LE PAROLE DEL CALCIO.

L’esito non ci appartiene.

Non è una provocazione, non è una scelta di campo, è una semplice considerazione.

Tra Calciatore, Mister, Dirigente e l’esito del loro agire scorre infatti un invisibile filo rosso abitato da incroci, fatti e relazioni, talune controllabili altre incontrollabili, talune palesi altre (a noi) invisibili.

Il filo rosso che separa condizione da esito (o risultato).
Non riconoscere l’esistenza di quel filo rosso determina confondere colpa, dolore malato, e dispiacere, dolore sano.

Non riconoscere l’invisibile confine, superficie inesplorabile, piena di occasioni che non sappiamo di non sapere, significa attribuirci meriti che non ci appartengono o colpe che non ci competono.

Competere è sinonimo di gareggiare, ma significa anche appartenere, spettare.

A noi compete creare la condizione. Compete il suo equilibrio. Compete accompagnare la sua traiettoria. Compete alimentarla. Compete la sua positiva evoluzione. Con noi compete la difficoltà di riconoscerla.

Riconoscere la condizione è percezione. Accompagnare la sua traiettoria significa scegliere. Scegliere “se” e “cosa” eseguire. Un processo continuo: Percezione, Scelta, Esecuzione. Stesso paradigma del Calcio giocato.

Eppure, impropriamente, partiamo sempre dall’esito. Dalla fine.

Insegniamo calcio partendo dalla esecuzione (tecnica). Dalla fine. La tecnica è l’esecuzione di una scelta. La scelta o è figlia della percezione o è scommessa.

Guardiamo calcio partendo dall’esito (risultato). Dalla fine. L’esito non sempre è figlio della condizione.

Possiamo ignorare il filo rosso. Possiamo ignorare il territorio della “condizione”. Possiamo affidare ogni nostra valutazione unicamente all’esito. Possiamo decidere di affidare tutto al caso. Possiamo disconoscere la condizione da coltivare. Possiamo sostenere che le parole nel Calcio non contano. Possiamo pensare che, a conti fatti, anche queste siano solo parole. Ininfluenti parole.

Possiamo pensare, possiamo decidere, possiamo agire, ma lo facciamo limitatamente alle parole che conosciamo e che usiamo.

In esito le vittorie nel Calcio possono succedere o non succedere. A noi spetta decidere se aspettarle affidandoci al caso o riconoscerle da lontano.

Le vittorie non accadono. Le vittorie si coltivano.

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BIO: ALESSANDRO MELLI

Nato e cresciuto a Modena, terra di passioni, di bel canto e di motori.

Consulente aziendale in tema di Finanza Agevolata.

Lettore appassionato, preferisce i saggi ai romanzi.

Avrebbe voluto fare in Calciatore, ma (come lui dice) non ne aveva le qualità.

Avrebbe voluto fare il Giornalista, ma (come dice lui) non ne ha avuto la determinazione.

Allenatore UEFA B, Responsabile Sett. Giovanile, ha frequentato il mondo dei professionisti con incarichi di DS Sett. Giovanile e di Osservatore Squadre Primavera.

“Nel calcio, come in natura, scomporre significa perdere le proprietà che emergono dalla relazione tra le parti stesse” ama ripetere.

4 Responses

  1. Penna felice, articolo evocativo, che ci trascina nel vortice dei tanti pensieri che spesso ci accompagnano, costringendoci forzatamente a delle soste di riflessione. Ne aggiungo una: ma la tecnica è realmente, come si sostiene, L’ESECUZIONE di una scelta oppure possiamo guardare alla tecnica come un MEZZO UTILE e UTILIZZABILE affinché l’esecuzione della scelta ( che è ben altro, moltissimo altro) possa avvenire?

    1. Ciao Simonetta, con la sua risposta Filippo ha reso sintesi perfetta del mio pensiero.
      Aggiungo, se utile, che l’unità di misura della Tecnica, a mio parere, è l’efficienza dentro il contesto di gioco. Ciò che non è efficiente, seppur affascinante ed appassionante, è spettacolo o rappresentazione.
      Quando “efficienza” e “spettacolo” convivono nello stesso gesto, la tecnica si eleva a “bellezza”.

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