MILAN LEGENDS: RUUD GULLIT, IL TULIPANO NERO

Difficile racchiudere in poche pagine il profilo di un calciatore eclettico, debordante e decisivo come Ruud Gullit.

Una forza della natura, un mustang che lanciato al galoppo sulla fascia sprigiona tutta la sua forza fisica, racchiusa in 190 centimetri di combinazioni genetiche strabilianti. La Serie A, quella zeppa di campioni, è il suo campo di conquista e già a metà degli anni ottanta sembra destinato ad accasarsi con i club di provincia, Atalanta e Cremonese, con quest’ultimi disposti ad un’iniziativa di mercato in collaborazione con la Juventus, che l’avrebbe girato in prestito ai grigiorossi. Il suo nome, dunque, è sui taccuini di mezza Europa e come non fare caso a quel colosso di bella presenza, che sembra essere un effluvio orgasmico della forza della natura?

È il 1987 quando il Milan di Berlusconi decide di affondare il colpo decisivo e lo fa contravvenendo alle buone regole sull’acquisizione dei calciatori. Il fine giustifica i mezzi e la società rossonera inizia a trattare direttamente con il talentuoso olandese, fregandosene del PSV Eindhoven che dovrà prendere atto e che accetterà 11 milioni di vecchie lire. Si accontenta, eccome di quelli, e forse non rimpiange la perdita di Ruud. Gli dèi del calcio stanno preparando per gli olandesi un’annata memorabile, un treble indimenticabile, che nemmeno l’Ajax macinasassi e spettacolare del 1994/1995 sarebbe riuscito a replicare .

Intanto Ruud arriva a Milano come libero “all’olandese”,  sgravato dai compiti di marcatura. Sacchi ha un’altra opinione sul suo impiego tattico: “Io invece lo avevo visto giocare, benissimo, all’ala destra in un torneo a Utrecht, quando allenavo i giovani della Fiorentina. E all’inizio al Milan lo schierai proprio all’ala destra, anche perché un libero ce l’avevo già e si chiamava Franco Baresi.”

L’esordio è positivo: segna il suo primo gol al Bari in Coppa Italia e al Pisa in campionato, una sferzata di testa al minuto 73 su assist del Tasso. Il Milan si inceppa, esce per mano dell’Espanyol dalla Coppa UEFA, ma Gullit continua a macinare prestazioni importanti, come quella di Verona contro l’Hellas, il primo punto di svolta nella stagione dei rossoneri e soprattutto di Sacchi, per il quale molti avevano profetizzato un futuro lontano dal Milan già prima di Natale. Il panettone non è indigesto al Profeta di Fusignano e il periodo natalizio cambia tutte le prospettive del Diavolo. Vince un derby noioso e dimenticabile con l’autogol di Ferri, pressato dall’ombra di Gullit.

Basta quella per incutere timore ai suoi marcatori.

Intanto France Football premia l’olandese con il Pallone d’Oro che diventa il secondo giocatore del Milan ad aggiudicarsi l’ambito premio.

Il 3 gennaio 1988 va in scena Milan-Napoli nel segno dei due giocatori in quel momento più forti al mondo: Gullit e Maradona. Vince, anzi stravince il Milan, trascinato dalla prova portentosa del suo numero dieci che offre a Colombo l’assist dell’1-1 e segna il 3-1. “Nasce il Super Milan” titola la Gazzetta dello Sport il giorno dopo e Gullit è il suo condottiero.

La domenica successiva c’è la trasferta contro la Juventus. Un Silvio Berlusconi in grande spolvero si siede di fianco all’Avvocato Agnelli e insieme guardano una partita vivace. Ancora Ruud risulta decisivo: segna di testa e il Comunale è espugnato dopo diciotto anni. Ormai il giocatore olandese, che si ispira a Mandela e fa del buon rock, è l’uomo copertina del campionato, ma conosce di tanto in tanto qualche défaillance come accade ad Avellino dove si presenta alla partita in condizioni fisiche non ottimali a causa delle sue notti brave e, soprattutto, ad Ascoli dove viene espulso per essersi prima inginocchiato a Cornieti e poi averlo applaudito, lasciando per quasi tutta la gara la squadra in dieci.

