LA STORIA DI RYAN MASON: SFORTUNATO LONDINESE.

Parte 1: Ryan Mason e il Tottenham

Il 24 aprile 2023 Ryan Mason subentra all’esonerato Cristian Stellini come manager del Tottenham Hotspurs e lo fa con una carica “ad interim”, in attesa che la società del presidente Levy individui il tecnico per la prossima stagione. Non tutti ricordano la storia di Ryan Mason e magari alcuni non l’hanno nemmeno mai sentito nominare.

Partiamo da una data. 22 gennaio 2017. Quel giorno, a Londra, si disputò la partita di Premier League tra Hull City e Chelsea. Una partita che per molti tifosi non significava molto, una partita nella quale, a parte i canonici tre punti, non c’era molto in palio. Eppure quella partita fu maledettamente significativa per una persona in particolare, uno dei giocatori in campo: Ryan Mason, che all’epoca era un giocatore dell’Hull City.

Nato il 13 Giugno del 1991 a Enfield, poco fuori Londra, ma cresciuto a Cheshunt, Ryan Mason ha coltivato da sempre un solo grande sogno: quello di diventare calciatore professionista.

Il football è stato per lui una ragione di vita e come tanti bambini ogni mattina andava a scuola e al suo ritorno a casa si fiondava subito in giardino o al parco per giocare con i suoi amici. E così via, giorno dopo giorno. Sempre attaccato al pallone, la sua unica vera passione.

La prima squadra per cui Ryan venne tesserato all’età di sei anni, fu l’East Herts FC di Turnford; esperienza durata solamente 6 mesi poiché era talmente bravo che venne subito notato da un osservatore del Tottenham Hotspurs, un tale di nome Micky Hazard, che non si fece scappare l’occasione e lo portò immediatamente al Tottenham (che tra l’altro era la squadra del cuore di Ryan). Entrando nell’Academy degli Spurs iniziò un percorso lungo ed emozionante che lo portò a vestire la maglia bianca per molti anni. Indossare quella maglia è sempre stato un motivo di orgoglio e di spinta ulteriore a fare bene, specialmente durante i match contro le altre squadre londinesi, come contro l’Arsenal ad esempio, dove già all’epoca si respirava l’aria di un “mini” ‘North London Derby‘ dall’atmosfera rovente.

La leva di calciatori nella quale Ryan crebbe si rivelò un’ottima nidiata. Oltre al “nostro” Mason, infatti, sono arrivati tra i professionisti anche altri calciatori di alto profilo come ad esempio Adam Smith, oggi roccioso difensore del Bournemouth, Steven Caulker, terzino che milita nel Wigan, Andros Townsend, velocissima ala dell’Everton e soprattutto Harry Kane, capitano e cannoniere assoluto di Tottenham e nazionale inglese. Terminato il percorso nelle giovanili Ryan Mason venne mandato in prestito per formarsi anche fuori Londra, per potersi “fare le ossa” con la convinzione che prima o poi avrebbe giocato in Premier League con la maglia degli Spurs. Ed in effetti ci riuscì. Quando il tecnico argentino Mauricio Pochettino approdò a Londra per allenare il Tottenham, la carriera di Ryan Mason svoltò in positivo, tanto che iniziò a giocare per la prima squadra con una certa frequenza collezionando ben 53 presenze (e due reti). Un bottino di tutto rispetto. Tuttavia, si trovò costretto a cambiare casacca passando all’Hull City all’età di 25 anni per poter dare continuità al suo minutaggio e diventare titolare di una realtà di Premier, cosa che con l’amato Tottenham non riusciva a fare come avrebbe voluto. E così prese “armi e bagagli” e partì alla volta della fredda Hull.

Parte 2: Hull City e l’infortunio

L’esperienza all’ Hull City non iniziò nel migliore dei modi. Al suo arrivo Ryan Mason trovò in panchina il mitico tecnico Steve Bruce e tra i due si crearono parecchie incomprensioni, specialmente di carattere tattico, ma per fortuna di Ryan, Steve Bruce durò poco.

