: impossibile essere più forti di due tra i migliori calciatori degli anni Novanta che hanno preso l’ex blocco (calcistico) orientale e lo hanno portato al tavolo con i grandi.

BIO Simone Balocco: Novarese del 1981, Simone è laureato in scienze politiche con una tesi sullo sport e le colonie elioterapiche nel Novarese durante il Ventennio. Da oltre dieci anni scrive per siti di carattere sportivo, storico e “varie ed eventuali”. Tifoso del Novara Calcio prima e del Novara Football Club dopo, adora la sua città e non la cambierebbe con nessun altro posto al Mondo. Collabora da tempo con la redazione sportiva di una radio privata locale e ha scritto tre libri, di cui due sul calcio. I suoi fari sono Indro Montanelli e Gianni Brera, ma a lui interessa raccontare storie che possano suscitare interesse (e stupore) tra i lettori. Non invitatelo a teatro ma portatelo in qualunque stadio del Mondo e lo farete felice.
Una risposta
Buongiorno Simone, complimenti per questo affascinante articolo, che ricorda due grandi giocatori, seppur particolari. Certo, il calibro dei giocatori del Milan era superiore, però sia il campione rumeno (che io preferivo) che quello bulgaro, erano giocatori che giustificava la spesa del biglietto.