INTER – MILAN 1-0 (3-0):PORTE CHIUSE PER ISTANBUL. I ROSSONERI SI FERMANO IN SEMIFINALE.

Sei giorni possono essere molti o pochi a seconda dei punti di vista.

Per i tifosi del Milan rappresentano un lasso di tempo lungo un’eternità in attesa di un riscatto, di una reazione o, meglio, di qualcosa che assomigli ad una scalata impervia che permetta loro di continuare a sognare.

Questo è quanto ha lasciato in dote la partita di andata delle semifinali della Champions League 2022-2023.

Una gara che ha visto il popolo rossonero patire più per il modo in cui si è materializzata la sconfitta che per il risultato pesante.

Non è andata giù ai tifosi del diavolo la sensazione di inferiorità che i loro beniamini hanno palesato nella prima parte del match di andata.

A prescindere dall’esito del match di ritorno, stavolta dovrà esserci “partita”. Non basterà la cosidetta reazione d’orgoglio…

Serve una prestazione convincente dal punto di vista calcistico. Solo in tal modo sarà possibile sperare nel miracolo.

Pioli recupera Leao ma deve scontare l’assenza di Bennacer il che, inevitabilmente, comporta uno schieramento sulla carta più offensivo per quanto concerne la scelta degli undici iniziali.

Da capire, tuttavia, se in assenza delle doti organizzative e delle capacità cognitive del centrocampista algerino, nell’ultimo periodo avanzato a legare il gioco anziché a costruirlo, l’undici rossonero saprà armare i propri frombolieri offensivi.

Viene lecito immaginarsi una squadra asimmetrica, predisposta a ruotare verso sinistra con Theo e Leao più propensi ad offendere e Messias chiamato, dall’altra parte, ad un notevole sforzo nella “doppia fase”.

Thiaw sostituisce Kjaer, apparso stranamente spaesato nel match di andata durante il quale, questo dev’esser chiaro, nessuno dei suoi compagni ha brillato.

Inzaghi non cambia nulla rispetto all’andata.

Brozovic, nonostante incoraggianti segnali di ripresa, si accomoda in panchina con Calhanoglu in regia e Mkhitaryan sul centro sinistra, in ossequio alla disposizione di sei giorni orsono in seno alla quale l’armeno, unitamente a Barella, è risultato determinante.

Chissà se stavolta l’approccio dei rossoneri risulterà più proficuo rispetto a quello distratto e impotente della scorsa settimana.

L’ambiente in teoria più ostile (è l’Inter a giocare in casa) potrebbe fungere da stimolo.

Ed in effetti nei primi minuti i rossoneri appaiono più vogliosi, intenti a dare un ritmo ed un intensità superiore anche se, più che con la manovra, danno l’impressione si affidarsi ai lanci lunghi (pure quelli di Maignan) ponendosi nella condizione di aspettare le “seconde palle”.

L’Inter, a dire il vero, non sembra scomporsi e pare, pian piano, prendere in mano la gara quando, all’undicesimo minuto, un’insistita e caparbia azione di Tonali sulla sinistra permette all’interno di Pioli di  offrire a Brahim Diaz un invitante pallone che il trequarti spagnolo, in posizione di sparo dentro l’area, spreca in malo modo permettendo a Onana non solo la parata ma addirittura la presa.

L’Inter reagisce dopo due minuti ma l’azione (splendida) con cui Dzeko innesta la conclusione di Barella viene vanificata dal fuorigioco segnalato al bosniaco.

Da lì per venti minuti abbondanti la partita diverrà intensa e combattuta con alcuni interventi che, se posti in essere nel campionato italiano, indurrebbero il direttore di gara ad estrarre più volte il cartellino giallo.

Il Milan appare più voglioso rispetto alla gara di andata ma è più un’espressione di intenti che di gioco. La manovra, privata del fosforo di Bennacer, quando non basata sui lanci lunghi, si affida al temperamento di Tonali il quale, dovendo cantare e portare la croce,  finisce tuttavia per peccare di lucidità.

Accettano i rossoneri di rischiare qualcosa nelle retrovie e cercano con insistenza Diaz tra le linee. L’operazione riesce in più di un’occasione senza, tuttavia, che il dieci di Pioli riesca a saltare l’uomo o a giocare il filtrante.

