LA COMUNICAZIONE BEN FATTA: L’IMPORTANZA DEL RINFORZO.

“Gestire bene la parte umana di una squadra è il mezzo che segnerà la differenza da qui in avanti, perché su tutto il resto si è già lavorato.”

Quando comincio le mie lezioni di psicopedagogia, nei corsi di formazione per allenatori e allenatrici, mi piace partire da questa frase di Marcelo Bielsa, il visionario allenatore argentino stimato in tutto il mondo per il suo approccio metodico, quasi scientifico, al gioco del calcio, ma anche per la sua sensibilità nei confronti della sfera relazionale.

Se poi chiedo ai corsisti e alle corsiste che cosa immaginano faccia, nel concreto, uno psicologo dello sport, spesso ricevo risposte relative all’attività motivazionale, soprattutto nel supporto individuale all’atleta. Volendo però descrivere giusto in tre parole la parte del mio lavoro che considero più impattante, probabilmente parlerei di “osservazione della comunicazione”, nei rapporti esistenti tra lo staff e la squadra.

Questa tematica è già stata magistralmente descritta da Gianni Parenti all’interno di questo stesso blog https://www.filippogalli.com/2023/08/18/la-comunicazione-confini-o-orizzonti/, pertanto mi piacerebbe riprendere qualche suo spunto ed aggiungere solo qualche considerazione sul concetto di rinforzo, che ho potuto riscontrare come centrale per rendere davvero efficaci le parole di un coach, tanto nello spogliatoio, quanto sul terreno di gioco.

POSITIVITÀ E RINFORZO

«Steph, una delle cose che mi piacciono di te, è che anche nei momenti di difficoltà non hai alcuna esitazione a tirare da lontano. Nessuno della Lega lo fa. E puoi cambiare il corso di partite come questa. È incredibile. Strepitoso. Mi piacerebbe avere la tua fiducia!»

Nel corso di un match, è meglio focalizzarsi su ciò che non sta funzionando, oppure evidenziare i punti di forza dell’atleta? In questo breve confronto con il leggendario Steph Curry, Steve Kerr, ex cestista e coach dei Golden State Warriors (con cui ha vinto quattro volte l’NBA), sembra chiaramente propendere per la seconda opzione.

L’efficacia dei messaggi focalizzati sulla positività è stata rimarcata da Burrhus Frederic Skinner (1957), uno dei più influenti psicologi della storia, poiché il rinforzo è un processo in grado di aumentare le probabilità che un comportamento venga ripetuto.

La comunicazione è una potentissima strategia sociale di gratificazione (si pensi a complimenti ed approvazioni) e di punizione (vedi i rimproveri), ed ha pertanto un ruolo fondamentale nel promuovere o disincentivare un certo tipo di condotta.

In effetti, il questionario Coaching Behavior Assessment System (Smith e Smoll, 1990; Smith, Smoll e Curtis, 1978; Smith et al., 1983) ha indicato che i coach preferiti sono quelli che utilizzano spesso diverse forme di incoraggiamento. Queste ultime, infatti, contribuiscono a creare un ambiente sereno, come dimostrato dai più recenti studi di carattere neuroscientifico, poiché ogni apprendimento viene immagazzinato insieme al vissuto emotivo provato.

Tra gli allenatori, è spesso ancora diffuso il mito del “sergente di ferro” e del “perfezionista meticoloso” che, ad esempio, appena dopo il triplice fischio di una roboante vittoria per 5-1, si dedica immediatamente alla vivisezione dell’unico gol subito, e magari alla prima seduta utile di videoanalisi tende soprattutto a presentare le clip degli errori commessi dalla propria squadra.

Sia ben chiaro, la capacità di farsi rispettare e la cura dei dettagli sono aspetti fondamentali per raggiungere i livelli più alti, ma l’utilizzo dell’incentivazione verbale non deve essere in alcun modo considerato una forma di debolezza: è invece la modalità più potente nell’innescare la crescita dell’atleta e nell’accompagnare un’esperienza sportiva gratificante.