La dirigenza decise di esonerare Bruce ed ingaggiare alla guida della prima squadra Marco Silva. Il tecnico portoghese migliorò la situazione generale della squadra spostando alcuni giocatori e anche il gioco di Mason subì un significativo miglioramento. Era bravo Ryan, tanto da finire nel giro della nazionale dei tre leoni. Una vera e propria risorsa per il calcio britannico. I primi quattro match sotto la guida Silva furono ottimi, tanto da lasciar sperare bene, benissimo, per il futuro. Probabilmente era fatta, aveva trovato la sua dimensione e la continuità che serviva per consacrarsi. Il percorso pareva essere ormai in discesa.

E invece no. Arriva il 22 gennaio 2017 e si vola a Stamford Bridge per giocare contro il Chelsea. Tutto bene, tutto come da copione. Il prepartita londinese inizia con una passeggiata mattutina lungo il Tamigi, per stemperare la tensione, poi il pranzo, un po’ di relax e via verso lo stadio con le altre “tigri” di Hull pronte a dare battaglia ai più quotati blues di Roman Abramovich.

Due ticket lasciati al botteghino per i propri genitori, in modo da farli assistere al match dal ‘front-row’ per vedere al meglio il match e magari anche un gol di Ryan. Tutto come da copione appunto. Tutto in discesa e invece… l’inizio della fine.

Il match prende il via e dopo soli tredici minuti, su un’azione da calcio d’angolo, Ryan vede arrivare un pallone alto. Salta senza guardarsi intorno focalizzando la propria attenzione totalmente e solamente su quella palla spiovente. Al momento di impattare la sfera, improvvisamente, avverte un colpo fortissimo che gli trafigge la testa. Subito percepisce un dolore inimmaginabile, indescrivibile a parole: era Gary Cahill del Chelsea. Il difensore dei blues l’aveva colpito con una testata involontaria nel tentativo di colpire anch’egli il pallone. Un colpo terrificante che manda all’istante entrambi al tappeto. Ryan, a terra, rimane rannicchiato in una naturale posizione di auto-difesa, Cahill anche, ma si capisce subito chi è stato ad avere la peggio. Stato di panico generalizzato. Il corpo del giocatore che si agita e tenta di rialzarsi, i medici in campo, i compagni attoniti che cercano di soccorrere Ryan che in tutto questo rimane vigile, cosciente e di nuovo tenta di tirarsi in piedi senza successo. In un attimo il dolore diventa ingestibile, come una bomba che esplode nella testa. Ryan torna a terra. Momenti di terrore tra il pubblico, i giornalisti, gli spettatori, i parenti di Ryan stessi che erano ad assistere al match, tutti pensano al peggio. Per fortuna il medico sociale, Mark Waller, insiste per far portare il ragazzo immediatamente presso l’ospedale più idoneo (il St. Mary) e non al più vicino e così dopo soli 61 minuti dall’impatto Ryan è già in sala operatoria, sotto i ferri. Grazie alla preparazione di tutti gli operatori sanitari ed alla prontezza dei medici oggi Ryan Mason è vivo. Oggi può abbracciare i suoi figli e la sua compagna Rachel Peters.

Ryan è vivo, grazie a Dio, ma gli sono state installate 28 placche metalliche, 14 viti e 45 “staples” (graffette) all’interno del cranio. Una riabilitazione difficile divisa in due fasi. La prima che durò inizialmente 6 mesi con un decorso post-operatorio che l’ha lentamente riportato alla vita, una vita che tuttavia non sarà mai più del tutto normale come prima. La seconda parte, molto dolorosa, durata altri 6 mesi ne ha decretato il ritorno alla quotidianità, ma ha anche sancito ufficialmente la fine della sua carriera da calciatore. Un mal di testa costante lo affligge e lo affliggerà per sempre. Gli esami clinici hanno evidenziato un prevedibile quadro di pericolo neurologico, dovuto soprattutto alle fratture craniche che esponevano il cervello a potenziali danni cerebrali. Troppo rischioso continuare la carriera agonistica. Fu questo che decretò la parola fine.

Ma l’amore per il football era troppo e sebbene Ryan Mason abbia dovuto dire addio al mondo del calcio giocato, appendendo le scarpe al chiodo e salutando quasi all’apice della sua carriera a soli 27 anni, decise di darla vinta al destino proseguendo la sua carriera all’interno del mondo del calcio come allenatore.

