Pochi giorni fa ho ricevuto da un amico l’intervista rilasciata da Juanma Lillo a https://theathletic.com/ dal titolo : “Un’analisi alternativa dei Campionati del mondo di calcio in Qatar”.
Nella presentazione dell’articolo Lillo viene definito l’uomo che ha aiutato a dare forma al City di Guardiola.
Considerato uno dei mentori dell’allenatore catalano, Juanma ha rappresentato una fonte d’ispirazione assoluta nella sua formazione.
Ho tradotto l’intervista in italiano con l’intento, spero riuscito, di restare il piu’ fedele possibile al contenuto e di riportare le parti in cui emergono argomenti per eventuali, successive riflessioni.
Juanma e’ stato, ed e’, per noi un riferimento dal punto di vista metodologico, come dimostra la 2^ pagina di copertina di un documento redatto nel 2016 in cui viene ritratto insieme ai cosiddetti “padri” di un certo modo di intendere il gioco del calcio.
Inizio dalla seconda parte dell’intervista in cui, prendendo spunto dal tema dell’esclusione di Cristiano Ronaldo dall’undici iniziale di Portogallo-Svizzera, Juanma sostiene che nel calcio difficilmente si esprima il proprio pensiero compiutamente prima delle partite perche’ tutti aspettano di vedere come andra’ a finire. Cita anche i grandi filosofi greci : “Bene e’ tutto cio’ che finisce bene”. Ma finche’ non finisce noi non diciamo niente, non sia mai che….
Definisce questo comportamento, opportunismo.
E ancora : Quante opinioni che abbiamo sentito nel calcio sono state dette all’inizio delle partite? Fate attenzione a cio’ che viene detto prima delle partite. Dopo, tutti sono intelligenti/furbi (clever in inglese).
Se il Portogallo con la Svizzera avesse perso 2-0, lasciare fuori Ronaldo sarebbe stata una pessima decisione. Come sarebbe stato possibile sostenere la scelta di mettere centravanti un bambino che e’ nel calcio d’elite da quattro giorni ? (Gonçalo Ramos classe 2001, del Benfica ha sostituito CR7).
Juanma sostiene che i 90’ di una partita siano un inconveniente per quelle persone che vogliano solo lodare il vincitore e parlar male dei perdenti.
Perche’ tutto questo? Perche’ vuole dirci cosa pensava prima che il Mondiale avesse inizio, senza ritrattare o comportarsi, appunto, da opportunista :
“L’Inghilterra e il Portogallo sono le due squadre con il piu’ alto numero di giocatori d’elite in una fascia d’eta’ che dara’ loro buone opportunita’ anche in futuro”.
Il giocatore per cui Juanma va pazzo e’ James Maddison (classe ’96 del Leicester) dell’Inghilterra che non ha ancora giocato un minuto. E’ un giocatore che lo entusiasma. Un calciatore autentico, piu’ un prodotto della strada che un prodotto di un’Academy.
Lo definisce un giocatore audace, coraggioso. Un allenatore puo’dirgli di fare A ma se lui crede che B sia l’opzione piu’giusta, lui fara’ B.
E’ questo che ama di lui. Ogni idea che viene nella testa di James Maddison e’ 100 volte migliore dell’idea che troveresti in qualsiasi conferenza di allenatori (Coaching Conference).
E poi c’e’ il Portogallo… il giovane centrale del Benfica ad esempio, Antonio Silva (classe ’03), che non sta nemmeno giocando. Non sappiamo neanche quanto sia forte. E’ incredibile. E’ assurdo.
Quindi, Rafa Leao (classe ’99) del Milan. Quando non gioca Ronaldo, e’ sorprendente che non giochi Leao, deve esserci qualcosa che non va. Ma poi c’e’ il sopracitato Ramos, un ragazzo che, non solo e’ capace di segnare tre goal contro la Svizzera ma, ogni volta che entra in contatto con la palla, sa fare sempre il movimento migliore. Ha migliorato tutto. E’ stato davvero pulito.
E Joao Cancelo (classe ’94) del Man City, in grado di prendere le decisioni migliori nel terzo offensivo, meglio della maggior parte degli attaccanti.
Risulta difficile, continua Juanma, evidenziare altri nuovi giocatori perche’ si conoscono gia’.
Anni fa il Campionato del mondo serviva anche a scoprire giocatori da Paesi sconosciuti. Avevano le loro caratteristiche, non erano giocatori identikit come lo sono adesso.
A questo punto credo sia necessario tornare all’inizio dell’intervista quando Juanma afferma che ogni cosa ora e’ globalizzata.
“A livello di Club se tu vai ad una sessione di allenamento in Norvegia o in Sudafrica saranno le stesse. E’ un continuo ripetersi di indicazioni tipo : “guarda dentro per trovare spazio fuori” oppure, “passa qui, passa la’ ”.
Per Juanma i buoni dribblatori sono finiti. Dove li puoi trovare?
Dice che osserva tutti i tornei del mondo, ora sta lavorando in Qatar, e’ stato in Inghilterra, Giappone, Cina, Sud America, beh, in Sud America tu puoi ancora trovare un giocatore pieno di abilita’ apprese per strada piuttosto che in un’ Academy.
” Non ci rendiamo conto del casino che abbiamo combinato. Abbiamo globalizzato una metodologia al punto che si e’ insinuata nel Campionato del Mondo : “Se fai scambiare la maglia ai giocatori del Camerun e del Brasile alla fine del primo tempo, nemmeno te ne accorgi. Forse per i tatuaggi o i capelli gialli, ma non per la prestazione”.
