LA RISPOSTA SULLA “COSTRUZIONE DAL BASSO”, CONSIDERATA TROPPO RISCHIOSA E PRIVA DI SPETTACOLO.

Caro Luca, eccoci alla nostra pausa caffè.

Visto il plebiscito raccolto dalle tue considerazioni forse non avrebbe senso risponderti. Ci provo lo stesso anche se la strada è impervia e le convinzioni radicate. Non è stato facile contaminare gli allenatori (era il 2012) ancor più difficile sarà farlo con tifosi e appassionati.

Per prima cosa vorrei mettere in chiaro che non sono il paladino della “costruzione dal basso” e che la “costruzione dal basso” non vuole essere il mio cavallo di battaglia.

Come già detto più volte non possiamo separare la “costruzione” dal resto del gioco, essa ne è parte e mi meraviglio che se ne discuta in maniera così animata e litigiosa. Una discussione che invece, a prescindere, tende a separarla dal resto delle dinamiche del gioco e a contrapporre coloro che sono a favore da coloro che sono contro. Non è il modo di pormi di fronte alle questioni. E poi, ben più importante, potrebbe risultare stucchevole ai lettori.

Fatta questa premessa, ho ritenuto doveroso parlarne per quanto accaduto dopo Italia-Venezuela in cui al goal del pareggio subito dagli azzurri alcuni giornalisti hanno stigmatizzato l’errore commesso da Bonaventura (qualcuno dice di Donnarumma) con espressioni irridenti nei confronti di coloro che utilizzano questa modalità di gioco nella partita.

La costruzione dal basso ha lo scopo di far avanzare nel campo la squadra, mantenendo il possesso (ottimo modo per difendere) per arrivare alla finalizzazione, per creare pertanto le condizioni per fare goal con la possibilità, qualora il possesso venisse perso, di riconquistarlo immediatamente poichè più giocatori si troveranno vicini alla palla.

Non significa che coloro che attaccano in maniera più diretta o coloro che difendono nella propria metà campo passivamente, unicamente in attesa dell’errore avversario per poi sviluppare il contropiede, stiano sbagliando, stanno solo scegliendo un’altra strada. A questo proposito, la divisione tra giochisti e risultatisti ha poco senso anche se, è doveroso ribadirlo, anche i giochisti vogliono vincere.

Hai colto nel segno quando dici che costruire dal basso serva ad attirare gli avversari in avanti per poi, magari, provare ad attaccare con un lancio lungo sulla possibile condizione di 1vs1 creatasi nella metà campo offensiva scegliendo appunto tra un attacco diretto o quello che si potrebbe sviluppare attraverso una serie di passaggi tra i giocatori.

Costruire dal basso non necessita una qualità tecnica eccelsa almeno come la si intende solitamente ma necessita la capacità di eseguire un passaggio, solitamente tra i 10 e i 30 metri, che si presume un giocatore professionista non possa non essere in grado di fare. E invece, il nostro giocatore spesso fatica a mostrare questa abilità. Sai perchè? Perchè quell’abilità non riguarda solo il gesto tecnico in sè ma molto di più. Riguarda, ad esempio, la capacità di farlo con gli avversari vicini che determinano un carico psicologico ed emotivo tale che se non l’ho abituato nel suo percorso di formazione, nel settore giovanile e sin da quando si avvicina al calcio, a stare nella complessità che il gioco determina, difficilmente riuscirà a farlo o, meglio, riuscirà a farlo ma con tempi di apprendimento molto più lunghi. Questo è il punto fondamentale: dare ai giocatori, conoscenze, strumenti, esperienze, che li mettano nelle condizioni di poter e saper scegliere.

I giocatori dovrebbero pertanto avere questa competenza ma è sempre il contesto, l’allenatore, lo staff a metterli nelle condizioni di apprendere e migliorarsi.

Guardiola migliorò Iniesta e Xavi così come oggi De Zerbi ha migliorato giocatori come Dunk uno dei più coinvolti nella costruzione: qualcuna delle squadre italiane prenderebbe Dunk??

