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IL CALCIO D’INIZIO COME SUBLIMAZIONE DI UN’IDEA: IL PSG TOTAL DI LUIS ENRIQUE

Freed From Desire, ma con gli accenti al posto giusto. Désiré. Nomen omen.

Doué “irréfrénable” mette la firma, sforna un assist geniale da una posizione in cui il 90% degli attaccanti avrebbe tirato in porta senza esitazione. Ma lui no, alza la testa, guarda nel mezzo e pesca Hakimi che, solo, davanti a Sommer insacca con disinvoltura. Al 20’, ancora il suo zampino con un destro deviato da Dimarco che beffa il portiere nerazzurro.

Strapotere assoluto dei francesi, padroni del campo dal primo all’ultimo minuto, mai in affanno, sempre in controllo e in piena gestione, col possesso palla a consolidare il gioco, mobilità continua a togliere riferimenti agli avversari, pressing forsennato ad annebbiare ragionamento e costruzione interista, una valanga di occasioni e Donnarumma quasi mai impegnato.

Altri tre gol nella ripresa. Una manita tonante, lapidaria, distruttiva: 5-0 e notte fantastica per la squadra di Luis Enrique, artefice di una cavalcata impressionante nella fase a eliminazione diretta dopo un girone di rincorsa.

Una vittoria dedicata alla piccola figlia Xana, scomparsa il 29 agosto 2019 all’età di 9 anni a causa di una terribile malattia, ma presente spiritualmente a Monaco e sempre nel cuore del padre.

PSG-Inter è stata una finale atipica, a senso unico, schiacciante e senza storia, con un’Inter spenta e annichilita da Les Rouge-et-Bleu: un successo strameritato, figlio di un’idea di calcio basata sullo spirito di squadra, sul vincolo della reciprocità e dell’abnegazione, con le individualità al servizio del collettivo e il talento puro a superare le barriere dello star system (il riferimento è a Kylian Mbappè, passato al Real Madrid con il sogno di conquistare la Coppa: obiettivo, al momento, fallito).

Vince la squadra più forte, la migliore dell’edizione 2025 della Champions League, quella che esprime il miglior calcio e interpreta le due fasi, con il codice incorporato delle transizioni, negative e positive, come nessun’altra formazione in Europa.

PRESSING E GEGENPRESSING, ATTIVO E PASSIVO

Il calcio d’inizio del PSG nella finale di Champions League contro l’Inter ha fatto discutere.

Un modus inconsueto e fuori dal comune, ma tipico della squadra di Luis Enrique, già applicato dagli ottavi in avanti ben quattro volte (andata e ritorno con Arsenal, ritorno con Aston Villa e Liverpool nel secondo tempo supplementare).

Un dettaglio che, in mondo visione, è entrato nei radar dei più attenti, scatenando discorsi sparsi e congetture di ogni tipo.

Un piano mirato, quasi in stile rugbistico, che sovrappone tattica e strategia nella visione settaria di Arrigo Sacchi. Ma se nel rugby la touche si effettua per guadagnare terreno verso la meta, nel calcio è uno strumento per accendere il pressing. In particolare, secondo i principi di “Lucho”, diventa una forma di riaggressione su palla inattiva (e non attiva come spesso accade) dopo averla consegnata volontariamente agli avversari.

Una sfumatura che fa parte di un disegno più ampio, in comunione con una concezione di calcio basata sull’intensità e la necessità di togliere ragionamento ai rivali, con tattiche individuali abbinate a una tattica collettiva furiosa, condivisa e partecipata.

Attaccare in fase di non possesso attraverso una fase difensiva veemente e interpretare il ruolo con coerenza seguendo i dettami dell’allenatore.

Proprio lo scorso anno, citando Micheal Jordan, il tecnico spagnolo spiegó a Mbappè il senso della leadership per un centravanti, che non significa soltanto fare gol ma dare l’esempio ai propri compagni.

Come? Andando a infastidire gli avversari e attivando il pressing con la complicità dei colleghi di reparto.

”Tutti per uno, uno per tutti”, come i Moschettieri e la pragmatica di Alexandre Dumas.

Una dichiarazione d’intenti, chiara e precisa, che presuppone spirito di sacrificio e un azzeramento dei singoli a favore del gruppo. È l’io che fa un passo indietro e lascia spazio al noi. Non a caso, con l’assenza di Mbappè, il Braveheart di Enrique è Ousmane Dembélé, perno tattico di capitale importanza, un falso 9 (nato esterno avanzato) con l’abilità di variare il raggio d’azione e incentivare l’interscambio con le due ali, il primo a scattare in versione centometrista sulla costruzione bassa del portiere.

Parola d’origine: gegenpressing e riacquisizione, gioco scandito dai movimenti senza palla, tre mediani molto mobili, una costruzione 3+2 e Hakimi tornante puro e attaccante aggiunto, libero di agire all’interno e all’esterno.

Della serie: “io inizio così, buttando il pallone in fallo lateale sulla trequarti. Vediamo cosa sai fare, gioca, che tanto il pallone te lo rubo prima di farti fare tre passaggi”.

Detto, fatto. Dalla rimessa laterale, dopo pochi tocchi l’Inter perde la palla e il PSG inizia la sua guerra.

Un guanto di sfida inaspettato, che ha colto l’Inter di sorpresa disarmandola completamente.

Un dominio totale, come il credo calcistico di Luis Enrique – d’inclinazione orange – che è valso il primo, storico trionfo in Champions League per il PSG e il secondo triplete in carriera per il tecnico asturiano.

BIO: Andrea Rurali
Brianzolo Doc, classe 1988. Nato lo stesso giorno di Bobby Charlton, cresciuto con il mito di Johan Cruijff e le magie di Alessandro Del Piero. Da sempre appassionato di cinema, tv, calcio, sport e viaggi.

  • Lavoro a Mediaset dal 2008 e attualmente mi occupo del palinsesto editoriale di Cine34.
  • Sono autore del programma di approfondimento cinematografico “Vi racconto” con Enrico Vanzina e co-regista dei documentari “Noi siamo Cinema”; “Vanzina: una famiglia per il cinema”; “Noi che…le vacanze di Natale” e “Cult in campo: L’allenatore nel pallone…40 anni dopo”.
  • Dal 2014 dirigo la rivista web CineAvatar.it (http://cineavatar.it/)
  • Nell’autunno 2022 ho fondato la community Pagine Mondiali e nell’estate 2023 la piattaforma sportiva Monza Cuore Biancorosso.
  • Da agosto 2023 collaboro con la testata giornalistica Monza-News, scrivendo le analisi delle partite dei biancorossi e partecipando alla trasmissione Binario Sport.
  • Dal 2019 collaboro con la casa editrice Bietti, in particolare per la realizzazione di saggi sul cinema inseriti nelle monografie di William Lustig, Manetti Bros, Dario Argento e Mike Flanagan.
  • Tra le mie pubblicazioni, il saggio “Il mio nome è western italiano” nel volume Quando cantavano le Colt. Enciclopedia cine-musicale del western all’italiana (F. Biella-M. Privitera, Casa Musicale Eco, 2017) e il saggio “Nel segno del doppio” nel libro “Mediaset e il cinema italiano. Film, personaggi, avventure” di Gianni Canova e Rocco Moccagatta.

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