LO STADIO E IL PONTE TIBETANO – 2^ E ULTIMA PARTE.

NUOVI BISOGNI, TECNOLOGIA E DIGITALE

Lo sviluppo tecnologico rappresenta una componente strettamente integrata con gli impianti sportivi moderni, un elemento di rottura rispetto alla concezione tradizionale di queste strutture e di slancio verso dinamiche sempre più flessibili e contemporanee.

L’ evoluzione delle offerte multimediali, la diversificazione e, non ultime, le ragioni di sicurezza e comodità, favoriscono la costruzione  di stadi con catini di dimensioni e capienze meno ampie rispetto a quelle cui siamo abituati. Hanno tribune molto vicine al campo da gioco, sono agili e, come prima accennato, tecnologicamente avanzati, quali modelli più consoni alle esigenze di spettacolarizzazione dettate dai media e in grado di valorizzare al massimo l’evento. La tecnologia assume un ruolo chiave in questi paradigmi, al fine di poter soddisfare le esigenze organizzative delle diverse tipologie di servizi e di manifestazioni. In buona sostanza saranno strutture pensate per cambiare pelle in funzione delle circostanze. Orientare la progettazione a tutto questo significa predisporre sin dall’inizio un piano che possa, nei limiti del possibile, leggere le tendenze e sapersi trasformare rapidamente.

Pur nella estrema semplificazione, quanto appena detto è strettamente legato alla necessità                 d’ essere sempre in grado di rispondere al cambiamento dell’approccio e della modalità di gestione e fruizione del tempo libero della gente. In passato questo veniva generalmente riempito con abitudini ecumeniche, ovvero con atteggiamenti atti a esprimere e trovare conferma del proprio status sociale. Il cinema, tutto il calcio minuto per minuto, la schedina e  la gita domenicale rientravano nella categoria delle ritualità sociali, a cui aderire secondo modalità di partecipazione e fruizione codificata e abitudinaria, giocata su un palinsesto deciso da altri.

Lo sviluppo socio-culturale del primo decennio del duemila ha profondamente ridefinito tali schemi. Si ricercano emozioni più intense, gratificanti e personalizzate, in un arricchimento di esperienze uniche e non più riti da ripetere, nella ricerca di valori e intensità e nell’ utilizzo di strumenti multimediali anche per le attività più semplici. Come detto, oggi non si consuma passivamente ma  si partecipa e si ricerca un’esperienza; non si acquista un prodotto, bensì un servizio che necessita di un’ interazione personalizzata. Per il semplice acquisto basta cliccare su Sky, Dazn oppure Amazon.

E non  basta l’ adrenalina  della prestazione sportiva, si vuole vivere l’evento da protagonista, condividerlo con altri, commentarlo e consumarlo in una struttura che faccia sentire speciali. C’è un prima, il tempo dell’attesa, da riempire con attività di preparazione come ristorazione o shopping;  di avvicinamento, con le ultime notizie, il backstage e così via; c’è l’evento, cioè tempo del gioco, arricchito di contenuti, valori e significati; infine c’è il dopo, il tempo per ricordare, rivivere, con lo spazio del ricordo e della celebrazione, in cui veicolare interviste, commenti, contributi aggiuntivi e via dicendo. L’evento non prevede spettatori bensì partecipanti. Il pubblico oggi ha un ruolo, è attore a sua volta dello spettacolo.

In questo modo  lo stadio diventa esso stesso un medium. Con le nuove tendenze di fruizione troviamo una molteplicità di touch point tra il brand e il consumatore, che portano a dilatare fortemente il tempo di relazione con il brand stesso.

Lo stadio diventa, di gran lunga il più importante tra i moltissimi punti di contatto: gli altri di carattere fisico (la sede, il centro d’ allenamento e il negozio in centro città), quello digitale (siti, forum, social networks), e quello audiovisivo (tv, stampa, ecc). Infatti la tendenza porta a una logica che rompe lo schema ripetitivo dei palinsesti a favore di un flusso costante di contenuti relativi al brand. Pertanto la chiave è sia la struttura tecnologica, sia la focalizzazione dei contenuti da veicolare e l’architettura editoriale da costruire intorno al brand, dentro l’evento e dentro lo stadio.