Nel finale di campionato il Milan accelera e mette pressione al Napoli che inizia ad arrancare e sente il fiato dei rossoneri sul collo. Nel derby il Milan ribadisce di essere più forte dei cugini e Gullit segna con una staffilata da due passi il gol dell’1-0 con Zenga che corre verso l’arbitro per protestare, un classico del portiere nerazzurro. Virdis chiude il match mentre il Napoli impatta a Verona 1 a 1. Si va allo scontro diretto del San Paolo con il Napoli in vantaggio di un punto, ma con la cabala e i santi dimentichi degli azzurri partenopei. Èil giorno del trionfo, della fine della rincorsa. Gullit è straripante, offre due assist e vince di nuovo la sfida con Maradona, che alla fine mette da parte la baldanza del pre-partita e ammette la superiorità dei rivali. Il Napoli cede e, nonostante due pareggi di fila, per i rossoneri arriva lo Scudetto dopo nove anni, il numero undici, e Gullit diventa l’uomo simbolo.

I suoi cappelli con le treccine vanno a ruba tra le bancarelle che si trovano fuori dallo stadio e in estate lo attende l’assalto all’Europa con l’Olanda. Il torneo non parte bene ma gli Oranje riescono ad arrivare in fondo, alla finale di Monaco di Baviera. Rinus Michels ha riscattato la sconfitta patita in quello stesso stadio quattordici anni prima contro i tedeschi dell’Ovest. Questa volta l’URSS soccombe sotto i colpi di Gullit e di van Basten. Ruud, il capitano, alza la Coppa Europa e l’Olanda può fregiarsi di un titolo importante, un anticipo di quello che i tifosi rossoneri vivranno un anno dopo. La stagione 1988/1989 è segnata da problemi muscolari e da un rendimento altalenante e Gullit non fa nulla per nascondere la frustrazione dopo l’epica sfida contro la Stella Rossa: “Inutile farla lunga, a Belgrado ho rischiato e adesso pago. Non potevo fare diversamente, però ora devo riposare. Quando giovedì ho sentito di nuovo il dolore alla coscia sinistra sono uscito subito. Era la prima volta che mi allenavo con gli altri. Sacchi mi aveva detto: se senti dolore esci, e io non ci ho pensato due volte. Sono amareggiato, non mi era mai capitato di stare tanto tempo fermo se non per un’operazione ai legamenti della caviglia sinistra.”

Ciononostante , il suo apporto risulta decisivo per la conquista della Coppa dei Campioni. Segna quattro gol, il primo all’esordio contro il Vitocha. Nella semifinale d’andata contro il Real Madrid al Bernabeu il Milan va sotto dopo la rete di Hugo Sanchez, ma pian piano cresce e a Gullit viene negato un gol regolare, prima del pareggio di van Basten. Il 19 aprile a San Siro i Rossoneri prendono per le corna il Real, lo umiliano con una lezione di calcio che resta nella storia e Gullit realizza il gol del 3-0, prima che van Basten e Donadoni fissino il risultato sul 5 a 0.

Alla vigilia della finale di Barcellona, Sacchi tiene la riunione tecnica nella quale non nasconde il suo disappunto sull’affermazione di un giornalista che invita il Milan a usare il contropiede per “uccellare lo Steaua”. Arrigo è scottato da quel termine, ma con il classico aplomb che lo contraddistingue fa una domanda ai suoi ragazzi: ”Io è da due anni che sto insegnando alla squadra a fare esattamente il contrario, però chiedo ai ragazzi: «Questo è il consiglio che ci dà il più autorevole giornalista sportivo italiano. Dobbiamo ascoltarlo?» Si alza in piedi Ruud Gullit e risponde: «Noi domani li attacchiamo dal primo minuto finché ce la facciamo». Bene. I due anni di insegnamento sono arrivati al cuore.”

Il giorno dopo è il 24 maggio 1989, una data che rimarrà segnata nella storia del calcio mondiale. Davanti a 80.000 tifosi rossoneri il Milan umilia la Steaua, una squadra che tre anni prima a Siviglia aveva vinto la Coppa. È un monologo, un inno al calcio totale e al pressing asfissiante. Gullit è martellante, sembra tornato quello dell’anno precedente. Colpisce un palo, apre le marcature e segna il 3 a 0. È incontenibile..

Finisce come tutti i tifosi rossoneri sanno, ma intorno al 60’ Gullit esce per un problema al ginocchio.

La stagione successiva è praticamente passata a recuperare l’infortunio.

Si rivede a Vienna nella finale di Coppa dei Campioni contro il Benfica. Non è al meglio, arriva alla conclusione ma questa volta decide l’altro olandese, il meno acclamato dei tre, ma importante come il pane, lì nel mezzo : Frank Rijkaard.