Si danna l’anima l’ex Real Madrid, probabilmente conscio dell’importante occasione fallita, ma non riesce a determinare.

Quanto ai compagni di reparto, ad una manciata di minuti dall’intervallo, verrebbe da scrivere che Messias appare l’unico in partita se non fosse che Rafa Leao, sino ad allora poco coinvolto e poco convinto, si sveglia dal torpore e, dopo aver beffato Darmian, si invola sull’out di sinistra. Il movimento con cui salta Acerbi assomiglia più ad un aggiramento che ad un dribbling e vale anche quale controllo orientato ai fini della conclusione che, scoccata di sinistro, esce di pochissimo.

Non è tanto la giocata ad impressionare quanto il senso di facilità con cui l’attaccante portoghese la pone in essere.

Purtroppo per i tifosi milanisti risulterà l’ultima di tutto l’incontro.

Da lì in poi il Milan non sarà più pericoloso.

Dopo un’autentica prodezza di Maignan atta a negare il goal a Dzeko, che di testa aveva deviato un tracciante di Calhanoglu, è Lautaro a cercare il sette alla destra del portiere francese con un sinistro a giro dal limite dell’aria.

Sono le ultime emozioni di un primo tempo, intenso e combattuto, in cui Barella si è distinto per i tempi delle giocate e degli inserimenti, con Lautaro chiamato a svolgere la funzione  di regista offensivo.
Dall’altra parte, la prodezza di Maignan merita un plauso così come Tonali che, pur sbagliando qualcosa tecnicamente, è sembrato essere l’anima della squadra.

Nel secondo tempo, il Milan dovrebbe suonare la carica e tentare un forcing nella speranza di riaprire i giochi. La squadra di Pioli, tuttavia, non trova gli spunti di Leao e, piano piano, si spegne in preda ad una crisi di idee che si palesa a fronte di un avversario in fiducia il quale, con il passare dei minuti, vede avvicinarsi il grande traguardo della finale.

Non succede praticamente nulla sino al 74′ ma sin da metà della ripresa il Milan perde distanze, si allunga, e comincia a ballare dietro.

Mancano le forze.

Normale che ciò avvenga in un momento in cui ci si rende conto che le speranze di rovesciare il risultato si assottigliano, con le energie nervose che scemano, a fronte di un avversario che concede poco di suo.

Qualche errore di lettura in fase difensiva rappresenta l’anticamera al vantaggio nerazzurro che, più che per la veemenza delle azioni interiste, prima si prefigura nell’aria e poi si materializza per inerzia.

Il Milan esce dalla Champions League e, al netto della delusione di stasera (e dello scorso mercoledì), merita un plauso per aver raggiunto la semifinale della massima competizione europea dopo aver affrontato, tra gli altri, Chelsea, Tottenham e Napoli.

Alzi la mano chi, tra i tifosi milanisti, diciotto mesi fa avrebbe immaginato uno scudetto e una semifinale di Champions League. 

Il gruppo di lavoro merita complimenti anche in questa stagione che, rispetto alla precedente, ha avuto elementi di contraddizione e momenti di crisi, ma che ha riportato il Diavolo nel calcio europeo che conta sia per lo stile tenuto che  per i risultati raggiunti.

Di sicuro l’amarezza di uscire per mano dei cugini è impattante dal punto di vista emotivo. Ciò non tolga i meriti ad un gruppo che, probabilmente, si è trovato ad affrontare un ostacolo di livello superiore alle proprie possibilità ed alla propria dimensione.

Non è ancora tempo di bilanci perché c’è un campionato da concludere, possibilmente con una qualificazione alla prossima Champions League.

Essere tra le prime quattro d’Europa è comunque un risultato che niente e nessuno potrà mai cancellare e una critica corretta non può esimersi dal ricordare dov’era il Milan all’inizio del percorso che l’ha portato sin qui.

La serata si conclude con la tristezza di un sogno interrotto ma le interruzioni, in quanto tali,  presuppongono una ripresa.

Sarà compito del club riportare da subito entusiasmo e voglia.

Il campionato non aspetta e tra pochi giorni si è di nuovo in campo.

