Le Gunners si presentano all’appuntamento del 24 maggio 2025 allo Estadio José Alvalade di Lisbona con la fiducia e la determinazione di chi ha scalato montagne. Il cambio in panchina, con Renée Slegers subentrata a Jonas Eidevall a metà ottobre 2024, ha rappresentato una svolta decisiva: da squadra in crisi a protagonista assoluta della Champions League. Ora, contro il Barcellona, avranno la chance di completare l’opera.
Il loro viaggio europeo era iniziato male: un 5-2 subito dal Bayern Monaco nella prima giornata della fase a gironi aveva scosso profondamente l’ambiente e messo in discussione la guida tecnica. Jonas Eidevall è stato esonerato a ottobre, lasciando spazio a Renée Slegers, ex assistente e figura già nota nell’ambiente del calcio femminile europeo. Da quel momento, qualcosa è cambiato. La squadra ha ritrovato ordine, fiducia e soprattutto una nuova identità, più concreta e più matura.
Le cinque vittorie consecutive che hanno chiuso la fase a gironi hanno rilanciato le ambizioni europee del club. Ma è nella fase a eliminazione diretta che l’Arsenal ha mostrato il suo volto più affilato. Prima la rivincita contro il Bayern ai quarti, poi la prova di forza nella semifinale contro il Lione: dopo una sconfitta per 2-1 in casa, le Gunners hanno ribaltato tutto con un 4-1 strappando con personalità e carattere il pass della finale.
Questa rimonta non è un caso, anzi l’Arsenal si è dimostrato per tutta la stagione una vera e propria “squadra da secondo tempo”. Le difficoltà iniziali spesso costringono le londinesi a rincorrere il risultato, ma è nella ripresa che le idee si fanno più chiare, il ritmo si alza, le individualità si accendono. Il lavoro di Slegers si vede soprattutto lì: nei cambi efficaci, nelle rotazioni intelligenti tra le trequartiste, nella capacità di spostare l’inerzia della gara. È successo contro il Lione, contro il Bayern e anche in diverse partite di campionato. L’Arsenal non molla mai, e nella seconda parte dei match sa trasformarsi in una squadra letale. Le inglesi hanno mostrato di saper soffrire e reagire, di saper cambiare pelle quando serve. Proprio questa resilienza, questa capacità di rinascere dentro la partita stessa, potrebbe essere la chiave per sorprendere anche le campionesse d’Europa.
In questo contesto, spicca la figura di Mariona Caldentey, l’innesto forse più decisivo dell’intera stagione. Arrivata proprio dal Barcellona, con cui ha giocato cinque finali consecutive di Champions, ha portato con sé non solo esperienza e palmarès, ma anche una nuova visione del gioco. Slegers le ha affidato le chiavi della trequarti, lasciandola libera di muoversi tra le linee, dettare i tempi e legare il gioco tra centrocampo e attacco. I suoi passaggi filtranti, la lettura delle situazioni e la freddezza nelle scelte hanno cambiato volto all’Arsenal. Tuttavia la dipendenza da questa giocatrice può rappresentare un problema non indifferente perché contro squadre che sono riuscite a neutralizzarla, le Gunners hanno mostrato diverse difficoltà nel trovare alternative.
Altre calciatrici da tenere d’occhio sono Alessia Russo, capocannoniera del cammino europeo con la sua potenza e il suo istinto sotto porta, Katie McCabe con la sua cattiveria agonistica e creatività sulla fascia sinistra e Leah Williamson capace di dettare la linea difensiva e di verticalizzare velocemente per la corsa delle attaccanti.
La finale di Lisbona non è solo un punto d’arrivo. È il simbolo di una squadra che ha saputo trasformare una crisi in un’opportunità. Con Mariona contro il suo passato, con una rosa profonda che ha imparato a lottare, e con una guida tecnica che ha riscritto il copione in corsa, l’Arsenal è pronta a giocarsi tutto affrontando il Barcellona da outsider di lusso, ma con la consapevolezza di potersela giocare alla pari.
Se la finale di Lisbona segnerà l’inizio di una nuova era, dipenderà anche da quanto questa squadra avrà imparato a gestire le proprie debolezze, valorizzando i suoi tanti punti di forza.

BIO: LAURA ZUCCHETTI
Gen Z di nascita ma vintage nei modi, parlerei per ore di sport e questioni di genere. Vivo il calcio femminile da tifosa ma con lo sguardo da psicologa sociale per riflettere sulle sue contraddizioni e opportunità figlie della realtà nella quale siamo immersi.