COME SO-STARE NELLA COMPLESSITA’ DEL GIOCO DEL CALCIO,  SENZA FARSI TRAVOLGERE. 3^ E ULTIMA PARTE.

DARE SENSO, SIGNIFICATO E SCOPO

L’uomo come essere intelligente è atto a risolvere problemi.

Nella preistoria ha capito molto presto che non era l’essere vivente più veloce o il più forte o di avere la capacità fisica di competere con altri animali e doveva agire su qualcos’altro ed è per questo che improvvisamente il cervello si espanse (sopratutto nel lobo frontale), questa sua corteccia cresce fino a sei strati e queste relazioni tra neuroni che occupano la corteccia e le parti più interne limbiche (quelle del tronco encefalico) hanno fatto si che si creassero queste capacità di adattamento incredibili.

Il  PERCHÉ è sempre prima del COME e del COSA.

Il tema del PERCHÉ è importante, molte volte in palestra (come nel calcio)si svolgono esercitazioni senza che gli allievi ne percepiscano lo scopo.

Nel calcio come a scuola l’insegnante va sul COME e sul COSA trascurando i PERCHÉ!

Ed ecco allora la noia si abbatte inesorabilmente.

Solo dopo aver reso evidente lo scopo, si da’ senso all’ esperienza vissuta.

Quindi un gesto appreso verrà utilizzato in partita solo se:

• Nella memoria del soggetto è importante.

• Se nella memoria è utile.

• Se nella memoria è efficace.

• Se sarà stato allenato all’interno di una situazione complessa e non estrapolandolo dal contesto (infatti un gesto estrapolato dal contesto provoca noia e se c’è noia non c’è apprendimento) Un gesto diventa efficace e significativo solo se viene appreso in presenza di tutti gli elementi ambientali del gioco che determinano il grado di difficoltà.

All’interno del gioco il soggetto sperimenterà nuovi comportamenti ed è chiaro che al suo interno ci sarà una parte fondamentale dedicata all’errore.

L’errore diviene quindi una risorsa fondamentale per l’apprendimento.

Per uno sport di situazione come il calcio diviene fondamentale l’informazione Esterocettiva (quella che viene dall’esterno). Nel caso di uno sport clode skills si vive invece di informazioni propriocettive e cinestesiche (cioè le informazioni che l’atleta memorizza e che può anche ripassare Con la visualizzazione nel pregara e questa forma è stata dimostrata che aiuta i Processi coordinativi. Bisogna però precisare che negli sport clode skills siamo di fronte ad un ambiente statico e in molti casi fisso e immobile.

Il gioco del calcio essendo un sport di situazione  diventa fondamentale la conversazione con l’ambiente, il sistema visivo è fortemente coinvolto perché si tratta di riconoscere scene o delle piccole trame di scene già vissute e quindi entra in gioco il linguaggio non verbale.

Di questo linguaggio si nutre un atleta di sport situazionale.

In passato ci hanno fatto insegnato che nella didattica delle scienze motorie e sportive bisognasse  andare per gradi.

Invece, abbiamo scoperto strada facendo che purtroppo non era così.

Questo concetto nel nostro cervello NON ESISTE!!! Non c’è niente di graduale ma solo specifico.

Bisogna esser specifici, proponendo il gioco come sfondo significativo di esperienza.

Quindi, operare in modo molto specifico affinché il giocatore sia in grado di “riconoscere” in partita ciò che ha già sperimentato, “conosciuto”, durante le sedute di allenamento .

In altri termini, si deve far sì che il giocatore “immagazzini” nella sua memoria inconscia più informazioni specifiche possibili così che le possa agevolmente recuperare durante la gara per risolvere situazioni-problema simili a quelle vissute in allenamento.

(Le situazioni sono sempre diverse tra loro, uniche e irripetibili, ma per fortuna il nostro cervello ha la capacità di generalizzare: non dobbiamo aver visto in precedenza tutte le automobili del mondo per riconoscere se l’oggetto che abbiamo davanti è un’automobile! Attraverso l’esperienza il nostro cervello costruisce “modelli” generalizzati del mondo).

Per tali motivi il processo di formazione deve essere situato nel medesimo ambiente in cui è immerso il calciatore, lì ove la complessità informazionale, la pressione temporale e il coinvolgimento degli attori sono determinanti per la scelta dei comportamenti da assumere.

E’ chiaro ed evidente, che questo processo generale di rinnovamento non poteva non ripercuotersi sulla figura del docente, che non poteva più limitarsi a semplice trasmettitore di conoscenze, ma, considerato che il protagonista del processo educativo è lo studente, doveva trasformare la sua relazione didattica, affidandosi alla semplessità, assumendo in relazione al contesto la funzione di guida, tutor, mentore, e non ultimo di critico.

Così come, si è  trasformata la mia figura di allenatore, che da istruttore o insegnante, è diventato un facilitatore di apprendimento ( tesi finale corso UEFAPRO del 2010)

COME FACILITARE?

Con  i seguenti principi di semplessità :

Della consapevolezza. Dare senso e significato alle attività. Spiegare sempre il perché di un determinato movimento, di una scelta piuttosto che l’altra, rendere consapevole il calciatore, essendo lui il protagonista della propria prestazione,  renderlo autonomo ed attivo, e soprattutto che non tutto può essere previsto e che deve fare i conti spesso con situazioni imprevedibili ed incerte;

Della partecipazione attiva, cioè interessarlo e coinvolgerlo nel corso del processo dell’allenamento in quanto la motivazione, che nasce sempre da un bisogno intrinseco, è la chiave dell’apprendimento. Al fine di promuovere una cultura condivisa attraverso il consenso ed l’approvazione:

Della ricorsività sistemica , conoscere, acquisire,  e padroneggiare i  diversi metodi. Possedere un filo logico, sapendo che gli apprendimenti sono concatenati tra di loro e che si realizzano miglioramenti sempre più elevati proponendo problemi con livelli di complessità sempre crescenti;

Della varietà e molteplicità, evitare di ripetere in maniera abitudinaria gli stessi lavori, pur ritenendo l’automatismo un obiettivo, fare in modo di raggiungerlo attraverso una proposta di situazioni variegata; inoltre agendo sempre in maniera contestuale, fare in modo che detta complessità sia giustificata dalla specificità delle proposte preoccupandosi di essere sempre aderente con la realtà della gara, dove l’incertezza e l’imprevisto giocano un ruolo importante;

Della chiarezza, ricordarsi che il tempo d’attenzione di un gruppo è condizionato dall’interesse che si sollecita, dunque essere persuasivi, assertivi,  concisi, completi;

Dell’inclusività, praticare il successo formativo proponendo attività e situazioni che il singolo ed il gruppo possono realmente raggiungere agendo sulle cosiddette variabili e vincoli ecologici;

Dell’evidenza, cioè far sperimentare direttamente, promuovendo molteplici esperienze, ricorda:

“ascolto-dimentico, osservo-ricordo, eseguo-imparo”;

Dell’adattamento, saper agire nella zona prossimale del singolo e del gruppo, cioè tenere conto delle capacità di quel preciso momento tecniche, tattiche, fisiche e di personalità del calciatore.

BIO Raffaele Di Pasquale:

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