INTRODUZIONE AL PERCORSO METODOLOGICO – LE 5 STAGIONI E PILLOLE DI METODOLOGIA – 1.

Dovrei iniziare parlando di cultura organizzativa ma fedele ad un’idea di non linearita’, provo ad accennare qualcosa sul tema della metodologia.

La metodologia e’ qualcosa di altamente complesso.

Il mio racconto e’ figlio delle esperienze vissute da giocatore, da allenatore e di quelle che mi hanno visto o altri ruoli ricoperti nell’ ambito calcistico e dello sport giovanile.

Nessuna laurea o master a certificare le competenze ma tante lezioni ascoltate e vissute, confronti e discussioni, webinar (proliferati con l’arrivo del covid). Una forte convinzione in cio’ che si e’ fatto, sperimentato, a volte stravolto altre avvalorato, sempre con uno sguardo curioso rivolto all’aggiornamento.

Il pensiero che sostiene l’attuale approccio metodologico ha avuto infatti una continua evoluzione e certamente l’ avra’ anche in futuro.

Per ragioni di comprensione suddividero’ il percorso fatto finora in stagioni, ciascuna con una durata differente, a partire dalla mia prima attività sportiva fino ad oggi. Ognuna di queste lo ha in qualche modo influenzato e indirizzato, le conoscenze acquisite nel tempo mi hanno permesso di rielaborare alcune esperienze, traendone conclusioni differenti.

Di seguito le cinque stagioni:

  • 1-La stagione della ginnastica artistica, dei cortili, della strada, dei campetti di San Fiorano e dintorni, dove ho giocato, spesso, con amici più’ grandi di me, del settore giovanile della COSOV (centro organizzazioni sportive oratorio Villasanta) e del campionato in Prima categoria con l’Ac Villasanta (dai 6-7 ai 16-17 anni)
In piedi da sx :Fato, Galli papa’ e accompagnatore:-), Del Corno, Nugnes, Meregalli, Mister Cambiaghi, Angusti, Trivelli, Presidente Mariani. Accosciati da sx : Valagussa, Tremolada papa’ e accompagnatore, Zappini, Tremolada, Alippi, Fumagalli, Galli, Sambruna, ? Accompagnatore.
In piedi das sx: Tremolada papa’ e accompagnatore, Zappini, Del Corno, Meregalli, Angusti, Trivelli, Rota, Mister Cambiaghi, Fato. Accosciati da sx: Galli, Bellamacina, Verderio, Pompili, Valagussa, Tremolada, Celotto, Sambruna.
  • 2-La stagione nel Settore Giovanile dell Ac Milan (dai 16-17 ai 19 anni)
Mister Arrigo Sacchi e Mister Italo Galbiati. Ho messo qui questa foto perche’ Mister Galbiati prima di essere stato il collaboratore di Sacchi e Capello e’ stato l’allenatore della nostra squadra Primavera.
  • 3-La stagione del calcio professionistico: dal Pescara, nell’82 ,alla Pro Sesto nel 2003, passando per il Milan, sogno diventato realtà, la Reggiana, il Brescia, il Watford e la Pro Sesto. (dai 19 ai 40 anni)
  • 4-La stagione dell’allenatore, dall’assistenza tecnica a Franco Baresi e allo staff della Primavera, a quella ad Ancelotti e al Tasso con la Prima squadra, passando per due anni alla guida della Primavera rossonera (dai 41 ai 46 anni)
  • 5-La stagione che definirei “piu’ dirigenziale”, quella della guida del Settore Giovanile del Milan, del lavoro al Settore Tecnico della FIGC come responsabile del corso (struttura, docenti e contenuti) per Responsabili di Settore Giovanile ed infine, della Direzione dell’Area Metodologica del Parma Calcio 1913. (dai 46 anni agli odierni 59!)

Edgardo e Domenico, i miei compagni di viaggio

Mi auguro di poter accogliere il pensiero di esperti cosi’ da poter condividere il loro contributo, il loro punto di vista, le loro idee.

PILLOLE DI METODOLOGIA – 1

COS’E’ UN METODO E COSA SIGNIFICA AVERE METODO ?

Spesso si tende a confondere il metodo con l’obiettivo e lo strumento con l’esito.

Proviamo a fare chiarezza :

– l’obiettivo e’ l’esito che vogliamo raggiungere.

il metodo e’ lo strumento che utilizziamo per raggiungerlo.

Se ci riferiamo al mondo del calcio ed in particolare al Settore Giovanile e’ necessario innanzitutto, fissare l’obiettivo : vogliamo vincere, formare giocatori, guadagnare o almeno essere sostenibili o altro ancora?

Potremmo anche dire che vorremmo raggiungerli tutti ma, almeno ad oggi, sarebbe utopia.

Poniamoci allora come principale obiettivo la formazione del giocatore, la cosiddetta produttivita’ come si direbbe in un’azienda che fabbrica oggetti.

Vale per le societa’ professionistiche e per le societa’ dilettantistiche.

Definito il COSA ora occorre definire il COME.

