EURO ’24 – PRE GARA – OTTAVI DI FINALE : SVIZZERA – ITALIA

Il taumaturgico evento fortunatamente verificatosi prima che i battiti di tempo conclusivi della sfida contro la Croazia volgessero definitivamente al termine, vale a dire la parabola vincente disegnata da Zaccagni dopo la dirompente avanzata palla al piede di uno straordinario Calafiori (ahinoi squalificato), ha consentito alla nostra nazionale non solo di approdare agli ottavi di finale della corrente manifestazione continentale (senza la rete dell’esterno laziale l’Italia non sarebbe stata fra le quattro migliori terze dei diversi gironi di qualificazione alla fase ad eliminazione diretta) ma altresì, primariamente, di collocarsi all’interno del versante meno complesso, per usare un eufemismo, del tabellone preliminarmente delineato al fin di piazzare le compagini che hanno acquisito il diritto di giocarsi la possibilità di issarsi sul trono europeo: la Svizzera, ostacolo a onor del vero complicato, potrebbe, qualora domata, consentire agli azzurri di affrontare presumibilmente l’Inghilterra, la selezione che, partita con i favori del pronostico, ha letteralmente deluso le aspettative sciorinando un calcio monotono, prevedibile, lento, statico, incredibilmente lontano dagli standard individuali e collettivi che la squadra di Sua Maestà, imbottita di campioni, potrebbe ragionevolmente esprimere quale inoltre espressione del campionato nazionale attualmente più importante del panorama globale, contraddistinto da un atletismo e un’intensità di cui non v’è stata traccia alcuna nelle tre gare che hanno in ogni caso determinato la vittoria del proprio girone da parte dei “tre leoni”.

E se è vero, com’è vero, che quanto meno sul piano dell’importanza nominale e della sostanza gli avversari da eliminare durante il cammino verso l’atto conclusivo paiono alla portata ma di notevole fattura complessiva, più morbido potrebbe risultare l’eventuale confronto in semifinale: l’altra metà dell’avamposto di destra del tabellone designerà Austria, Turchia, Olanda o Romania quale protagonista del penultimo atto. Un’opportunità strutturale che la non scintillante formazione azzurra ha il dovere di sfruttare per dare un senso fatale, per sublimare la rete alla Del Piero di Zaccagni, per arrivare ove nessuno, alla vigilia (con chiara ed apodittica lucidità), avrebbe potuto supporre l’Italia potesse arrivare.

Chiusa l’iperbole visionaria di un ipotetico percorso da rendere reale ( e che per essere tradotto in realtà dovrà sottostare alle decisioni sovrane dell’alchemico possessore dei destini di chiunque, il campo), l’Italia dovrà innanzitutto colorire e delineare sè stessa: se c’è un fattore inconfutabile che le tre gare del girone hanno oltremodo evidenziato è quello dell’evidente equivalenza valoriale dei componenti la rosa a disposizione di Spalletti; molti dei dubbi relativi allo schieramento tattico idealmente e concretamente da attuare, all’espressione del sistema da sciorinare, fino alla scelta delle individualità, sono da ricondurre alla possibilità di poter ragionare su elementi molto simili per apporto e valore assoluto, un aspetto foriero di molteplici opzioni nel momento in cui c’è da scegliere definitivamente il vestito da indossare.

Tant’è che la formazione che dovrà quest’oggi affrontare la Svizzera è stata ed è, verosimilmente, al netto delle dichiarazioni della vigilia di Spalletti (che con la Croazia aveva lasciato intendere una disposizione che poi non ha caratterizzato l’undici iniziale contro Modric e compagni), un rebus, a partire dalla linea difensiva mestamente orfana di uno dei migliori giocatori sin qui ammirati all’interno di una competizione sinceramente complessivamente non esaltante per prodezze individuali e collettive: Calafiori potrebbe essere sostituito dall’icastico Spalletti con lo spostamento di Bastoni sul versante mancino, usuale territorio di competenza del centrale nerazzurro in una linea composta da tre uomini, con l’inserimento di Mancini quale perno della retroguardia.

Una disposizione che consentirebbe di ricalcare mansioni, funzioni e compiti di quanto visto nella gara inaugurale contro l’Albania, con Fagioli (in corsia di sorpasso su Jorginho, strenuamente difeso dal tecnico di Certaldo ma ormai vistosi scavalcare dal tecnicamente parimenti leggiadro centrocampista bianconero, in possesso di soluzioni superiori sul lungo, nonchè atleticamente più fresco e non solo per vantaggi di natura squisitamente anagrafica) primo costruttore ed equilibratore, due esterni volti ad una più presente fase offensiva dal punto di vista territoriale e delle zone da calpestare, Barella uomo ovunque, due mezzepunte ed un riferimento centrale, con Retegui in tal senso favorito sull’irritante (poichè sempre al di sotto delle proprie potenzialità) Scamacca; i tasselli a cui dare un nome sono però prodromi di diverse considerazioni ed opzioni, come analiticamente sottolineato: Pellegrini e Frattesi non godono di percentuali elevate, Chiesa potrebbe essere ricondotto sul versante mancino, perentoriamente più idoneo all’intrinseca pericolosità dell’esterno bianconero, El Shaarawy e Zaccagni si candidano per completare un quadro quanto mai camaleontico negli uomini e nell’espressione, con l’ultima variante rappresentata dalla possibile presenza in ogni caso di Cristante o Fagioli con Barella che, all’uopo, andrebbe ad occupare uno dei due posti immediatamente alle spalle della punta centrale.

