L’ha detto lui stesso.
Basta col calcio, meglio dedicarsi alle Harley-Davidson, amore incondizionato di Christian Abbiati, perché il pallone gli ha dato tutto e lui ha restituito tanta generosità con le sue prestazioni.
È vero, bisogna avere anche un pizzico di fortuna, ma è sempre importante farsi trovare pronto.
“Abbiati c’è”, direbbe un altro amante delle due ruote, Guido Meda. Christian c’è sempre stato.
Portiere con il maggior numero di presenze nella storia rossonera, sedicesimo nella speciale classifica all-time, ha legato il suo nome al mondo Milan nel 1998, quando viene prelevato dal Monza. Entra in punta di piedi nel Sancta Sanctorum dello spogliatoio rossonero, dove il sommo sacerdote Paolo Maldini detta regole e norme comportamentali e il timoroso Christian, ragazzo schivo e timido, sente tutta la riverenza da dover dare al Capitano, a Billy Costacurta e ad Albertini, giusto per citarne alcuni. La sua vivavoce riferisce che ha impiegato del tempo per poter parlare con quei mostri sacri.
È il terzo portiere della stagione secondo la gerarchia di Zaccheroni.
Davanti a lui ci sono due eccellenti portieri, Jens Lehmann e Sebastiano Rossi, e Abbiati prova più che altro ad apprendere, come un bravo scolaretto, i trucchi e segreti del ruolo più complesso e stressante del gioco del calcio. Lehmann è il titolare, cade giù dalla torre alla quinta giornata contro il Cagliari. Storia nota a chi segue questa rubrica sulle Legends rossonere: il tedesco si infortuna, la fenice Rossi entra a partita in corso e para il rigore a Muzzi. Il portierone romagnolo resta in porta fino alla diciassettesima giornata contro il Perugia quando per un manrovescio a Bucchi viene espulso. Rossi viene sostituito da Abbiati (tecnicamente esce Weah) che nel giro di pochi mesi si ritrova ad essere titolare di una delle porte più importanti del calcio italiano. Entra al 93’, esordio che serve solo per le statistiche dei tabellini, ma il giovanotto di Abbiategrasso sa già che la domenica successiva toccherà a lui, contro l’ostico Bologna di Signori e compagnia bella, che qualche mese prima aveva rifilato alla Juventus un pesante 3 a 0.
La tensione durante la settimana è palpabile: «Mi gioco tutto in 90 minuti: se andrà bene, dopo sarà più semplice. Altrimenti… non voglio pensarci”. È stata una settimana particolare? “Sono frastornato, è da domenica che tutti mi cercano. Non ero abituato, ho dovuto staccare il telefono e mi sono isolato in casa per trovare tranquillità.»
La partita inizia in salita con i due gol di Signori, proprio lui, intervallati dalla rete di Andres Guglielminpietro. Nel secondo tempo il Milan reagisce, pareggia grazie a un autogol di Magoni e opera il sorpasso con la storica punizione di Bruno N’Gotty al 90’ che mette il Milan in scia scudetto. Abbiati è protagonista di una gran parata su colpo di testa di Kennet Andersson e si guadagna il rispetto di compagni e stampa. Da quel momento diventa il guardiano della porta rossonera, giocando partite attente, facendo qualche piccola sbavatura, come nel pareggio di Zanetti nel derby o sul gol di Balbo nel momentaneo vantaggio del Parma a San Siro, ma le sue parate risultano importanti per far arrivare il Milan alla vigilia della sfida con il Perugia con un punto di vantaggio sulla Lazio.
