POSSANO I TUOI SOGNI DIVENTARE REALTA’: INCONTRO CON PACO SEIRUL-LO

A Nan il compito di raccontare l’esperienza vissuta lo scorso 7 e 8 febbraio.

Perche’ Nan? Perche’ Nan e’ stato il nostro capogruppo, perche’ ha organizzato tutto, perche’ essendo nato a Minorca comprende meglio di tutti noi lo spagnolo, la lingua di Paco, e siamo certi che ne abbia saputo cogliere tutte le sfumature, infine perche’ ha passione e professionalita’.

Ecco il racconto…

Il calcio è uno stile di vita, una continua evoluzione, un mezzo e non un fine, il mezzo per trasformarci in persone migliori nel cammino verso l’eccellenza, aiutandoci ad affrontare la vita, imparando, crescendo e migliorando dai momenti difficili.

Per questo motivo è fondamentale un atteggiamento positivo di fronte ad ogni situazione, ma anche avere l’energia necessaria per vivere ogni momento al meglio ed essere in grado di credere in noi stessi, in tutto ciò che facciamo e negli altri, per creare i migliori contesti di apprendimento e per imparare ogni giorno, poiché la vita è un apprendimento continuo e non esiste una situazione uguale ad un’altra.

È da questo pensiero che nasce l’idea di riunirci in un piccolo gruppo di persone per realizzare un “sogno”, il nostro “sogno”, ovvero incontrare Paco Seirul·lo e poter approfittare di due giorni insieme a lui per parlare, confrontarci e discutere di ciò che più ci appassiona, il calcio. 

Ecco perché Filippo Galli, Valter Vio, Alessandro Turchetti ed io, Nan Moll, ci mettiamo al lavoro e iniziamo a progettare e a lavorare affinché questo sogno diventi realtà, poiché, si sa, le cose prima che accadano devono essere sognate.

Incontrare  Paco Seirul·lo e avere a che fare con la sua professionalità e la sua esperienza è stato qualcosa di unico ed arricchente, abbiamo avuto il piacere di conoscere una persona umile, rispettosa, gentile, sincera e totalmente disponibile a farci trascorrere dei giorni meravigliosi.

Il nostro viaggio insieme a lui è iniziato con una sua frase interessante: “per sconfiggere la spada serve la piuma!”. Al sentire questa frase tutti lo abbiamo guardato sorpresi e curiosi di comprenderne il significato.

Tale affermazione definisce, infatti, l’importanza di un cambiamento di paradigma, un paradigma in cui l’agilità, la variabilità, l’adattabilità e la complessità risultano fondamentali. Mentre la spada colpisce e distrugge, limitando il processo e le esperienze, la piuma si adatta all’ambiente e lo modifica.

Questa frase e questa spiegazione mi sono rimasti impressi nella mente e nel cuore e quando chiudo gli occhi ancora posso vedere Paco Seirul·lo che spiega con la sua gestualità e la sua espressività, un momento senza dubbio indimenticabile.

Da questo concetto discende l’importanza che la persona sia in grado di adattarsi all’ambiente, ogni ambiente è diverso, variabile e complesso, quindi la persona deve trasformarsi e superarsi in continuazione attraverso relazioni e sinergie tra pari e nei contesti. L’ambiente ci mette alla prova e ci permette di migliorare in continuazione, diventando così un elemento essenziale nella crescita e nello sviluppo della persona.

Molte volte, come allenatori, cerchiamo di avere il controllo delle cose senza essere consapevoli di come questo limiti la crescita e lo sviluppo del giocatore/persona.

Gli obblighi negli allenamenti fanno sì che vengano preparati i gesti specifici creando un limite nella formazione del giocatore/persona.

Gli obblighi limitano il comportamento e le relazioni tra giocatori poiché l’attenzione è posta alla ricerca di gesti e aspetti specifici che noi, gli allenatori, riteniamo importanti.

 L’ideale, pertanto, sarebbe quello di rimuovere gli obblighi, e noi stessi, come allenatori, diventare un elemento facilitante in modo che il giocatore possa scoprire e costruire, attraverso la libertà, le relazioni e la creatività, il proprio talento, la propria personalità e il suo modo di essere.

Le esigenze del calcio stesso vanno ancora di più in questa direzione e ci invitano a questo cambio di paradigma poiché il calcio è caotico, variabile, imprevedibile, complesso e non esiste una situazione come un’altra, pertanto, dobbiamo tenere presente, come già detto, che gli obblighi rappresentano un fattore limitante per la crescita e lo sviluppo del giocatore/persona e per lo sviluppo del gioco, annullando così la massima espressione del calcio stesso, ovvero lo spettacolo, che diventa prevedibile e noioso.

Dipende da noi, allenatori, dirigenti, responsabili, capire quale tipo di calcio vogliamo per il futuro. Per questo vi invito a riflettere su quanto detto, per il bene del calcio, della crescita e dello sviluppo della persona.

Un altro argomento che abbiamo affrontato è stato la questione della preparazione fisica e della prevenzione degli infortuni, un argomento fondamentale.