Tornando al termine ‘contesto’, quando ne parlo, includo anche i tifosi, che dovrebbero sostenere la proposta di gioco, dovrebbero credere in ció che la squadra fa, propone. Occorre una maggiore conoscenza e consapevolezza anche in questo senso e, affinché si manifesti, ha bisogno di tempo, e anche di una comunicazione che la sostenga, la promuova. Il tifoso come te, come me, non dovrà preoccuparsi della valvola mitralica perché sarà dentro al processo insieme alla squadra, insieme al club, all’unisono, apprezzando la bellezza corale del calcio nonostante comporti (forse) qualche rischio in più.

E poi, come ti definisci, da becero, antico frequentatore delle curve, degli spalti e delle tribune stampa, giusto per toccare qualche aspetto valoriale di questo gioco, saprai che, come si legge nella “Storia popolare del calcio” scritta da Mickael Correia (2018), agli albori del calcio moderno (fine 1800), il “dribbling game” che dominava sui campi di calcio era intriso di individualismo…l’unico obiettivo era tirare delle lunghe pallonate affinchè un attaccante potesse tentare, da solo, di segnare un goal…il fatto stesso di passare il pallone ad un compagno di squadra era considerato un segno di debolezza. 

Successe poi che una squadra scozzese, andata a giocare in Inghilterra, impressionata dalla bellezza del gioco intelligente del Royal Engineers Afc, una squadra militare britannica…che aveva imparato il segreto della vittoria nel calcio, ossia, “conservare il pallone”, si appropriò in fretta di questo stile di gioco…, che verrà definito il “combination game”. Questi giovani scozzesi migreranno di lì a poco nel nord dell’Inghilterra per lavorare nelle fabbriche e giocare nelle squadre sotto il patrocinio industriale. I calciatori operai svilupperanno presto il “passing game”, uno stile di gioco a tutti gli effetti che combina i passaggi tipici dei club scozzesi allo spirito di cooperazione e di solidarietà che regna nelle fabbriche. Poichè riflette la cultura operaia, caratterizzata sia dall’aiuto reciproco sia dalla divisione del lavoro, il “passing game” consacra il calcio come sport collettivo…il passaggio incarna l’atto altruista al servizio di tutta la squadra.

La tua affermazione “lo faccia chi lo sa fare” è qualcosa che, non io, ma i calciatori non dovrebbero accettare. Parto da un presupposto diverso dal tuo: ho fiducia nei giocatori, in quello che possono esprimere in campo se li accompagnamo nel loro processo di crescita.

Ancora un inciso riguardo a Guardiola e agli interpreti-giocatori : Xavi e Iniesta, quando lo hanno incontrato, avevano all’attivo, rispettivamente 200 e 150 partite da professionisti. Lanciati a 16 e 17 anni da Louis van Gaal, guarda caso mister di Guardiola. Dopo l’exploit iniziale ebbero anni buoni ma non buonissimi. Prima di giocare sotto la guida del tecnico catalano, mai avevano ottenuto quei risultati di gioco e di estetica.

Accompagnare, e creare le condizioni affinchè i giocatori apprendano, ecco, tra le tante, l’importanza della figura dell’ allenatore.

Esistono portieri e giocatori con piedi e letture più sensibili ed altri meno ma, attraverso il lavoro di campo e una predisposizione all’apprendimento per l’effetto delle idee e non dell’ideologia, un calciatore professionista e non solo, inserito in un collettivo ben allenato, è in grado di costruire da dietro anche se non risponde al nome di Baresi, Maldini, Scirea, Beckenbauer, Haan per citare giocatori a noi cari.

Rispetto a quanto dici su Messi, ti ribalto il paradigma : non pensi che se “la pulce”, per molti il più forte giocatore degli ultimi 20 anni, abbia raggiunto la gloria in seno alla squadra che faceva del gioco corale il suo mantra, voglia dire qualcosa?

Non sto ad approfondire il valore pedagogico della costruzione dal basso e di come, pertanto, dovrebbe essere sostenuta anche da chi, come te, fa cultura ed opinione e che ha a cuore il futuro del nostro calcio. Esagero?