La partita del Renato Curi è decisiva: il Milan è campione d’Italia se batte il Perugia, che intanto deve salvarsi, altrimenti bisognerà affidarsi al risultato di Lazio-Parma, che sembra già deciso. Guglielminpietro porta in vantaggio il Diavolo, Bierhoff raddoppia al 31’, mettendo la partita in discesa. Soltanto tre minuti dopo Nakata, il giapponese, segna il rigore che accorcia le distanze. Inizia un nervoso conto alla rovescia, dove il tempo fa fatica a passare. La tensione sale, si allenta al 54’ quando il parmense Vanoli realizza all’Olimpico il pareggio, torna ad essere febbrile con il raddoppio del Matador Salas al 77’, quasi in contemporanea con il grande colpo di reni con il quale Abbiati sventa l’ultima vera minaccia della partita, ossia il tiro di Bucchi, lupus in fabula delle fortune del ventiduenne, destinato nel sette. È il sedicesimo scudetto della storia del Milan, proprio nell’anno del centenario, con Zac che eguaglia Sacchi e Capello, vincendo lo Scudetto al primo colpo, merito anche di Abbiati, il terzo portiere divenuto titolare nella squadra più forte d’Italia.
Christian è il primo portiere nella stagione successiva e fa il suo esordio in Champions League a Londra contro il Chelsea, il 15 settembre 1999. Il Milan chiude terzo in Serie A e si qualifica per i preliminari della Champions League 2000/2001. Tra le partite da ricordare va menzionata quella della trasferta di Cagliari dove compie tre interventi assolutamente decisivi, con i quali il Milan strappa un punto prezioso.
Christian Abbiati ottiene la convocazione per l’Europeo di Olanda e Belgio che per l’Italia si chiude con un beffardo secondo posto, ma intanto vince l’Europeo under-21.
Il terzo anno di Zaccheroni a Milano è complicato.
La squadra non riesce a tenere il passo della Roma e della Juventus e il Milan è fuori dalla lotta scudetto già da subito. Zac viene esonerato dopo il pareggio con il Deportivo La Coruña in Europa e al suo posto siede sulla panchina Cesare Maldini, nel ruolo di direttore tecnico, coadiuvato da Mauro Tassotti. Abbiati è confermato titolare anche se in rosa è arrivato l’incerto Nelson Dida, forse nella sua peggiore versione (andare a vedere l’errore di Leeds per avere conferma). Durante Milan-Parma si fa male al polpaccio e torna solo all’ultima giornata contro la Reggina.
Non particolarmente felice l’annata successiva, ma non per Abbiati, che resta il portiere titolare e gioca ben 46 partite. Nonostante una campagna acquisti importante, la squadra finisce quarta, ottenendo il pass per la Champions League 2002/2003. Grandi ambizioni in estate per la nuova annata, ergo grandi acquisti.
Su tutti Nesta, Rivaldo e Seedorf.
Nella prima parte della stagione il Milan è un rullo compressore, sia in campionato che in Coppa dei Campioni e tra i pali sfoggia un Nelson Dida insuperabile. Sì, proprio quello indeciso di due stagioni prima. Abbiati è un secondo di lusso, ma si fa trovare pronto nel momento opportuno e quel momento arriva al minuto 42 della sfida di ritorno della semifinale di Champions League contro l’Inter respingendo il tiro di Kallon. Abbiati c’è, è sempre l’uomo delle parate decisive, che hanno un peso specifico sui successi rossoneri, che lasciano agli altri i “se” e ricordano a noi milanisti quanto sia bello vincere, anche soffrendo. Morale della favola: si va in finale, a Manchester, dove un altro Maldini alza la Champions League in terra d’Inghilterra sotto gli occhi degli juventini. L’anno dopo il Milan vince un campionato e la Supercoppa Europea e nel 2005 la Supercoppa Italiana ma Abbiati gioca poco: solo 16 presenze in due anni.
Nell’estate del 2005 accade qualcosa di particolare: in un’uscita su Kakà, Buffon si fa male. La Juve perde il suo portiere titolare nella consueta partita annuale del Trofeo Luigi Berlusconi, l’aperitivo di lusso della stagione. Il Milan propone ai bianconeri Abbiati, una sorta di risarcimento. Il portiere accetta il trasferimento e gioca ben ventisette partite al posto di Buffon. In terra sabauda arriva uno scudetto, poi assegnato all’Inter per i noti fatti di calciopoli.