Il COME e’ appunto il METODO, dal greco  μέϑοδος (methodos), dall’unione del prefisso μετα (meta) = oltre + il sostantivo  ὁδός (odos) = strada.

Pertanto, metodo significa letteralmente “strada attraverso cui si va oltre”, la strada per raggiungere l’obiettivo. 

Questa strada deve essere piu’ampia possibile, in questa strada devo porre tutto cio’ che mi serve per arrivare all’obiettivo, alla formazione del nostro giocatore o della nostra giocatrice.

Non e’ lo strumento che risolve la questione ma l’utilizzo che ne faccio.

Parlare di metodo nei Settori Giovanili spesso spaventa, a volte viene inteso come un tentativo di omologare il pensiero, di costringere tutti a fare qualcosa di imposto. E’ esattamente il contrario, significa, secondo la nostra esperienza, aprire al dialogo verso pensieri differenti, aprire alla propositivita’ di tutti, lavorare provando ad accrescere il Capitale Umano : allenatori, preparatori dei portieri, preparatori atletici, videoanalisti, pedagogisti, psicologi e tutte le figure professionali e non, all’interno di una Societa’.

Paradossalmente anche chi non ha metodo, ha un metodo, anche chi non sa cosa fare e copia le esercitazioni dal libro ha un metodo.

 Ecco, forse, per non arrivare a questo, credo sia opportuno affrontare la questione.

Non si tratta pertanto di chiudere, dividere, separare, creare la fazione di chi sostiene il “lavoro analitico e chi “il lavoro situazionale”, di chi e’ “risultatista” e di chi invece sta dalla parte dei “giochisti” e via dicendo, di chi pensa di allenare individualmente e chi nel globale, piuttosto di avvicinare attraverso un’attenta osservazione e valutazione del contesto, delle risorse.

Attenzione pero’. Non significa che tutto vada bene oppure faccio un po’ di tutto, un po’ di questo e un po’ di quell’altro! La diversita’(di proposta) e’ certamente un valore ma, non dobbiamo dimenticarlo, solo se concorre a raggiungere il nostro obiettivo.

A questo punto, per poter comprendere almeno in parte, quale direzione debba prendere il nostro metodo, credo sia opportuno interessarsi al tema dell’apprendimento.

Come apprendono i nostri giocatori, le nostre giocatrici?

6 Responses

  1. Grazie Filippo, mi pare una analisi che rompa le convenzioni e i perimetri dei luoghi comuni di cui riporti le “etichette” nel tuo pezzo. Penso, da ignorante, che il lavoro in un settore giovanile sia formare i giocatori e le persone. Almeno quello prioritario. Mi piacerebbe una tua analisi sul vivaio del Milan anni 70 80 da cui sono usciti 4 dei 5 i giocatori che hanno composto la difesa più forte della storia del calcio. Erano anni in cui la squadra non era al vertice, ma nel settore giovanile si produsse quel risultato. Quali erano le priorità di quella gestione? E il/i metodo/i conseguenti? Come si è potuto raggiungere quel risultato incredibile?

  2. Grazie della condivisione.
    Come già scritto nei commenti su linkedin, secondo me, purtroppo, nei settori giovanili in Italia si fa’ troppa importanza al risultato e questo fa’ perdere di vista quello che dovrebbe essere l’obiettivo primario e cioè la crescita dei ragazzi.

  3. Grazie mister, per aver condiviso le sue esperienze, il suo sapere in maniera chiara e sintetica.Secondo me è di fondamentale importanza che durante un’allenamento il metodo sia sempre accompagnato dal contesto funzionale dell’obiettivo da raggiungere.

  4. Grazie Filippo per il tuo contributo, credo vivamente che sia arrivato il momento di rbaltare lo scenario nel nostro paese, se non ci mettiamo in testa di formare e far crescere i nostri ragazzi in un certo modo altro che due mondiali non parteciperemo……..!!!!

  5. La risposta alla domanda finale invece di chiudere la questione, la apre (direi fortunatamente…). Si impara a giocare giocando, siamo tutti d’accordo. SO PERCHÉ SO FARE. Bene. Dunque, si apprende attraverso le esperienze pratiche. Bene. Ma, arricchisco le mie competenze individuali per essere in grado di esprimere al meglio le mie potenzialità solo in contesti collettivi? E se attraverso il gioco non ci riesco? Un problema complesso lo posso scindere in vari piccoli problemi più semplici? Esercitazioni individuali possono essere utili per acquisire competenze che poi posso utilizzare nei contesti di gioco? La questione è complessa…

    1. Buongiorno Alessandro, si, questione molto complessa. Per quella che e’ la nostra esperienza non escludiamo la possibilita’ di ricorrere ad esercitazioni individuali. Prima di arrivare a quest’ultime c’e’ un mondo da esplorare. Credo che il problema o meglio, uno dei problemi, sia che, anziche’ partire da dentro il gioco ed eventualmente uscirne, si parta da fuori per poi entrare nel gioco.Si e’ poco propensi a cambiare il modo di vedere le cose.
      Grazie per il contributo.

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