SCHERZI A PERTH

Tredicimila chilometri.

Quaranta ore di volo fra andata e ritorno.

Continente altro.

Emisfero altro.

Antipodi.

Estate piena.

Canguri.

Risotti? Costolette? Ossobuchi? Cassoeula? Polenta? Busecchina?

No.

Pavlova, Barramundi e Lamingtons.

Laghi?

No.

Oceano Indiano. 

Ah, trattasi ovviamente, chiaramente, naturalmente, va da sé, di un derby.

Australiano?

Ma no.

Lombardo.

What?

Sì, orsù.

Un incontro fra squadre della stessa regione.

Quindi luci a San Siro?

No. Indisponibile.

E allora?

Perth, “City of light”. Città delle luci.

Perth?

Eh sì.

Il crepuscolare Meazza non è a disposizione.

Perché non a Como? Perché non invertire l’andata con il ritorno? Perché non un impianto dalle Alpi alla Sicilia?

Ma no.

Perth.

Pertchè?

“In via del tutto eccezionale”, hanno detto e ribadito.

Quanto eccezionale?

Dodici milioni.

Ah. Ora sì. 

Arabia, Australia. Supercoppa, campionato.

Campionato? Sì, è una gara di campionato.

Ah.

Venti ore di volo? Venti. Per due.

Fusi orari? Leverei orari.

E i tifosi? Il VAR da Lissone?

Quisquilie.

Pinzillacchere.

Ah, scherzi.

No, purtroppo no.

Siamo solo su scherzi a Perth.

BIO: ANDREA FIORE

Teoreta, assertore della speculazione del pensiero quale sublimazione qualitativa e approdo eminentemente più aulico della rivelazione dell’essenza di sé e dello scibile, oltre qualsivoglia conoscenza, competenza ed erudizione quali esclusive basi preliminari della più pura attuazione di riflessione ed indagine. Calciofilo, per trasposizione critico analitico di ogni sfaccettatura dell’universo calcistico, dall’ambito  tecnico-tattico all’apparato storico, dalla valutazione individuale e collettiva ai sapori geografici e culturali di una passione unica. La bellezza suprema del calcio è anche il suo aspetto più controverso: è per antonomasia di tutti e tutti pensano di poterne disquisire.

5 risposte

  1. Sono sconvolto dalla leggerezza di questa decisione. Per lavoro ho decine e decine di voli oltreoceano. Ogni santa volta il jet-lag mi ammazza. Dovendo lavorare lucidamente, essere rimbambito dal sonno per le notti in bianco, all’andata come al ritorno, mi compromette quasi un mese. Alla fine, qualche anno fa, ho iniziato ad assumere sonniferi (Stilnox) perché la melatonina mi faceva come acqua fresca. Ora, è vero che i ragazzi voleranno in top-class e io in economy, ma il jet-lag, le differenze di stagione, clima e altro temo possano comunque influire sulla prestazione dei ragazzi. Proprio alla vigilia del periodo in cui, secondo Allegri, si decidono i giochi. Siccome la furbata riguarda solo noi e il Como, è evidente l’impatto sulla classifica. Lo si è già visto con le finali di Coppa del Mondo a Tokyo. Quindi noi probabilmente lasceremo punti alle dirette concorrenti per giocare in uno stadio dove lo sport principale è il cricket. Complimenti! È vero, siamo nati come Milan Cricket and Football Club, ma Kipling, avendo imparato a parlare con i locali, ci avrebbe dato dei pirla.