Concludo: so di non averti convinto, e neppure di aver convinto i lettori. Spero almeno di aver suscitato in te ed in loro qualche dubbio o scalfito qualche certezza.

Di seguito una clip, non recente, con alcune azioni in cui l’allontanamento del pericolo determina…il pericolo! (non ricordo chi mi ha fatto avere la clip, lo ringrazio e mi scuso se non lo cito). Le occasioni da goal concesse per degli errori in costruzione si possono vedere, in loop, ovunque.

PS: IL GOAL DEL PAREGGIO CHE ABBIAMO SUBITO CON LA FIORENTINA, LO SCORSO SABATO, NASCE DA UN RINVIO IN AVANTI, A LIBERARSI DEL PALLONE, DI UN NOSTRO DIFENSORE.

A presto. Viva il calcio…anche quello con la costruzione dal basso!

7 Responses

  1. Ciao Filippo. Quanti spunti da questo meraviglioso sport ! Grazie a te e a chi la pensa come te , ho potuto constatare i vantaggi che si possono trasmettere ai bambini ,fare conoscere certe situazioni ,giuste o sbagliate che siano ,farli lavorare nella complessità del gioco, dargli degli strumenti e guidarli nell’apprendimento. Un articolo molto interessante, che, anche se ho avuto la fortuna di averli sentiti molte volte sia nei webinar che con te personalmente, mi hanno aperto un mondo nuovo e per me, che alla mia età è difficile cambiare idea,
    si trova sempre qualcosa di nuovo. Comunque ho apprezzato molto anche le idee espresse da Luca Serafini . A presto Filippo

  2. e’ solo una moda .
    La puoi fare con giocatori come Baresi o Scirea , e non sempre ma quando non ti pressano forte al limite dell’area . Col rinvio lungo del portiere , con attaccanti veloci e scaltri , si son fatti innumerevoli goal .
    Andare dietro alle mode ew’ ridicolo , oltre che autolesionista .

    1. Rispetto il tuo pensiero, anche se faccio fatica. Di quale moda stai parlando? Il calcio è uno sport di relazione tra giocatori e giocare con il rinvio lungo del portiere se c’è pressione forte può avere un senso purchè non significhi liberarsi della palla altrimenti, dal mio punto di vista; è l’anticalcio.
      Grazie per il tuo contributo.
      Filippo

  3. Anticalcio ? ma per favore ! Il calcio non nasce con questa , insisto a chiamarla “moda” .
    Abbiamo vinto mondiali e coppe noi italiani con le nostre idee calcistiche , e per quanto mi riguarda il calcio e’ il gioco piu’ semplice del mondo , solo che lo si vuol fare diventare complicato con esasperazioni tattiche , e numeri al lotto Certo , il Barcellona se lo poteva permettere con giocatori di una tecnica non comune , ma in generale non e’ cosi’ . Saro’ e sono vecchio , ma mi ritengo un Breriano ( G. Brera ) il quale diceva a ragion veduta che non si puo’ stravolgere la storia e la tradizione calcistica di un paese , con la pessima abitudine di scimmiottare altre tradizioni calcistiche , che poi a conti fatti hanno vinto meno di noi . Giocassero bene almeno , ma tolta la Spagna che cura moltissimo la tecnica e il controllo del pallone , a differenza di noi ad es . gli altri sono tutti sullo stesso piano , cioe’ mediocre . Se poi parliamo delle squadre di club con molti stranieri il discorso cambia . . Con questo non voglio dire che non si debbano sperimentare altre soluzioni , ma non si puo’ escluderne altre ( anche apparentemente “vecchie” ) , ma pare che si deve solo giocare con questa partenza dal basso che , se non hai piedi e tecnica di base eccellente puo’ essere il piu’ delle volte controproducente .
    Grazie per avermi concesso questo spazio .

    1. Rimani nelle tue convinzioni Luigi, per carità, ti consiglio se ti va di leggere qualche altro articolo sul blog che parla dei temi a te tanto cari.
      Non voglio farti cambiare idea ma solo provare a comprendere anche le ragioni di un calcio differente da quello che tu dici essere la nostra tradizione.
      grazie a te per le opportunità di discussione. A presto!

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