LA “COPPA ITALIA”

E’ entrata nel vivo con le due semifinali, vinte all’andata dalla Juventus 2-0 sulla Lazio e dalla Fiorentina 1-0 sull’Atalanta. A Roma e Bergamo il ritorno per i verdetti che condurranno alla finale. Mediaset ha garantito visibilità in chiaro alla manifestazione, Sky propone gli highlights in breve tempo, ma non è questo il punto sull’interesse che la Coppa Italia suscita nel grande pubblico: la questione è puramente sportiva.

Sono anni che si dice come la formula sia obsoleta, sbagliata, con partite buttate lì tra l’estate e l’inverno, poi riappaiono in primavera incastonate tra i mille impegni di serie A, Europa, Nazionali. Si dice, se ne parla, ma nessuno fa niente.

La Coppa Italia è importante solo per chi la vince, per chi riduce gli avversari a semplici comparse lungo il percorso. Il che – sia chiaro – non sminuisce affatto i meriti della conquista. E’ un fatto storico, di tradizione, che la Coppa del Re spagnola o la Carabao Cup (la Coppa di Lega inglese) o la FA Cup (sempre inglese) siano più allettanti e abbiano un fascino superiore alla Coppa Italia, sulla gente.

Non bisogna sempre necessariamente copiare dagli altri, ma ispirarsi a meccanismi che funzionano o a qualche idea funzionale certamente servirebbe. Quando ero ragazzo mi ricordo che la Coppa Italia, per dire, era l’opportunità per schierare i giocatori che venivano impiegati meno in campionato, salvo (qualche volta, non sempre) in finale.

E’ proprio un fatto di cultura che ci ha allontanati dal peso specifico di questo trofeo.

Ultimamente questo andazzo è leggermente cambiato, ma solo perché le big entrano in scena solo dagli ottavi di finale e anche questo è sbagliato. Se si cominciasse in estate con tutte le squadre, si potrebbero sostituire ad amichevoli inutili, anche se mi rendo conto che le tournée all’estero – per esempio – sono remunerate profumatamente.

Non voglio, non vogliamo apparire presuntuosi o anacronistici nel suggerire qualche variante, ma – più di questo – vorremmo davvero che qualcuno del palazzo ci mettesse seriamente, approfonditamente la testa e le mani e facesse in modo che la competizione crescesse di livello nell’attenzione generale. La prima cosa da fare, inderogabile, è di garantire la partita secca in casa alla squadra inferiore, di classifica o di categoria: meglio un piccolo stadio pieno che uno grande semideserto.

Le sorprese sono una componente essenziale nell’immaginario popolare, ma si tratta anche di un elemento democratico: dare la possibilità al pubblico diciamo di periferia, di vedere dal vivo una grande squadra senza sorbirsi costi e disagi di trasferta.

Se è vero che il calcio è della gente, è per la gente che – almeno la Coppa nazionale – va concepita. Quindi nella fase preliminare, piccole in casa e grandi in trasferta. Partite secche con eventuali supplementari e rigori. Dopo di che bisognerebbe ragionare su un periodo circoscritto per la disputa delle partite, sempre con il club col ranking inferiore in casa e quella superiore in trasferta.

Va bene il calendario spezzettato fino ai quarti di finale compresi (unico turno che dovrebbe prevedere gare di andata e ritorno), perché è francamente difficile inserire i tasselli delle date in un calendario debordante di impegni, ma raggruppare le 4 semifinaliste in pochi giorni, per esempio con gare al mercoledì e al sabato, nell’ultima settimana della stagione magari in una sede neutrale sul modello del basket, avrebbe un senso. 

A mio avviso si dovrebbe lavorare anche sul marketing, con iniziative indirizzate agli studenti, ai giovani in generale e agli anziani, portandoli allo stadio con agevolazioni particolari. 

Sono solo idee, spunti, per migliorare una Coppa in cui l’eco rimbomba solo se viene eliminata prematuramente una “grande” o (appunto) dalle gare di semifinale in poi.

Il nostro calcio sembra sempre troppo impegnato su orpelli marginali ed è francamente un peccato che si trascuri la possibilità di offrire uno spettacolo superiore, avendone un’opportunità così ghiotta.

BIO: Luca Serafini è nato a Milano il 12 agosto 1961. Cresciuto nella cronaca nera, si è dedicato per il resto della carriera al calcio grazie a Maurizio Mosca che lo portò prima a “Supergol” poi a SportMediaset dove ha lavorato per 26 anni come autore e inviato. E’ stato caporedattore a Tele+2 (oggi SkySport). Oggi è opinionista di MilanTv e collabora con Sportitalia e 7GoldSport. Ha pubblicato numerosi libri biografici e romanzi.

2 Responses

  1. Buongiorno Luca. Ai miei tempi , ricordo la fase iniziale in raggruppamenti a gironi di 4 squadre . per poi andare a fare altri gironi fino a quello finale. Ricordo primi anni 70 girone finale Mila , Inter , juve , Torino . Giusto pe dire che le hanno provate tutte .
    Cosa bella , essendo le prime partite di stagione , c’era curiosita’ per vedere la nuova squadra .
    Ma tornando a noi , fare partecpare tutte le squadre come in Inghilterra e vedere una squadra di C o D giocare contro squadre di serie A o B ,direi er il pubblico sarebbe molto bello.
    Il tuo articolo sempre pieno di spunti
    La vincente di Coppa Italia .farle fare la Champions l’anno dopo .
    La strada da percorrere e’ lunga , per me inarrivabile al giorno d’oggi . il Dio denaro ne fa da padrone.

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