  2. Buongiorno Andrea, ho letto con gusto il breve articolo, come ho letto l’osservazione acuta di Roberto.
    Personalmente, mi vengono in mente alcuni argomenti, che in qualche modo escono dall’ambiente calcio, o perlomeno, forse non sono del tutto attinenti e mi rendo conto che molti non saranno d’accordo.
    Spero, con questa risposta di non offendere nessuno.
    Parto con l’osservazione di Demetrio Albertini, campione rossonero, di un passato difficilmente ripetibile: giustamente, Albertini ha detto che i tempi sono cambiati, e, complessivamente, ha mantenuto una certa prudenza, parlando di istituzioni che sono in grado di fare le loro valutazioni. Questo il succo delle dichiarazioni di Albertini.
    Poi ci sono le dichiarazioni di Adrien Rabiot, il quale è andato giù pesante, dichiarando apertamente che è un modo per mettere a repentaglio la loro condizione atletica.
    C’è un’altra dichiarazione di Carlo Pellegatti, che mi ha lasciato molto sorpreso e cioè, che lui a sua volta, è sorpreso per questa decisione.
    Di dichiarazione in dichiarazione ci sono anche quelle di Abodi, difficilmente commentabili.
    Personalmente sono contrario a questa scelta, che con il gioco del calcio non c’entra nulla, ma per motivi economici, si giustifica tutto; chi si occupa di calcio a livello istituzionale, non nutre il minimo amore per questo gioco, ma l’interesse è solo personale ed economico.
    Sappiamo benissimo, proprio da questo blog, che l’abbandono dei ragazzi è in costante aumento: tra i 13 ed i 16 anni, 4 ragazzi su dieci, scelgono altro: certo le ragioni possono essere molte, ma sicuramente i paladini e le istituzioni non sono per nulla esempio positivo; poi certamente, ci sono le eccezioni, ma nel complesso, il calcio ne esce sempre male.
    Purtroppo, per i soldi che porta, viene continuamente giustificato e gli viene data più importanza, rispetto ad altri sport “più sport” che tra l’altro conseguono risultati migliori. Un esempio?.
    La pallavolo maschile e femminile, per la quale, personalmente mi sto appassionando sempre di più.
    Per la verità, già dai tempi di Bernardi, Zorzi, Giani ecc., seguivo con passione: non a caso alcuni di loro allenano in piazze importanti, ma da diversi anni, anche la pallavolo femminile, produce campionesse di assoluto valore: Egonu giocatrice fantastica (anche se per un certo periodo ha diminuito il suo apporto), ma anche per quanto riguarda Silla, Orru (mi scuso se non le elenco tutte).
    Nella pallavolo, non vanno avanti i figli di tizio e caio, ma quelli veramente bravi.
    Nel calcio gli esempi sono pessimi.
    Torno ai giudizi.
    Da Albertini mi sarei aspettato un giudizio un pochino più netto.
    Da Rabiot, invece, vorrei dirgli che dovrebbe considerare tutti i soldi che anche lui guadagna e sappiamo quanto sua mamma ci tenga: il “circo calcio”, perché oramai di circo si tratta, per stare in piedi ha bisogno di queste cose, per cui Rabiot, che tra l’altro è un giocatore che ammiro dai tempi della Juventus, deve sottostare all’ambiente di cui fa parte, proprio perché poi, Rabiot è coperto d’oro.
    Vorrei ricordare quattro particolari del passato, due che riguarda Paolino Pulici e due che riguardano il nostro Milan.
    Ricordo che Pulici in una intervista, disse che si era tirato fuori dal calcio, per il poco amore dimostrato dalle nuove leve; Pulici lo ricordo molto bene; era il mio attaccante preferito e lo avrei voluto vedere al Milan.
    Chissà quante volte avrebbe vinto la classifica cannonieri (tra l’altro l’ha vinta tre volte) con un suggeritore come Gianni Rivera.
    Sempre Pulici, raccontò un aneddoto, dove il suo compianto capitano Giorgio Ferrini, a fine partita lo maltrattò, perché aveva simulato in area di rigore. Da allora Pulici non simulò più.
    Gli altri due fatti, riguardano il Milan.
    In una intervista famosa, Nereo Rocco dichiarò che Gianni Rivera era semplicemente un genio, ma disse: “attenzione, stiamo sempre parlando di una partita di football”; come dire diamo il giusto valore alle cose della vita.
    L’altro particolare riguarda invece lo stipendio di Gianni Rivera: pare che verso la fine della sua carriera, guadagnasse circa 70 milioni di lire all’anno; mio papà, che faceva un lavoro modesto, ma mi permetto di dire molto più faticoso, guadagnava circa 8 milioni all’anno (circa 750 mila lire al mese).
    Diciamo per cui che il rapporto era uno a dieci(anche meno).
    Oggi, se uno stipendio medio si aggira sui 2000 ero al mese, quanto dovrebbe guadagnare un calciatore famoso (come Gianni Rivera, che è sempre stato il mio idolo e lo è ancora oggi!), per mantenere quella proporzione?
    Certo l’indotto odierno è diverso.
    Ecco la risposta che dovrebbe cercare Adrien Rabiot : è vero, dovrà affrontare viaggi e fusi orari, ma se non gli va bene può appendere le scarpe al chiodo e ripeto, Rabiot è un giocatore fantastico in questo Milan: non a caso pochi giorni fa, ho scritto un commento, nel quale ho detto che giocatori come Rabiot e Modric, il Milan non li ha dai tempi di Seedorf (fantastico) e Pirlo.
    Allora, concludo dicendo che io, come tanti mortali lavoro da prima che Rabiot nascesse e da prima probabilmente, che sua mamma si sposasse, eppure mi attendono ancora diversi anni, di levatacce alle 5 del mattino, di schiacciamenti in metropolitana, di corse sui treni e ritardi da digerire costantemente e di una pensione, che certamente non sarà sufficiente a garantirmi qualche viaggetto dopo 45 anni di lavoro.
    Eppure, nel mio piccolo, alleno gratis, con il semplice obiettivo di costruire “piccoli calciatori senza pretese”, che possano imparare la bellezza del gioco, nel rispetto dei compagni ed avversari.

  3. Scelta assurda. Tra l’altro, da quello che ho capito, l’ideona l’ha avuta la proprietà rossonera…
    Sarebbe bello se tutti i giocatori di Milan e Como firmassero per rifiutarsi di partire.