Infine una nuova strategia a matrice digitale porta un parallelo ridisegno delle interazioni nella filiera club – tifosi – sponsor. Cambiano i contenuti, cambiano i modi di comunicarli, si raccontano nuove storie. I supporti tradizionali della comunicazione risultano, nella nuova era della convergenza multimediale, meno efficaci.

E’ quindi interesse del club stesso interagire maggiormente con gli sponsor per la creazione di un rapporto condiviso attraverso una relazione più profonda con i fan gestita con le nuove tecnologie. Si pensi al 5G, alla maggior disponibilità e qualità di dati e via dicendo. Con una struttura stadio così concepita è possibile un nuovo storytelling, attraverso la creazione di una più ampia serie di contenuti e infine si realizzano nuove iniziative, ognuna delle quali può proporre diritti di titolazione, o comunque di sharing comunicativo: il tabellone, la copertura wifi, l’ app stadio e tutti gli strumenti per il parking, food at seat e così via.

Il digitale non è solo tecnologia, è un nuovo modo di concepire la strategia. Ci spinge a essere più dinamici, efficienti e competitivi. Piaccia o non piaccia il futuro sarà sempre più così e interesserà tutti gli aspetti del nostro modo di essere. Anche per le strutture esistenti è quindi necessario dotarsi di processi fluidi, interattivi e trasformabili, che si adattino ai nuovi contesti. Bisogna imparare a fare scelte che siano  in grado di correggere in corsa gli obiettivi e si devono introdurre modifiche strategiche per una  configurazione dinamica di quei servizi atti a soddisfare i bisogni degli stakeholder.

Ma quali sono questi bisogni?  Dobbiamo innanzitutto distinguere due macro categorie di stakeholder.

In primis gli utenti, i fruitori della struttura e dei suoi servizi e poi, non meno importanti, i business related come sponsor e televisioni. Nella prima categoria troviamo bisogni diversificati e il più importante sarebbe quello di vincere giocando bene ogni partita e anche in questo lo stadio ha la sua importanza. Però ve ne sono altri, con priorità diverse di caso in caso, ma che sostanzialmente possono essere così classificati:

  • Funzionali, che sono necessari per un approccio positivo all’ esperienza ma che valgono in ogni circostanza, a prescindere: connessione / mobilità / facilità d’ accesso / comodità / semplificazione / integrazione  / organizzazione ed efficienza.
  • Esperenziali, che esaltano e rendono più piacevole appunto l’ esperienza stadio e sono alla base per l’ engagement e la fidelizzazione del cliente: gratificazione personale / attrattività / estetica / varietà / appartenenza / qualità del servizio / gioia e divertimento / appagamento.
  • Di sicurezza e sanitari : tutela della salute / gestione della pressione e dell’ansia / igiene / distanziamento /  telecamere / strutture di controllo.

Nel caso degli stakeholder business i valori prevalenti sono gli spazi e la visibilità. Le loro esigenze sono la location e la configurazione dello stadio per ciò che riguarda  gli sponsor che daranno la titolazione alla struttura o a segmenti della stessa (naming rights );   la visibilità interna, la distanza dal terreno di gioco per le altre tipologie di sponsor. Questi fattori, unitamente al C value (pendenze), ai cablaggi  e alle piattaforme per le telecamere  sono  determinanti   per le produzioni televisive, mentre le strutture di food and  beverage, commerciali,   d’ entertaiment e via dicendo cercheranno flessibilità degli spazi, percorsi che favoriscano l’ eye touche, la segnaletica e i parcheggi.

Infine il concetto può, in caso di necessità contingenti, allargarsi fino alla possibilità di conversione della struttura in aree di supporto logistico o d’ altro tipo. L’ obiettivo quindi dovrebbe essere quello di creare il luogo con un suo  spirito, i suoi rumori, una specifica identità, adatto a svolgere quei servizi che meglio identificano i bisogni contemporanei un posto dove si sta bene, dove ci si ritrova, dove ci si sente sicuri e dove ci si identifica nella propria comunità.