E’ tutto ‘dos toques’. Due tocchi. Perche’ tutti si allenano a due tocchi, tutti giocano a due tocchi. Abbiamo imposto il “dostoquismo” come lo definisce lui.
Poi parla di cio’ che ha visto finora dalle squadre impegnate in Qatar.
Dice che la sua partita preferita e’ stata Tunisia-Danimarca, 0-0 ma piena di occasioni. Anche piu’ di Spagna-Costa Rica, terminata 7-0 in cui la Spagna gioco’ davvero bene. Con il giusto ritmo, i giusti spazi ed esecuzioni rapide.
La Spagna e’ stata poi sfortunata a doversi confrontare con squadre, Giappone e Marocco, che non hanno avuto il bisogno di aprire spazi nella loro difesa per provare a vincere la partita. La Spagna era preoccupata di essere colta in fallo cosicche’ non ha rischiato certi passaggi dentro.
L’opposto e’ stato per l’Argentina quando ha perso con l’Arabia Saudita perche’ cercavano il passaggio decisivo (killer pass) troppo presto e quando fai cosi’ sei esposto al contrattacco. Con la Polonia e’ vero che ha cambiato diversi giocatori ma sono stati, soprattutto, molto piu’ pazienti.
Ci sono alcune tendenze di questo Campionato del Mondo:
Quando stanno perdendo le squadre sono piu’ simili a se’, osano di piu’. E poi pero’, una volta pareggiato, improvvisamente, hanno fatto ancora un passo indietro. E’ accaduto spesso.
Un’altra osservazione di Mister Lillo su questo Mondiale e’ la seguente : Ci sono piu’ goal da tagli dietro (alle spalle dei difensori) o da passaggi all’indietro.(dal lato corto dell’ area).
“Poiche’ le squadre cercano di giocare il piu’ lontano possibile dalla propria porta, quando superano la linea difensiva avversaria, vanno cosi’ veloci che i giocatori nel mezzo, finiscono per trovarsi oltre il portatore di palla, che si trova piu’ esterno sul campo. A volte e’ necessario fare un passo indietro.”
Di seguito, nelle immagini, anche se non molto chiare, due esempi: Il goal dell’olandese Depay su palla crossata da destra all’indietro dal compagno Dumfries contro gli Stati Uniti
…e, pressoche’ incontrastato, calcia a rete battendo il portiere degli U.S.A. ( http://kama.sport )
e quello di Paqueta’ del Brasile, su palla ‘scodellata’ all’indietro dal collega Vinicius Junior, contro la Corea del Sud.
Al Manchester City, Juanma era solito dirlo ai giocatori: “L’ultimo giocatore che arriva in area avversaria e’ il primo in grado di calciare a rete”. Ai suoi attaccanti dice sempre : “Piu’ ti avvicini alla porta piu’ lontano sarai dal potere fare goal”. (sullo sviluppo di un’azione laterale).
Ogni squadra e’ cosi’ preoccupata di difendersi e controllare lo spazio vicino alla propria porta che ora ci sono piu’ minacce da piu’ lontano.
Saltiamo ora, nuovamente, verso la parte finale dell’intervista quando Mister Lillo pone questa domanda: “Vi state chiedendo come faremo ad avere il calcio com’era prima? “ “Dimenticatevelo” e’ la risposta.
La gente che gioca a calcio oggi e’ differente, ma cio’ accade in ogni campo: musica, arte, qualsiasi.
“Siamo formati dalla cultura attorno a noi e le nuove generazioni si abitueranno alla VAR come una cosa naturale – non fatemi parlare di questo. O anche delle statistiche”.
Voi e il contesto in cui siete, siete la stessa cosa. Prendete il cactus per esempio, dice Juanma, anni fa il cactus non aveva spine. Ci adattiamo all’ambiente, al contesto in cui viviamo. E cosi’, col passare del tempo, il cactus ha messo le spine. Questo e’ quello che abbiamo adesso.
Chiudo con una personale e veloce considerazione :
E’ vero, il contesto, tutto cio’ che sta intorno a noi, ci costringe ad adattarci, nonostante cio’, credo sia ancora possibile pensare ad una umanizzazione del calcio, creare cioe’ un ambiente di lavoro in cui l’uomo o la donna, il giocatore o la giocatrice, il talento possano a loro volta influenzare il contesto. Che non significa, non accettare un’evoluzione ormai in atto da diversi anni e che comprende, tecnologie, big data, realta’ virtuali e tutto cio’ che le scienze stanno portando nell’industria del pallone, piuttosto, che i nuovi strumenti e gli addetti ai lavori, tengano conto di come nella complessita’ di questo gioco, concorrano all’esito, le emozioni, gli aspetti relazionali tra persone e tra persone nel gioco. Tutto cio’ non puo’ e non deve essere ricondotto soltanto a meri calcoli numerici.
Una risposta
Concordo perfettamente sul tuo commento finale, la parola chiave è umanizzazione e nell’ umanizzazione al centro ci stanno le relazioni. Ognuno di noi porta se stesso, la propria vita, la propria esperienza e questo influenzerà il contesto ed il contesto muterà in base a tutto ciò. Bisogna essere bravi a creare contesti in grado di vivere ed evolversi.