Sarà importante ricompattarsi prima come gruppo e poi come squadra. Alcune incertezze difensive emerse in queste ultime gare non sono frutto di carenze tecniche ma di letture individuali e collettive errate.

Su questo dovrà esser bravo Stefano Pioli ad intervenire.
Gli sono già capitati momenti difficili alla guida del Milan e ne è sempre uscito con profitto.

Poi, come sempre, sarà la società a dover far sì che il club possa proseguire in una crescita con scelte lungimiranti e funzionali ai programmi della stessa, senza che la delusione per l’eliminazione porti ad effetti deflagranti.

Per come sono andati questi ultimi anni è doveroso essere fiduciosi.

BIO: Alessio Rui è nato e vive a San Donà di Piave-VE ove svolge la professione di avvocato. Dal 2005 collabora con la Rivista “Giustizia Sportiva”, pubblicando saggi e commenti inerenti al diritto dello sport. Appassionato e studioso di tutte le discipline sportive, riconosce al calcio una forza divulgativa senza eguali. Auspica che tutti coloro che frequentano gli ambienti calcistici siano posti nella condizione di apprendere principi ed idee che, fatte proprie, possano contribuire ad una formazione basata su metodo e coerenza, senza mai risultare ostili al cambiamento

3 Responses

  1. Complimenti! Una disamina che considero dal mio punto di vista molto intelligente, corretta e oggettiva. Se si partisse da questo modo competente di valutare una sconfitta, allora davvero si potrebbero gettare le basi per fare l’ultimo decisivo salto di qualità. Senza dimenticare che si è fatta una scelta “innovativa” e eticamente apprezzabile dal punto di vista della gestione economia del Club.

  2. Buongiorno Alessio . Hai detto tutto (se posso darti del tu )in modo direi perfetto e complimenti! Io da vecchio cuore rossonero non posso dimenticare dove eravamo tre anni fa. Il percorso direi e’ stato sopra ogni aspettativa.
    Nelle due partite sono emerse le forze in campo in modo esponenziale. la nostra forza e’ sempre stato il gioco di squadra , la compattezza , giocare in trenta metri. e nei due derby , secondo me questo non e’ avvenuto . E l’assenza di un giocatore come Bennacer che detta i tempi di gioco e la mancanza delle sue geometrie ,si e’ sentita molto . Leao rientra ma piu’ per mettere pressione agli avversari che per essere una risorsa pericolosa (anche se non dimentico che a momenti fa gol)
    Pioli ha sopperito in questi anni di gestione ,tra infortuni ,squalifiche ,situazioni davvero difficili.
    E’ stato un progetto , dove secondo me , l’arrivo dello scudetto vinto ha anticipato la programmazione . Paradassolmante ci siamo trovati a gestire il tutto in modo un po’ piu…. complicato. E credo che noi abbiamo pagato la campagna estiva , dove le attese sono state deludenti.
    Credo che la foto di Tonali e Barella sia una di quelle che mi fa ben sperare affinche’ la Milano calcistica possa avvalersi in futuro di due bandiere delle reciproche squadre ( Saro’ un illuso mi piace pensarla cosi)
    Grazie per l’attenzione.

    1. Gentile Claudio,
      il “tu” va benissimo.
      Grazie mille per l’attenzione.
      Più che di progetto, calcisticamente parlando, preferisco parlare di programma perchè il progetto, se sbagliato, si deve modificare mentre il programma puàò essere rimodulato strada facendo pur nella coerenza dei principi di base.
      Le convinzioni possono col tempo modificarsi, i principi rimangono.
      E ascoltando Paolo Maldini nel dopo gara ho avuto questa sensazione.
      Di sicuro la vittoria dello scudetto ha accelerato il processo di crescita; questa stagione è diventata, giocoforza, una stagione di assestamento.
      E, a mio modo di vedere, pur in presenza di momenti di contraddizioni e crisi, ha portato un ottimo risultato internazionale. So che è un concetto difficile da far passare ma è probabile che quest’annata possa risultare importante tra uno o due anni, quando il Milan, ci si augura, avrà elevato il suo livello.
      Avercene di stagioni di assestamento che portano una semiinale di Champions League…

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