LOCATION, DIMENSIONI E ALTRI FATTORI

Trovare uno spazio adatto a ospitare uno stadio non è cosa semplice e spesso è necessario cimentarsi nella nobile arte del compromesso. Naturalmente questo è comprensibile, ma va sottolineato che una scelta estremamente  mirata rappresenta l’ elemento fondamentale per potenziare il valore strategico complessivo della struttura e soddisfare gli interessi economici, sociali e culturali di tutti gli stakeholder. Banalizzando, il fil rouge del pensiero strategico della scelta del luogo deve seguire in primis gli obiettivi che si vogliono perseguire (cosa sono e cosa voglio essere, quante e attività non sportive voglio ospitare, quali altri interessi voglio generare, quanto e così via). Fissati gli obiettivi e i conseguenti modelli, la location dove gli stessi possono essere meglio realizzati sarà un fatto naturale.

Non esiste controprova ma se l’ Arsenal avesse costruito il nuovo Emirates a Croydon anziché rimanere a Islington, probabilmente sarebbe andato incontro a un fiasco colossale. A Parigi  la Federazione Calcio e l’ Amministrazione Comunale sono stati protagoniste di un ambizioso progetto il cui scopo consisteva in una profonda riorganizzazione del quartiere Saint- Denis, un’area degradata con un altissimo  tasso di disagio sociale.

Questa strategia ha portato alla rinascita economica di un contesto urbano ignorato fino a quel momento. Ma il caso che può essere senza dubbio esemplificato come modello  è costituito dall’Amsterdam Arena (ora Johann Crujiff) il primo stadio polifunzionale in Europa: la zona adiacente all’impianto è stata completamente coinvolta in un processo di riqualificazione, mediante la pianificazione e lo sviluppo dell’arena boulevard, un distretto divenuto il vero cuore pulsante della città, in grado di assicurare ritorni non solo economici, ma anche sociali e culturali.

Dal punto di vista logistico, ci sono due aspetti principali che determinano il tipo di impatto di una costruzione di questo tipo: l’intensità del flusso di persone e le modalità con cui queste si spostano in condizioni normali. A loro volta, questi due fattori sono influenzati dai tempi e dalle modalità di affluenza, dalla capienza dell’impianto e dal bacino geografico di riferimento. Sulla base di queste condizioni la tendenza auspicabile, come avviene in quasi tutti i paesi europei, è favorire la riduzione del traffico privato su ruote a favore di un potenziato  servizio dei mezzi pubblici, progettato e calibrato secondo le necessità.

Ma la parte paradossalmente più critica, in un progetto urbano, è relativa a tutte le conseguenze ambientali legate al complesso dei lavori di costruzione di un impianto: adeguamento delle vie di comunicazione, dei mezzi pubblici di trasporto e dei parcheggi adiacenti lo stadio, predisposizione delle utenze necessarie al funzionamento dell’edificio (acqua, luce, telefonia), tutti elementi che comportano una rilevante trasformazione del contesto ospitante, con la conseguente necessità di interazione con il quartiere e i suoi abitanti.

Stadio comodo, polifunzionale, sostenibile e via dicendo, ma quanti posti e con  quale mix? Calcolare la capienza ottimale di un nuovo stadio non è una scienza esatta. Ogni realtà e ogni contesto sono diversi uno dall’ altro e risulta difficile, anzi sarebbe pericoloso, affidarsi al semplice benchmarking. Tuttavia esistono elementi  che possono fornire utili indicatori in termini di range di capienza. 