L’anno dopo Abbiati resta a Torino, ma va a giocare con i granata. Si rivela una stagione difficile per la squadra che riesce comunque a salvarsi. Abbiati è il titolare inamovibile che gioca ben 38 partite. Pare che nella carriera del ragazzo di Abbiategrasso sia cominciata una fase segnata da un continuo peregrinare e così l’anno dopo approda all’Atletico Madrid. Ma al richiamo di casa non si può dire di no, e a fine prestito torna al Milan, alternandosi a Nelson Dida tra i pali.
Nella stagione 2010/2011 Berlusconi intende fare di nuovo grande il Milan per tornare a vincere.
Sarà l’ultima volta.
Durante il calciomercato estivo arrivano Ibrahimović, Robinho e Boateng che si innestano in un telaio già competitivo sotto la guida di Massimiliano Allegri. Dopo un periodo di rodaggio, la squadra cresce e si porta in vetta alla classifica. I rivali dei rossoneri sono i cugini, che vengono battuti due volte. All’andata decide un rigore di Ibra, al ritorno, con lo svedese squalificato, tocca a Pato trascinare il Milan a un successo netto e indiscutibile. Il 3 a 0 finale è anche merito di Abbiati che nega il pareggio a Thiago Motta con un intervento miracoloso. Finisce come è giusto che finisca, con lo Scudetto che torna dalla parte giusta di Milano, che significa il terzo sigillo per il portiere brianzolo.
Gli anni che seguono sono difficili.
Berlusconi ha ormai in mente di vendere il Milan e le soddisfazioni sono ai minimi termini. Christian è il capitano della squadra, spesso l’ultimo ad arrendersi alle sconfitte e alle insoddisfazioni, ma quando comprende che il ciclo berlusconiano stia finendo, decide che sia giunto il momento di dire basta con il calcio e di dedicarsi alla passione delle due ruote, ai raduni dei centauri che condividono con lui la passione della strada perché, come dice lui: “su un Harley tra Harley, ogni diversità si annulla, siamo tutti uguali”.

Christian Abbiati ha giocato quattro partite da titolare in Nazionale, esordendo contro la Svizzera il 30 aprile 2003.
L’ultima partita in azzurro è del 16 novembre 2005 contro la Costa d’Avorio.
Con l‘under-21 ha vinto l’Europeo del 2000 ed è arrivato secondo, senza giocare, nell’Europeo di Olanda e Belgio dello stesso anno.
Con il Milan ha vinto tre Scudetti (1998/1999; 2003/2004; 2010/2011), una Coppa Italia (2002/2003), due Supercoppe Italiane (2004;2011), una Champions League (2002/2003), una Supercoppa Europea (2003).

BIO: VINCENZO PASTORE
Pugliese di nascita, belgradese d’adozione, mi sento cittadino di un’Europa senza confini e senza trattati.
Ho due grandi passioni: il Milan, da quando ero bambino, e la scrittura, che ho scoperto da pochi anni.
Seguire lo sport in generale mi ha insegnato tante cose e ho sperimentato ciò che Nick Hornby riferisce in Febbre a 90°: ”Ho imparato alcune cose dal calcio. Buona parte delle mie conoscenze dei luoghi in Gran Bretagna e in Europa non deriva dalla scuola, ma dalle partite fuori casa o dalle pagine sportive[…]”
Insegno nella scuola primaria, nel tempo libero leggo e scrivo.
2 risposte
Buongiorno Vincenzo: ho apprezzato molto questo articolo su un “milanista di sostanza” come Abbiati: un ragazzo di poche parole e molti fatti. Oggi si alternerebbe tranquillamente in Nazionale con Donnarumma, perché non credo ci sia differenza tra i due (a parte il fatto che Abbiati è milanista…).
Altro gran bel pezzo Vincenzo!
Sono sempre piú rari i Milanisti veraci, ma Cristian era esattamente uno di quegli splendidi stereotipi oramai in via di estinzione. Sicuramente gli mancherà di più il suo Milan che ahimè …I suoi capelli perduti…ma in sella ad una magica Harley Davidson Il mondo lo tieni sempre nella tua testa!
Un caro abbraccio .
Massimo 48