È doppietta, il Milan di Sacchi è ancora la squadra più forte d’Europa e Gullit sembra essersi messo alle spalle il periodo “no”.

Torna e gioca tanto nella stagione successiva. Conquista da protagonista la Supercoppa Europea contro la Samp di Boškov segnando nella gara di ritorno al 45’, smorzando polemiche e illazioni sulle sue prestazioni. Il Milan fa collezione di coppe, bissa successi e Berlusconi sogna di fare il Grande Slam, che gli è sfuggito l’anno prima.

La  tappa successiva è Tokyo e l’olandese volante gioca una grande partita. La premiata ditta Oranje confeziona il vantaggio: cross di Ruud, gol di Frank. Il Milan dilaga e il povero Olimpia Asuncion accetta l’evidente superiorità della compagine europea che è ancora sul tetto del mondo.

Ma la stagione non darà altre gioie.

Il Milan finisce secondo in campionato alle spalle della Sampdoria, con la quale perde entrambi gli scontri diretti, è eliminato dalla massima coppa europea nell’incredibile notte del Velodrome, sorpreso dal gol di Waddle che porta l’Olympique Marsiglia in semifinale. All’andata proprio Gullit aveva illuso il Milan dopo solo 15’. Finisce al buio l’epopea del Milan degli Immortali, termina l’era Sacchi che lascia la panchina a Fabio Capello.

Il Milan 1991/1992 non gioca le coppe per la squalifica UEFA e in campionato è un autentico rullo compressore. A Genova la banda di Capello mette in chiaro le cose: il 2-0 firmato Gullit inizia a scucire lo scudetto  dalle maglie sampdoriane. È un Gullit in grande stile, chirurgico nel diagonale al Parma, acrobatico nel gol di ginocchio al Torino, affamato e spietato nella rete del pareggio al Foggia, in una partita finita 8 a 2 per il Milan, che chiude in campionato senza sconfitte.

È il Milan degli Invincibili.

La campagna acquisti dell’estate regala a Capello una fuoriserie da paura e Ruud entra a far parte dei calciatori che si devono guadagnare il posto di volta in volta. Ad eccezione del 1989/1990 costellato da infortuni, nella stagione 1992/1993 gioca meno e il suo rapporto con Berlusconi è in fase calante, ma i suoi gol hanno sempre un peso specifico. A Firenze va di scena una partita pirotecnica dove Ruud è devastante. La Fiorentina ne prende sette e il numero dieci rossonero va in rete con un gran tiro in diagonale e con un colpo di testa in tuffo.

È un Gullit favoloso, da prima pagina!

I venti olandesi soffiano una settimana dopo a San Siro contro la Lazio e Gullit segna al volo dopo la respinta di Fiori. Sembra che il feeling tra il Tulipano Nero e il Milan si stia risaldando, ma è solo un momento di tregua e il gol alla Sampdoria e soprattutto quello decisivo all’Olimpico contro la Roma, con la squadra per 85’ minuti in dieci per l’espulsione di capitan Baresi, sembrano ricomporre il rapporto con l’ambiente. Il suo siluro annienta le velleità della Roma e a fine partita dichiara: ”Il Milan ha dimostrato di essere una squadra umile che sa giocare unita e interpretare la partita”. E soprattutto, quando lui è così in forma, l’uomo in meno non si sente.

Gullit è decisivo nel momento critico della stagione, a Torino contro i granata, dove spreca di testa la possibilità di una doppietta, e in modo particolare contro l’Inter nel derby scudetto che avrebbe potuto riaprire i discorsi e portare i nerazzurri, autori di una clamorosa rimonta, a pochi punti dai cugini. Gullit a sette minuti dalla fine riacciuffa l’Inter per i capelli, andata in vantaggio con Berti e con l’acquolina già in bocca. Per l’olandese è il settimo gol in dodici partite, secondo alcuni rappresenta un regalo di addio. Finisce in tribuna nella finale di Monaco di Baviera e lui mugugna, fa capire che anche a mezzo servizio si sente sempre pronto.

Frank Rijkaard e Ruud Gullit dicono addio al Milan dopo la vittoria del tredicesimo Scudetto, al termine di una settimana che li ha visti al centro dei rumors. Rijkaard aveva già annunciato che avrebbe finito la carriera nell’Ajax, mentre Gullit, dopo essere stato nell’orbita del Torino, sceglie Genova sponda Samp.

Lì rinasce.