Per prima cosa occorre considerare che stiamo pensando oggi a qualcosa che avrà la sua piena funzionalità dopo i tempi d’ approvazione e costruzione (alcuni anni) e per un periodo molto esteso. Quindi è importantissima la proiezione strategica degli obiettivi del club e la visione relativa ai cambiamenti sociali e dei consumi a lungo termine. Poi va considerata la fan base e la sua tipologia ; la valutazione di come la localizzazione del nuovo stadio è destinata ad influenzare la  presenza di pubblico (ovvero la localizzazione dello stadio posta in relazione con le caratteristiche generali del tifoso tradizionale e di qualsiasi altra fonte di flusso); il trend di presenze per il campionato  e per le altre competizioni , sia in termini di abbonati sia di biglietti per singola partita, suddiviso per settore; il trend di totale incassato per spettatore, suddiviso tra biglietti e altri servizi (food, merchandising, parking ecc.);   le caratteristiche della citta’: business, turistica, industriale, agricola, ecc. per  orientare la scelta del mix tra vip, corporate e general e via dicendo. Per rendere un’ idea di come la decisione in merito a questo tema sia complessa e debba procedere flessibilmente per aggiustamenti progressivi, può essere d’ aiuto sapere che il bowl dell’ Allianz Arena di Monaco è stato ridisegnato, tra il primo progetto e quello esecutivo, ben 35 volte con altrettante modifiche alla capienza e al mix dei posti. 

Diventa quindi fondamentale saper leggere ed essere in grado di cavalcare i rapidi cambiamenti della realtà sociale, economica, culturale, tecnologica e sportiva: la polarizzazione, l’internazionalizzazione e la concentrazione del mercato, la segmentazione della domanda, la ricerca e l’ engagement di nuovi target, lo sviluppo delle nuove tecnologie e di nuovi mercati a livello mondiale, l’affermazione di nuovi bisogni sempre più personalizzati. Gli impianti sportivi devono pertanto rispondere ad una serie di criteri sempre più stringenti e discriminanti che sanciranno il successo o meno di un progetto.  Le opportunità sono molteplici e dovranno essere intraprese da un management aperto e innovatore.

IL MODELLO DI BUSINESS

Sotto questo profilo la domanda a cui dare risposta nell’ intraprendere l’ avventura di progettare o ristrutturare uno stadio sta nel come la nuova realtà cambierà radicalmente la gestione e i rapporti interni del club, come impatterà su tutti gli stakeholder esterni e interni e come modificherà il territorio, sia fisicamente sia funzionalmente. In una parola occorre una visione globale condivisa. E la risposta che daremo a noi stessi non potrà essere generica, banale nè, tantomeno, un “ perché cosi fan tutti”.

Virtualmente il modello può essere visto come una matrice a tre indirizzi dove, in  base alle analisi, alla visione e alla cultura aziendale, si stabiliscono le scelte in termini di target,  di dimensionamento degli spazi disponibili e di posizionamento dell’ offerta. Numero totale di posti, definizione dei settori, composizione dell’ area corporate, politiche di prezzo per la biglietteria e gli altri servizi, definizione delle sinergie con gli sponsor, configurazione dei percorsi e via dicendo saranno le componenti da considerare nella definizione del modello e andranno a posizionare il club all’ interno del box della matrice.

Ѐ importante chiarire che “modello di business” non coincide con la strategia, è piuttosto uno strumento attraverso cui si cerca di esternarla nel modo più attendibile possibile. Si può dire che questo strumento è una mappa che conduce alla creazione di valore, comprendente al suo interno le business unit aziendali, relazionate tra loro secondo equilibri definiti. Ognuna di queste unità, infatti, viene sviluppata attraverso le scelte del modello di business che consistono nell’esplicitazione ed applicazione della stessa strategia aziendale.  Risulta quindi intuibile come la realizzazione di una rinnovata unità aziendale come quella di un nuovo stadio con i presupposti commentati nelle precedenti pagine, con il completo cambiamento strategico che questo comporta, unitamente agli investimenti necessari per realizzarla, diventi un fattore altamente disruptive e debba essere gestito con specifica competenza e professionalità.

