FERDI KADIOGLU, IL TULIPANO DI ISTANBUL.

Una caratteristica che sembra accomunare l’impero Ottomano con la Turchia calcistica attuale è il disinvolto e sistematico utilizzo di risorse straniere o non localizzate in Anatolia per il bene della mezzaluna, nel nostro caso per il bene calcistico.

Tanti figli dell’emigrazione che si sono dimostrati atleti di alto profilo sono stati corteggiati e invitati caldamente a vestire la maglia rossa con la mezzaluna, un po’ come dei moderni Giannizzeri, spero li ricorderete dai tempi della scuola o da qualche podcast del professor Barbero. 

E poco importa se sono nati sul Reno o sul Mare del Nord: sono figli della Turchia e per la Turchia debbono lottare, se lo vogliono chiaramente.

Çhalanoğlu, Ayhan, Baniya, Kökçü, Özcan, Kutlu, Akbaba, Tosun, Sari ed Yildiz sono i ragazzi che Montella ha chiamato nelle ultime convocazioni per la nazionale turca che sono nati e cresciuti in terra straniera, ma di chiara origine turca, risorse che la federazione calcistica ritiene chiave per il futuro ed il presente del movimento.

A loro si aggiunge il protagonista dell’articolo di oggi: Ferdi Kadioğlu.

DALL’OLANDA PER SBOCCIARE

Nato ad Arnhem, Olanda, il 7 ottobre 1999, Ferdi è originario della Turchia da parte di padre, ma di madre olandese con radici canadesi.

Nel paese dei tulipani cresce nel vivaio rossoverde del NEC e a Nijmegen diventa ben presto uno dei pezzi pregiati del club.

Già dalla prima stagione nei professionisti si dimostra un valido elemento. Seppur sia presente nella problematica retrocessione vissuta al Goffertstadion, Ferdi si afferma come uno dei giovani da tenere d’occhio.

La stagione successiva in cadetteria è quasi un allenamento in ciabatte. Domina gli avversari e risulta essere uno dei migliori giocatori per rendimento, con 7 reti e 12 assist. Troppo per restare in un campionato chiaramente sotto dimensionato rispetto alla sua qualità.

Ci pensa Philip Cocu, grande ex centrocampista olandese che nel 2018 si accasa sulla panchina del Fenerbahçe, a portarlo con sé in Turchia.

Se il fu numero 8 a Istanbul durerà come un acquazzone estivo, Ferdi invece mette radici.

Giunto ormai alla sesta stagione con la maglia del Fener, Kadioğlu si è sviluppato ed è cresciuto, anche se in maniera diversa da quanto molti immaginavano.

Partito dai Paesi Bassi come ala si è via via evoluto in un affidabile jolly sugli esterni, ma molto più arretrato come posizione, sia a destra che a sinistra. Se la passata stagione si è proposto come laterale destro di una linea a quattro, quest’anno sta giocando invece come terzino sinistro, senza perdere di efficacia e di qualità delle prestazioni, anzi.

Versatile ed estremamente intelligente, disinvolto dal punto di vista tattico e reattivo Ferdi è già ora un ragazzo su cui un tecnico può fare grande affidamento.

Fisicamente non è un gigante, 174 cm, ma ha forza nelle gambe, baricentro basso e buon primo passo.

DARE IL MASSIMO

Kadioğlu ha indubbiamente una spiccata personalità, non si fa intimorire, non teme il contrasto o le responsabilità, insomma non aspettatevi un ragazzo che si accontenta del compitino.

Difensivamente Kadioğlu interpreta il ruolo in maniera molto cerebrale, risultando abile nella lettura delle situazioni di gioco, spesso giocando di anticipo sulle intenzioni degli avversari e cercando di prevenire la ricezione, lavorando molto e bene sulle linee di passaggio, più che sull’uomo.

La sua applicazione difensiva è piuttosto buona e ha ormai raggiunto uno standard di rendimento affidabile e degno di un grande club.

Certamente però il piatto forte della casa è la fase di possesso.

Aiutato sicuramente da un passato come esterno offensivo, Kadioğlu sa dare molto alla manovra dei gialloneri, in differenti aspetti.

Turco, ma de facto figlio della scuola olandese – che cerca di crescere calciatori polivalenti e versatili – il numero 7 riflette la sua educazione calcistica in campo con un profilo da “all-around”.

A primo impatto è chiaro come il calciatore non sia uno specialista in un singolo fondamentale, ma che possieda un arsenale variegato e adattabile.

Tecnicamente si destreggia molto bene con entrambi i piedi, tanto da non avere problemi nel venire schierato su una fascia piuttosto che sull’altra. Possiede un primo controllo vellutato e sa gestire molto bene il ritmo del possesso, alternando l’affondo palla al piede (ed eventuale dribbling) al dialogo con i compagni.

Talvolta, cosciente delle proprie qualità in impostazione, tende ad innamorarsi un po’ troppo del pallone, magari per provare a concretizzare un’idea più ambiziosa di quelle che il terzino medio solitamente ha.

Non è un passatore banale, anzi ama esplorare vie diverse per creare pericoli, anche allontanandosi dalle fasce ed entrando in mezzo al campo come un centrocampista aggiunto. Un tratto distintivo dei terzini schierati da allenatori molto “modernisti”, che richiede fosforo e polmoni per poter operare in maniera efficace per la squadra.

KADIOĞLU HA ANCORA TANTI MARGINI DI MIGLIORAMENTO

Purtroppo quando si tratta di concretizzare la manovra non è lucidissimo, faticando a trovare lo specchio della porta.

Dopo l’exploit realizzativo della seconda stagione al NEC non ha mai superato le sei marcature stagionali, complice anche la sua evoluzione tattica che lo ha allontanato dalla porta.

Può crescere anche in rifinitura, visto che gli attuali tre assist stagionali sono poca cosa rispetto alla enorme mole di lavoro svolto e palloni toccati.

Senza palla resta un calciatore con tanta voglia di protagonismo.

Movimento continuo, smarcamenti, corse in profondità e dinamismo, un repertorio intero di lavoro distante dalla sfera che pare fine a se stesso, ma che alla lunga termina demolendo i dirimpettai, affaticati dal continuo movimento di Ferdi.

Il tutto ovviamente con cognizione di causa, con attenzione e in continua collaborazione con il resto della squadra, da ottimo calciatore associativo quale è.

A ventiquattro anni Kadioğlu non va più considerato, almeno non del tutto, come una giovane promessa.

In sei anni presso il Šükrü Saraçoğlu il ragazzo di Arnhem si è trasformato in una solida realtà calcistica, un elemento provato ed affidabile, con oltre duecentosessanta partite fra i professionisti. 

Solido, versatile, maturo eppure fresco ed affamato.

Il nuovo corso del calcio turco passa da anche da qui.

BIO: Stefano Follador

Sono nato a Valdobbiadene, provincia di Treviso nel 1988.

Enologo presso l’azienda vinicola di famiglia, laureato a Udine e con esperienze lavorative e di studio negli Stati Uniti ed Argentina.

Sposato con Desiree, ho due bambini che crescono più svelti di quanto vorrei.

Scrivo  per Sottoporta, collaboro con la webzine Juvengers e con il sito UK Calcio.

Lavoro nel mondo del vino e ne sono appassionato, perché come il calcio collega il mondo e sono sempre ottimi argomenti di conversazione, anzi sono scuse ottime per raccontare il mondo.

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