Esordisce a Napoli, in quella città dove aveva giocato una delle partite più importanti della sua vita con la maglia rossonera, segnando un gol e fornendo un assist al bacio per David Platt. L’incrocio cruciale è alla decima giornata, al Marassi, contro la sua ex squadra. Il Milan va in vantaggio con Albertini e Brian Laudrup ma la Samp rinviene e pareggia con Katanec e Mancini. A dodici minuti dalla fine Gullit segna con una bordata che piega le mani di Ielpo. É la vendetta silenziosa del Tulipano Nero e qualcuno incorona i blucerchiati come anti-Milan, ma a fine anno la storia si ripete, con gli uomini di Capello ancora campioni e con la strepitosa vittoria della Coppa dei Campioni ad Atene.

Gullit, tuttavia, vince la Coppa Italia grazie al largo successo doriano nella partita di ritorno contro l’Ancona. Si profila intanto il grande ritorno del Figliol Prodigo da papà Silvio, che qualcuno osa chiamarlo il ritorno del secolo. In fondo, Ruud si è sempre sentito parte di questo gruppo, anche quando era lontano. Ma la storia alle volte è imprevedibile e non  mette in conto che il figlio minore preferisca di nuovo allontanarsi dalla casa del padre. Dopo la vittoria della Supercoppa Italiana proprio contro la sua Sampdoria che riagguanta di testa a pochi minuti dalla fine (Samp in vantaggio con una punizione di Mihajlović) torna in Liguria, da Mantovani e lì finisce la stagione e la sua lunga esperienza Italiana.

Accetta le lusinghe del Chelsea e si accasa con i Blues nel 1995/1996, dove da calciatore-allenatore vince la FA Cup del 1996/1997 contro il Middlesbrough di Fabrizio Ravanelli.

Da allenatore non ottiene più grossi risultati e si dedica alla carriera da opinionista.

Con la Nazionale olandese ha giocato due campionati europei (vinto nel 1988) e un campionato del mondo segnando un gol contro l’Eire a Palermo. Gioca l’ultima partita contro la Scozia in amichevole il 27 maggio 1994 poco prima del mondiale americano, a cui non partecipa per alcune frizioni con Dick Advocaat.

È a pieno titolo uno dei simboli dell’epopea sacchiana e l’allenatore romagnolo per lui ha speso sempre parole importanti, come queste :” Aveva il carisma e la personalità del grande campione che faceva sentire tutti più forti, come il capo indiano in battaglia. Ha permesso alla squadra di crescere e di guadagnare convinzione. Ruud è stato il nostro coraggio.”

Con il Milan ha giocato 171 partite realizzando 56 gol.

Ha vinto tre Scudetti (1987/1988; 1991/1992; 1992/1993); tre Supercoppe Italiane (1988; 1992; 1994); due Coppe dei Campioni (1988/1989; 1989/1990); due Supercoppe Europee (1989; 1990) due Coppe Intercontinentali (1989; 1990)

BIO: VINCENZO PASTORE

Pugliese di nascita, belgradese d’adozione, mi sento cittadino di un’Europa senza confini e senza trattati.

Ho due grandi passioni: il Milan, da quando ero bambino, e la scrittura, che ho scoperto da pochi anni.

Seguire lo sport in generale mi ha insegnato tante cose e ho sperimentato ciò che Nick Hornby riferisce in Febbre a 90°: ”Ho imparato alcune cose dal calcio. Buona parte delle mie conoscenze dei luoghi in Gran Bretagna e in Europa non deriva dalla scuola, ma dalle partite fuori casa o dalle pagine sportive[…]”

Insegno nella scuola primaria, nel tempo libero leggo e scrivo.

4 risposte

  1. Articolo sontuoso Vincenzo, Chapeau! Hai ricostruito come in un film la storia dell’iconico e Campionissimo Ruud Gullit!
    Tanti episodi ti confesso che a memoria non li ricordavo ma tu sei riuscito a rigalvanizzarli alla perfezione…. manca solo l’audio… popcorn e birra… e buona visione!! Sei un grande Vincenzo🤗 Buona domenica!
    Massimo 48

    1. Grazie, Massimo, sempre molto generoso🤗! Gullit è stato il primo idolo prima che Marco van Basten mostrasse tutta la sua infinita classe. Un po’ discontinuo negli anni (anche per gli infortuni) , ma una forza della natura, decisivo per lo scudetto 11…un gran bel film!

      Vincenzo

  2. Articolo entusiasmante. Complimenti veri. Nel leggerlo, passano davanti agli occhi tutte quelle immagini che abbiamo vissuto….sembrano passati anni luce.

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