psg luis enrique

PSG, LA MANO DI LUIS ENRIQUE E IL COLPO ESTERNO CONTRO L’ARSENAL IN CHAMPIONS LEAGUE

Tieni il tempo
Con le gambe e con le mani
Tieni il tempo
Non fermarti fino a domani
Tieni il tempo
Vai avanti e vedrai
Tieni il tempo
Il ritmo non finisce mai.

C’è un sound pop nel calcio del Paris Saint Germain, danzato sulle note degli 883 con un ritmo che parte dalla testa e si scatena nei piedi. Di interno, d’esterno, di piatto, di collo, di suola: tocchi vellutati e pallone in cassaforte, interpreti virtuosi, Donnarumma decisivo e Luis Enrique a dirigere l’orchestra, con feeling e sincronia.

Perché, come diceva sua Maestà Johan Cruijff, “il calcio si gioca col cervello: bisogna trovarsi nel posto giusto nel momento giusto, né troppo tardi, né troppo presto”.
Nella meccanica del football moderno, il PSG segue proprio questo spartito, accurato e preciso, di tempo nello spazio e spazio nel tempo, palleggio artistico e creatività, tattica individuale in un corpus collettivo, tecnica di platino e qualità esponenziale.
Una squadra brillante che si muove all’unisono e col pilota automatico, grande conoscenza situazionale e alchimia nel gioco associativo, con la strategia dell’esca a far abboccare gli avversari e una velocità supersonica, quasi disorientante, a ribaltare il campo: un tripudio di haute couture che abbraccia il credo di Enrique e lo trasforma in un modello in cui la cura dei dettagli e lo spirito di sacrificio fanno tutta la differenza del mondo.

PSG C’EST FANTASTIQUE

All’Emirates Stadium di Londra, Les Rouge-et-Bleu si aggiudicano la semifinale d’andata di Champions League e superano l’Arsenal di Mikel Arteta. Di corto muso, 0-1 chirurgico, ma con una prestazione intelligente, interpretata con rigore, senso pratico e spirito di squadra.
L’azione del gol è da manuale del calcio: costruzione dal basso, possesso calcolato e modulato sulla pressione degli attaccanti dell’Arsenal, terzo uomo in predicato di inventare, verticalità e sgasata centrale di Dembelè, triangolo in ampiezza con Kvaratskhelia e mancino tagliato del Dix a baciare il secondo palo.
Tutto molto bello, per citare Bruno Pizzul. Anzi bellissimo.
Ma per fare questo ci vuole un metodo, un insegnante che ha imparato da maestri eccellenti, miscelando un calcio di fisica, tecnica e psicologia e trasferendo le idee al gruppo.
“Senza Mbappe saremo più forti”, aveva detto Luis Enrique dopo il passaggio dell’asso francese al Real Madrid. Anno zero, PSG nuovo.
Detto, fatto. In portata transalpina, ma in salsa spagnola, con l’imprinting dei preparatori di scuola catalana e il modus operandi di van Gaal, “guru” dell’asturiano sin dai tempi del Barca, a tracciare la rotta.

Dopo un girone altalenante in Champions League e una qualificazione raggiunta in extremis, il PSG è letteralmente esploso. Distrutto il Brest ai play-off, eliminate Liverpool e Aston Villa agli ottavi e ai quarti, e semifinale coi Gunners, altro club inglese sulla strada dell’Allianz Arena di Monaco di Baviera.
Un percorso fondato sul talento, dai giovani ai veterani, 1-4-3-3 solidissimo, cuore, corsa e cattiveria agonistica a determinare le gare. Con Donnarumma a blindare la porta come nessun altro in Europa, Marquinhos capitano a comandare la difesa, o meio-campo portugues coi funambolici Vitinha e Neves, Kvara e Douè ali d’argento, Dembélé centravanti e una panchina di ottimi elementi.
Niente più superstar da copertina, ma uomini veri e motivati, con l’io a lasciare il posto al noi.
Giocatori che sanno esattamente cosa fare e lo fanno in maniera perfetta, con un principio fondante ad alimentare la proposta: attaccare difendendo e difendere attaccando.

Vittoria corsara in Inghilterra, partita di spessore, grande sostanza e una rapidità d’espressione che è indice di estrema consapevolezza nei propri mezzi: il PSG c’est fantastique e al momento, insieme al Barcellona, mette in pratica il miglior calcio in circolazione, quello più spettacolare ed esaltante, per organizzazione, intensità, ritmo, armonia, identità, fantasia, estetica e risolutezza.
E arrivati a maggio, con una stagione alle spalle, non è cosa da poco.
Dunque, non ci resta che attendere il match di ritorno, per vivere un’altra notte di coppe e di campioni.

BIO: Andrea Rurali
Brianzolo Doc, classe 1988. Nato lo stesso giorno di Bobby Charlton, cresciuto con il mito di Johan Cruijff e le magie di Alessandro Del Piero. Da sempre appassionato di cinema, tv, calcio, sport e viaggi.

  • Lavoro a Mediaset dal 2008 e attualmente mi occupo del palinsesto editoriale di Cine34.
  • Sono autore del programma di approfondimento cinematografico “Vi racconto” con Enrico Vanzina e co-regista dei documentari “Noi siamo Cinema”; “Vanzina: una famiglia per il cinema”; “Noi che…le vacanze di Natale” e “Cult in campo: L’allenatore nel pallone…40 anni dopo”.
  • Dal 2014 dirigo la rivista web CineAvatar.it (http://cineavatar.it/)
  • Nell’autunno 2022 ho fondato la community Pagine Mondiali e nell’estate 2023 la piattaforma sportiva Monza Cuore Biancorosso.
  • Da agosto 2023 collaboro con la testata giornalistica Monza-News, scrivendo le analisi delle partite dei biancorossi e partecipando alla trasmissione Binario Sport.
  • Dal 2019 collaboro con la casa editrice Bietti, in particolare per la realizzazione di saggi sul cinema inseriti nelle monografie di William Lustig, Manetti Bros, Dario Argento e Mike Flanagan.
  • Tra le mie pubblicazioni, il saggio “Il mio nome è western italiano” nel volume Quando cantavano le Colt. Enciclopedia cine-musicale del western all’italiana (F. Biella-M. Privitera, Casa Musicale Eco, 2017) e il saggio “Nel segno del doppio” nel libro “Mediaset e il cinema italiano. Film, personaggi, avventure” di Gianni Canova e Rocco Moccagatta.

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