È importante lavorare su questo aspetto all’interno del gioco permettendo al giocatore di confrontarsi con la realtà che può incontrare in partita, infatti se ci allontaniamo dalla realtà e dalla variabilità del gioco non aiutiamo il giocatore e questo può causare infortuni poiché allontanandoci da tale realtà quello che facciamo è allenare i muscoli principali, dimenticando i muscoli coadiuvanti, che sono quelli che danno stabilità e facilitano il movimento al muscolo principale, aumentando così la probabilità di lesioni muscolari nel calcio.

Altro argomento interessante è stato quello della sublimazione della responsabilità e di come questo influenzi il calcio.

Molte volte osserviamo come un giocatore limita il gruppo, le relazioni che si possono creare tra i giocatori, così come i giocatori a livello individuale, togliendo responsabilità e opportunità agli altri componenti della squadra.

Dobbiamo essere consapevoli che questo limita il giocatore e il gioco poiché fa sì che le responsabilità vengano assunte solo da una persona o da poche, ponendo il resto della squadra in una condizione di facilità e di non assunzione di nuove responsabilità

Un’altra perla che ci ha lasciato Paco Seirul·lo è stata questa: il calcio è tempo, il tempo è tutto poiché viene modificato in continuazione. Il tempo definisce le relazioni/interazioni con la palla, con i giocatori, la mobilità (MCP-MSP), la mobilità degli avversari.

Per questo dobbiamo essere consapevoli che sarà necessario allungare il movimento attraverso l’inganno e ridurre i tempi di intervento. Ciò aumenterà sicuramente la variabilità e l’incertezza nell’avversario poiché la palla si muoverà più velocemente e con più criterio grazie alle diverse alternative.

Queste sono alcune delle tante cose interessanti che abbiamo discusso con Paco Seirul·lo e potremmo parlare e raccontare a lungo di questa meravigliosa e arricchente chiacchierata, tuttavia ciò che credo è che la curiosità sia la chiave per diventare persone e professionisti migliori, pertanto spero di aver risvegliato la vostra curiosità.

In ultimo voglio ricordare che il calcio e la formazione non hanno età, ma ciò che conta veramente è la mente, una mente aperta e curiosa senza paura di condividere e vivere nuove esperienze.

Grazie mille a tutti

Joan Moll

BIO: Joan Moll, e’ un allenatore di calcio nato a Ciutadella de Menorca, Spagna, che dopo aver fatto parte del FC. Barcellona e allenato la 3ª divisione spagnola, decide di intraprendere un nuovo cammino. In questo momento, infatti, lavora come allenatore U17 e direttore di metodologia nell’ A.C. Trento.

8 Responses

  1. La filosofia di Seirul.lo (e la sua applicazione al modello di gioco del Barça) è alla base del successo del calcio spagnolo degli ultimi 20 anni, e
    questo articolo aiuta a capire la totalità del problema senza ripetere la solita fissazione di dover migliorare il gesto tecnico in maniera avulsa dal contesto di gioco.
    Giorgio – allenatore a Barcellona

  2. Articolo davvero molto interessante che mi ha fatto sorgere due questioni, che sono queste:
    – quando parla di “eliminare gli obblighi”, cosa intende per obblighi? i vincoli?
    – quando dice “il calcio è tempo”, parla che è necessario allungare il movimento attraverso l’inganno e ridurre i tempi di intervento.. cosa intende dire di preciso?

    1. Grazie mille per il commento e per la curiosità, questo indubbiamente ci rende tutti migliori.

      Con queste due domande sicuramente potremmo parlare per ore, anche sviluppare un master. Pertanto, cercherò di essere concreto e di sintetizzare un po’.

      Se partiamo dall’idea che il gioco è variabile, caotico, complesso e imprevedibile, dobbiamo tenere conto che gli obblighi ei vincoli diventano un fattore limitante per lo sviluppo del giocatore/persona e per il gioco.
      Molte volte ciò che l’allenatore cerca con gli obblighi o i vincoli è allenare gesti o aspetti specifici che limitano la creatività, le relazioni o la scleta, tra altre cose.
      “Idealmente”, dal mio punto di vista, sarebbe che l’allenatore/formatore fosse in grado di generare ambienti/contesti di apprendimento in cui i giocatori possano indagare, investigare, sbagliare e interagire per trovare le migliori soluzioni basate sulla realtà, la variabilità e la complessità del gioco.

      Per quanto riguarda il tempo, dobbiamo tenere presente che lo spazio è fisso, è limitato. Il tempo invece cambia continuamente e con i nostri comportamenti facciamo aumentare o diminuire il tempo.
      Per questo motivo, quando la squadra ha la palla, la mobilità dei giocatori senza palla sarà fondamentale, prima di ricevere attraverso l’inganno, lo smarcametno, i cambi di direzione, il gioco alle spalle dell’avversario… Questo creerà incertezza e dubbi nell’avversario mentre darà più opzioni e possibilità alla squadra con la palla.
      Tutti questi movimenti ci aiuteranno a rendere il gioco più intenso, non correndo di più ma avendo più opzioni al momento con la palla, che ci aiutara a circolare meglio la palla e sicuramente ci darà più criterio di gioco, aumentando così il rapporto attraverso la palla.