Autorevolezza e rinforzo non si escludono mutualmente, ma rappresentano modalità complementari, che traggono l’una il meglio dall’altra. Chiaramente, la gratificazione verbale va fatta seguire ad un obiettivo realmente raggiunto, fosse anche solo per premiare il coraggio di un tentativo dopo tanti errori, e mai regalata in maniera casuale.

Talvolta può capitare di alzare la voce (ovviamente entro certi limiti), ma è fondamentale che un coach sappia “rinforzare come se non avesse mai perso la pazienza”: quando finalmente, dopo tanti fallimenti, l’atleta esegue correttamente il movimento che gli è stato chiesto, è importante sottolinearlo con entusiasmo, non cadendo nella tentazione di restare muti sospirando (“finalmente ha fatto il suo dovere”), o addirittura di erogare una “punizione mascherata da rinforzo” (“bravo/a, non come le altre dieci volte in cui hai sbagliato”).

Non da ultimo, mi sento sempre di sottolineare che, tendenzialmente, un “bravo/a” in più non fa male a nessuno, mentre un rimprovero aggressivo, magari in un momento delicato per la crescita di chi si ha davanti, può rivelarsi potenzialmente devastante, rimanere a lungo nella testa o, nei casi più gravi, portare anche ad un abbandono dell’attività.

In conclusione, è certamente importante sviluppare le proprie capacità di auto-osservazione, anche se, talvolta, dall’interno risulta difficile accorgersi con precisione di ciò che viene percepito da fuori.

In questi termini, la figura di un professionista dell’area psicologica può sicuramente rivelarsi utile, anche tramite l’utilizzo di schede ad hoc per la registrazione delle diverse modalità comunicative. In alternativa, una buona soluzione potrebbe comunque essere quella di chiedere ai membri del proprio staff un feedback su quanto notato durante gli allenamenti e le partite: si tratta di informazioni estremamente utili per la propria crescita personale, poiché, al di là dello stile naturalmente adottato da ciascuno, la comunicazione rimane uno degli ambiti su cui è possibile lavorare per orientarsi verso modalità più efficaci.

BIBLIOGRAFIA

Skinner, B. F. (1957). Verbal behavior. Appleton-Century-Crofts. https://doi.org/10.1037/11256-000

Smith, R. E., Smoll, F. L., & Curtis, B. (1978). Coaching behaviors in Little League baseball. In F. L. Smoll & R. E. Smith (Eds.), Psychological perspectives in youth sports (pp. 173-201). Washington, DC: Hemisphere.

Smith, R. E., Zane, N.W.S., Smoll, F L., & Coppel, D. B. (1983). Behavioral assessment in youth sports: Coaching behaviors and children’s attitudes. Medicine and Science in Sports and Exercise, 15, 208-214.

Smith, R. E., & Smoll, F. L. (1990). Self-esteem and children’s reactions to youth sport coaching behaviors: A field study of self-enhancement processes. Developmental Psychology, 26, 987-993.

BIO: Michele Bisagni

Classe 1986, psicoterapeuta e psicologo dello sport.

Innamorato del pallone dall’indimenticabile doppietta di Baggio alla Nigeria, ai Mondiali di USA ‘94.

Collaboratore della FIGC per il progetto dei Centri Federali Territoriali e dell’Area di Sviluppo Territoriale.

Docente di Psicopedagogia per i Corsi UEFA B, UEFA C, Licenza D e Level E.

3 risposte

  1. Grazie mille per la menzione nel tuo articolo, il rinforzo che hai dato su questo aspetto credo sia fondamentale e meriti più di una riflessione da parte di tutti.

    Un saluto e spero ci sia modo di confrontarsi, mi farebbe estremo piacere.

    1. Grazie mille davvero!
      Leggere il tuo articolo è stato un grande stimolo per raccontare uno degli argomenti che più mi stanno a cuore: sarà un piacere confrontarsi in futuro!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Leggi anche