Grazie alla chiamata di John McDermott, uno dei suoi allenatori ai tempi delle giovanili del Tottenham gli venne dato l’incarico di allenare i ragazzi U19 degli Spurs. Dati i buoni risultati dimostrati venne aggregato allo staff della prima squadra come viceallenatore di Antonio Conte. E grazie alle vicende societarie, non molto lineari negli ultimi anni, ha avuto anche la possibilità di essere scelto come allenatore ad interim della prima squadra nel 2021 per sostituire Josè Mourinho.

Oggi Ryan Mason che con il destino sarà a credito per molto tempo, raccoglie una nuova chance (2023) questa volta per sostituire Cristian Stellini (che a sua volta aveva preso il posto di Antonio Conte) alla guida, di nuovo ad interim, della prima squadra del suo Tottenham. In questo finale di campionato che non ha molto da chiedere agli Spurs se non il fatto di finire con dignità la stagione, Ryan Mason ha di nuovo la possibilità di mettersi in mostra in quella che è la sua seconda vita calcistica: il manager.

Nel febbraio 2019, a seguito dell’incidente occorsogli sul campo, Mason, si è inoltre reso promotore di un’interessante proposta fatta alla ‘Football Association’ volta a tutelare i ragazzi delle scuole calcio. L’iniziativa suggeriva l’introduzione di una regola che imponesse ai piccoli calciatori il divieto di colpire il pallone con la testa fino ad una certa età per non esporli a inutili rischi di potenziali danni cerebrali e traumi spinali. Un tema già toccato a più livelli e a più riprese anche in altri sport (specialmente nel football americano). Da notare che questa regola viene già applicata negli Stati Uniti dove i giovani calciatori (fino all’under11) sono esonerati dal colpire il pallone con la testa e possono imparare il gesto tecnico del colpo di testa utilizzando palloni di spugna che non impattano sul cranio e sulla colonna. Senza contare potenziali scontri tra giocatori stessi. Certo si parla sempre di danni potenziali ed eventualmente a lungo termine, tuttavia è un tema molto delicato su cui riflettere e prendere decisioni, un tema di cui Ryan Mason si è fatto portavoce in modo deciso e appassionato, data anche la sua brutta disavventura.

Parte 3: “Sarò eternamente grato al calcio”

Un’ultima menzione la merita a mio avviso il messaggio con il quale Ryan Mason ha ufficializzato il suo addio al calcio giocato. Un messaggio toccante e sincero dove un ragazzo innamorato del gioco del calcio deve rassegnarsi ad abbandonare il suo sogno da bambino. Il messaggio (tradotto) diceva:

“Grazie al presidente e a tutti i dirigenti per essere stati così pazienti durante il mio recupero. Ci sono così tanti nomi da citare, ma voglio dire un grazie speciale anche al Tottenham per avermi aiutato a raggiungere i miei sogni. Sono molto orgoglioso di essere riuscito a giocare nel mio club, nella squadra che amo. Ho avuto l’onore di essere capitano di quel gruppo con immenso orgoglio. Grazie a tutti i miei compagni che hanno giocato con me negli anni, è stato un privilegio essere al vostro fianco. Infine, rappresentare il mio paese è stato un onore che non dimenticherò mai e che sono fiero di essere riuscito a raggiungere. Mi ritiro dal gioco a testa alta avendo fatto tutto ciò che era in mio potere nei 13 mesi passati per tornare in campo; ho dedicato la mia vita al calcio ad alti livelli, il duro lavoro paga sempre. Amo questo gioco, lo amerò sempre e sono curioso di vedere dove il calcio ora mi porterà”

Ebbene ora che sono trascorsi pochi anni noi tutti sappiamo dove ti porterà: a casa, al Tottenham. Una carriera da manager ti aspetta.


BIO: Matteo Cigna è nato a Genova, città nella quale ancora oggi vive, occupandosi quotidianamente di spedizioni marittime.
Le sue più grandi passioni sono il calcio e la scrittura, due mondi che lo portano a leggere e documentarsi costantemente su questo meraviglioso sport e sui personaggi che lo popolano. Tra il 2020 e il 2021 con grande umiltà ed entusiasmo ha fondato, con l’aiuto di un paio di amici, il blog e la relativa pagina Instagram ‘Sport-stories’, ma il progetto è poi “naufragato”. 
Da buon marinaio non si è dato per vinto e dopo mesi di riflessioni e attese ha deciso di rimettersi in viaggio nell’immenso oceano del football. 
“Scrivere per ‘La complessità del calcio’ sarà un piacere e un onore” [cit. Matteo Cigna]

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