      Insomma, dal mio modesto punto di vista, l’allenatore deve diventare un facilitatore del processo affinché i giocatori possano intuire cosa può accadere per poter anticipare e passare così dall’essere un soggetto passivo che legge la partita a un soggetto proattivo è in grado di scrivere la partita.

      Spero di averti aiutato e rimango a tua disposizione in caso di dubbi.

      Grazie

      1. Innanzitutto grazie mille per la risposta e per il tempo che mi hai dedicato.
        Sono pienamente d’accordo sulla curiosità e, personalmente credo che il fare domande, creare relazioni, porsi dei dubbi sia fondamentale per chi fa questo lavoro.

        Sull’utilizzo dei vincoli mi sono fatto una idea, cioè che quando vengono usati il mio focus non è per limitare il giocatore (anche se purtroppo un po’ qualche limite si creerà), ma sarò osservare i comportamenti che emergeranno per far si che venga “vinto” questo vincolo.

        Per quanto riguarda il tempo, ho capito perfettamente l’idea, e mi trovi perfettamente d’accordo.

        Grazie ancora per la disponibilità.

  3. Complimenti per l’articolo
    La mia damanda é sul sublimazione della responsabilità
    La sublimazione della responsabilità può essere applicata al settore giovanile (attività di base) .
    Nell’ attivita di base (pulcini esordienti) ci sono dei bambini che limitano il gruppo sotto l’aspetto comportamentale é possibile adottare tale principio.

    1. Ciao Marco Rossi,

      grazie mille per aver letto l’articolo e per il tuo feedback, ma soprattutto grazie per la tua domanda e la tua curiosità.

      Da questo articolo possono nascere tanti spunti interessanti e potremmo aprire un bel dialogo, per questo sarò felice di provare a rispondere alla tua domanda.

      Se partiamo dall’idea che il calcio è fatto di persone, e che ogni persona è diversa, dal mio modesto punto di vista possiamo parlare di sublimazione della responsabilità nel settore giovanile, poiché tante volte il comportamento, o l’atteggiamento, di un giocatore possono limitare gli altri compagni o lo sviluppo del gioco.

      Vorrei però andare oltre e dire che ciò che può veramente essere limitante è il comportamento, o l’atteggiamento, dell’allenatore delle giovanili in questi tipo di situazione.

      Per essere più chiaro proverò a fare 2 esempi:

      1. Abbiamo un pulcino che, a livello di crescita e sviluppo, è superiore agli altri, ad esempio è più alto, più veloce e ha più forza, l’allenatore decide quindi di sfruttare la sua potenza fisica facendolo giocare come punta, in questo modo proporrà un gioco diretto per segnare più gol, questo sicuramente lo aiuterà a vincere più partite. In questo caso l’allenatore diventa un fattore limitante per questo giocatore, per il resto della squadra e per lo sviluppo del gioco, infatti questo giocatore si assume delle responsabilità non adeguate alla crescita e allo sviluppo personale e collettivo.
      Se invece l’allenatore è in grado di fornire un buon processo di crescita a questo ragazzo, tutto cambia e può diventare un fattore facilitante. Ad esempio, se invece di mettere questo ragazzo come punta lo fa interagire in altre zone del campo, in modo da potersi rapportarsi costantemente con diversi compagni di squadra, questo farà si che il ragazzo sviluppi altre abilità e possa contribuire positivamente alla crescita e allo sviluppo dei suoi compagni e questo permetterà di vivere e sperimentare nuove opportunità e situazioni.
      Un altro aspetto positivo per questo ragazzo potrebbe forse essere il fatto di farlo giocare in una categoria superiore così da poter fare altre esperienze che lo facciano sviluppare e assumere altre doti.

      2. Un altro esempio simile potrebbe essere il seguente: nella categoria esordienti abbiamo un giocatore tecnicamente più bravo degli altri e l’allenatore decide di far giocare la squadra in funzione di quel giocatore, portando il pallone più volte possibile vicino all’area poiché lui dribbla sempre e fa gol.
      Potrebbe essere interessante che questo giocatore interpretasse diversi spazi di gioco muovendosi più liberamente in campo in modo da poter aiutare e contribuire positivamente alla crescita degli altri compagni di squadra, diventando così un elemento di collegamento tra gli altri compagni attraverso la palla.

      Questi sono due esempi che possono aiutarci a capire il concetto e come affrontarlo nel settore giovanile, il problema non sono le qualità e le capacità delle persone ma la competenza dell’allenatore che puo far si che tali capacita diventino un elemento facilitante per tutti i giocatori e per il gioco.

      L’allenatore del settore giovanile, non dovrebbe essere concentrato sul risultato. Ciò che l’allenatore dovrebbe fare è fornire un processo di insegnamento/apprendimento ottimale a ciascun individuo in base alle sue capacità e ai suoi bisogni attraverso ambienti/contesti di gioco reali, variabili, caotici e complessi in modo che i comportamenti di ciascun individuo possano emergere.

      Spero di essere stato chiaro e rimango a disposizione per qualsiasi ulteriore domanda

      Grazie

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