Però, scusate se è poco, si potrebbe giocare a quattro dietro, con Mancini a coadiuvare l’inamovibile Bastoni (le cui condizioni odierne determineranno, poichè reduce da attacco influenzale, la titolarità, di per sè da non mettere in discussione): ciò comporterebbe l’impiego di una linea preliminare di due mediani ( con annessi suddetti dubbi ma potenzialmente costituita da Fagioli e Cristante) e tre uomini alle spalle di Retegui o Scamacca ( con annessi suddetti dubbi ma nella più verosimile delle ipotesi costituita da Chiesa ed El Shaarawy larghi e Barella in posizione centrale a cementare i legami fra centrocampo e fase offensiva ).

Vorrei essere più fedele a qualcosa di lontanamente accostabile ad una più concettualmente intesa parresìa, ma, come inaugurato in sede di valutazioni, le variabili sono plurime e parimenti valenti: l’impianto dell’ottima Svizzera ammirata nella fase iniziale, che ha conteso il primato ai padroni di casa della Germania scalfendone nello scontro diretto certezze e ed euforia, suggerirebbe sensibilmente di preoccuparsi delle caratteristiche dei cugini transalpini, il cui livello individuale non è inferiore a quello dei nostri ragazzi e la cui espressione di squadra è risultata fra le migliori che l’Europa ha avuto modo di ammirare. La padronanza, frutto della consapevolezza delle proprie certezze, di un’accurata espressione delle proprie idee, oltremodo allenate, la continuità di rendimento, la mentalità dimostrare nella sfida contro i tedeschi lasciano chiaramente in eredità valutazioni rilevanti sulla potenzialità di Xhaka e compagni: molti degli uomini a disposizione di Yakin sono reduci da una stagione fantastica a livello individuale, hanno innalzato il proprio livello oltre ogni soglia che preliminarmente avrebbe potuto loro essere affibbiata in sede di considerazione del limite potenzialmente raggiungibile.

Spiccano, per citare l’esempio più pregnante appartenenete alla nostra Serie A, le prestazioni fornite dal “blocco Bologna”, rimarchevoli ulteriormente dell’incredibile lavoro effettuato da Thiago Motta: Freuler, Aebischer (oltremodo polivalente, puntuale, preciso, assorbente qualsivoglia compito affidatogli, inamovibile e se possibile sottovalutato in ambito continentale considerando quanto prezioso possa risultare nel rivestire molteplici vesti all’interno di diversi sistemi di gioco) e Ndoye hanno evidenziato una crescita vertiginosa le cui vette erano state raggiunte in passato soltanto dall’ex centrocampista dell’Atalanta all’altrettanto nobile corte di Gasperini.

Sommer è custode dei pali, Akanji, Schar e Rodriguez compongono una linea difensiva di indiscusso valore, sintesi perfetta di classe, fisicità ed esperienza; Widmer e Aebischer presidiano con caratteristiche differenti le corsie laterali, Xhaka, reduce dalla mostruosa annata col Bayer Leverkusen, e Freuler dominano la mediana; è in attacco, però, che la Svizzera traduce ottimamente l’impianto di gioco in pericolosità estrema: Ndoye, Embolo, Vargas, Rieder, Steffen, Duah, Amdouni e l’enigma Okafor possiedono caratteristiche che collimano alla perfezione con l’idea di calcio dell’allenatore elvetico, rendendo imprevedibile la fase offensiva, non consentendo agli avversari di avere punti di riferimento, rendendo rapida ed efficace la fase di possesso quanto ovviamente quella di transizione.

In virtù di ciò difficile supporre che Spalletti presuma di poter concedere molto campo alle spalle dei nostri difensori, difficile ipotizzare una scriteriata voglia di porre il dinamismo atletico quale discriminante decisiva, molto più agevole elevare il dominio del pallone e dei tempi di gioco quale arma tattica fondamentale per scardinare la pericolosità elvetica e costringere la Svizzera a sottostare ad una circolazione veloce e puntuale, ancorchè reiterata, della sfera da parte dei nostri.

Occorrerà puntualità nell’occupazione di quegli spazi, specie fra le linee, volti a facilitare e premiare indispensabili movimenti senza palla che risulteranno determinati per la creazione delle linee di passaggio e conseguentemente di azioni potenziali da gol. Serviranno maiuscole prestazioni individuali, servirà piglio e arroganza agonistica, serviranno spunti, occorrerà equilibrio e consapevolezza. Spagna, Portogallo, Germania e Francia nell’altra metà del guado battaglieranno fra di loro per staccare il biglietto della finale: è un’occasione troppo grossa da lasciarsi scappare. Al netto della Svizzera. Al netto dell’Inghilterra.

BIO: ANDREA FIORE, con DIEGO DE ROSIS, gestisce la pagina INSTAGRAM @viaggionelcalcio.

Una risposta

  1. Intanto voglio ringraziare Andrea per lo spunto molto attento e preciso…
    Non ho niente da aggiungere, anche se in tutto questo contesto calcistico forse ha omesso o meglio non ha tenuto conto di una componente molto importante: la fortuna!
    In queste competizioni dove si giocano gare secche, diventa fondamentale per ottenere il risultato massimo
    Quindi Quello che mi viene da augurare alla nostra nazionale è di averne tanta…

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