Diventa pertanto fondamentale aver certezza di avere disponibili tutte leve necessarie per gestire il processo sia di realizzazione, sia della successiva gestione del nuovo stadio. Si parla di visione, di motivazione, di competenze, di risorse economiche, di comunicazione e di un piano di project management che coordini il tutto. E sarà parimenti necessario avere la consapevolezza che tutte le caselle  siano al loro posto e che i contenuti funzionano. In buona sostanza la nuova  ratio  strategica non sarà più   “la società possiede una squadra di calcio che gioca in uno stadio” ,  bensì   “la società possiede uno stadio dove ci gioca una squadra di calcio”. Pare evidente che il semplice spostamento di due parole nella medesima frase implica un enorme cambiamento di strategia e visione.

CONCLUSIONE

Il nuovo stadio è definibile come un manufatto polifunzionale ad alta complessità tecnologica  e inteso come
 un prodotto territoriale allargato. E’ una struttura che non rappresenta esclusivamente un semplice luogo di intrattenimento, ma un elemento posto in relazione con altri all’interno di un sistema, in grado di contribuire in modo attivo alla valorizzazione di un determinato territorio, consentendo di attrarre investimenti e migliorando le sinergie molteplici di contesto.  La sua  figura retorica può  essere rappresentata dal nodo Borromeo.   

Quando si parla di questo simbolo si intende un nodo formato da tre anelli che si intrecciano e si intersecano; basta che uno venga tagliato e il vincolo che li unisce si scioglie completamente. La particolarità degli anelli del nodo Borromeo è quella di essere indispensabili l’uno all’ altro per l’unità del link. L’etimologia del nome è fatta risalire a Federico Borromeo, cardinale e arcivescovo di Milano, che lo scelse come suo emblema della sua dinastia. La metafora del nodo Borromeo è usata in filosofia e psichiatria per definire i rapporti tra corpo, mente e psiche. Fra gli anelli non esiste una scansione gerarchica, dal migliore al peggiore o dal più al meno efficace; ognuno ha la sua importanza in rapporto agli altri.

Nel nostro caso Il primo cerchio è rappresentato dall’ offerta di uno spettacolo sportivo, unitamente ad altre attività che ne completano la fruibilità in tempi allargati  per un pubblico diversificato, rappresentato non solo da  tifosi, ma da tuttala comunità; il secondo dal luogo in cui dette attività si svolgono, completando quindi il ciclo d’ interesse sociale e di rigenerazione urbana che un impianto moderno deve garantire; il terzo è il modello di business adottato da un management adeguato a gestire le complessità di un settore in costante evoluzione e dotato di una visione strategica  di  lungo periodo.

Questi incroci favoriscono la creazione di nuovi social hub, dove si potranno  esprimere e consolidare i nuovi percorsi e le nuove tendenze di fruizione e d’ esperienza, attraverso nuove logiche mediatiche e di comunicazione convergenti e dove lo sport più amato al mondo potrà esprimersi in modo sostenibile. Come nella logica filosofica del nodo Borromeo, non esiste una parte più importante: ognuna regge l’altra e solo il link indissolubile tra le tre componenti potrà generare successo sociale ed economico.

BIO: ANTONIO MARCHESI

Consulente di strategia aziendale, ha fondato e diretto per anni il segmento Sport Industry  di Deloitte in Italia.

Ha collaborato con la Uefa, la Figc, la Lega di A, la Lega  Pro e numerosi Club, tra cui FC Juventus, AS Roma, FC Bologna, SS  Lazio, Torino FC, US Lecce, FC Internazionale e AC Milan. In quest’ ultima società  è stato membro del  Consiglio di Amministrazione, con un  ruolo operativo nella definizione del nuovo assetto strategico e  di sviluppo in affiancamento al Vice Presidente – Amministratore Delegato.

Ha insegnato per oltre un decennio Gestione delle Aziende Sportive nell’Università di Torino e ha tenuto lezioni ai principali Master dello Sport ( SBS, Mastersport Institute, Master FIFA ). Da 7 anni collabora con il Politecnico di Milano come coordinatore strategico per il Master In Sport Design and Management. E’ autore di due libri dalla collana Politecnica edita da Maggioli Editore e di numerose altre pubblicazioni in materia di Sport Business.

Attualmente è Senior Advisor per  Monitor Deloitte.

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