  4. Gianpaolo,
    capisco la tentazione di liquidare il tema con un “con quello che guadagnano, possono pure farsi un volo intercontinentale e giocare dall’altra parte del mondo”. È una reazione istintiva, quasi liberatoria. Ma rischia di farci guardare dalla parte sbagliata.

    La questione non è quanto guadagnano i calciatori — è come queste trasferte pesano sulla performance sportiva. E la storia del Milan è piena di esempi.
    Ricordando Paolino “Puliciclone” Pulici, ricorderai quindi anche le trasferte a Tokyo per la Coppa Intercontinentale: anche le corazzate rossonere degli anni d’oro tornavano stanche, svuotate, e quasi sempre lasciavano punti pesanti in campionato nelle settimane successive. Nel 1989/90 il Milan vinse la Coppa Intercontinentale, ma nel giro di un paio di settimane perse la sua prima partita (a Genova) dopo la vittoria. La squadra si trovò costretta a rincorrere il Napoli, che vinse lo Scudetto quell’anno.

    Il jet lag non si dribbla: si traduce in gambe pesanti, intensità ridotta e una serie di pareggi o sconfitte “inspiegabili” che, alla lunga, fanno la differenza nella corsa allo Scudetto.

    Lo sconcerto sugli stipendi è, in questo contesto, un diversivo. Gli ingaggi dei top player non nascono dal nulla: sono il risultato di un mercato dominato da scarsità di talento e capacità di generare ricavi enormi. Un fuoriclasse non viene pagato per “correre più veloce”, ma perché il suo talento muove sponsor, diritti TV e milioni di tifosi. È un meccanismo economico, non una valutazione morale.

    Il salario, in fondo, è semplicemente il prezzo del lavoro. Come ogni altro prezzo, nasce da un incontro: quello tra domanda e offerta. Non c’è romanticismo, solo economia pura. Beethoven e Lord Byron devono cedere il passo ad Adam Smith e Alfred Marshall.

    La domanda di lavoro arriva dalle aziende — e sì, nel nostro caso anche dal Milan — ed è influenzata da un fattore chiave: la produttività marginale del lavoratore. In parole povere: quanto valore aggiunto porta con sé.

    È qui che si crea la distanza tra professioni “normali” e quelle pagate cifre astronomiche. Se un lavoro genera molto valore — come quello di un chirurgo di fama, una rock star, un top manager o uno sviluppatore di software altamente specializzato — la domanda schizza in alto e le aziende sono disposte a pagare profumatamente. Un esempio emblematico: quando Valentino Rossi firmò con Yamaha Motor Company nel 2004, le vendite di moto e scooter crebbero del 50%. Un solo uomo, un impatto economico enorme.
    All’opposto, quando il contributo marginale di una mansione è minore o facilmente sostituibile, il prezzo del lavoro scende. Non perché valga “meno” come dignità, ma perché il mercato assegna un valore più basso a qualcosa che può essere rimpiazzato con facilità.
    È la logica implacabile del mercato del lavoro: più raro e produttivo è il talento, più alto è il prezzo. Ed è per questo che certi stipendi fanno girare la testa — non per giustizia sociale, ma per legge economica, la stessa per cui Roberto Scarnecchia, non Rabiot, aveva al Milan un ingaggio molto superiore a quello di Gianni Rivera a partità di potere d’acquisto, grazie a sponsorizzazioni e ricavi da diritti televisivi.

    La vera domanda è un’altra: quanto costa sportivamente una trasferta a migliaia di chilometri in piena stagione? La risposta, guardando ai precedenti, è chiara: spesso costa punti. E in un campionato deciso da dettagli, questo può pesare più di qualsiasi stipendio.

    E in ogni caso, FORZA MILAN!!!
    Ciao

  5. Gentilissimo Roberto,
    pur rispettando l’opinione altrui, questa volta sono perplesso: potrebbe essere che non mi sia spiegato bene, anche perché il mio pensiero non era quello di semplificare “per quel che guadagnano…”.
    Provo però a seguire la risposta inviatami: certo che ricordo le coppe Intercontinentali e quello che ci sono costate in termini di risultati; non a caso il Milan da quel periodo cominciò a costruire due squadre.
    Sappiamo anche che le tournee fatte dal Milan in particolare e da altre squadre, cominciarono ad intensificarsi; è vero che Sacchi al secondo anno se non ricordo male, chiese ed ottenne di giocare con alcune delle migliori squadre europee, abolendo o limitando le partite contro Vipiteno ecc., perché ci si doveva preparare alla coppa dei Campioni.
    Riguardo la lezione di mercato del lavoro, capisco anche questo: Rabiot genera tot ed è giusto che prenda tot.
    Ma questo, mi verrà consentito, è per la “stortura” del mondo odierno: si da grossa importanza a certi fatti, derubricandone altri; personalmente resto dell’idea di Rocco e cioè che stiamo parlando di partite di football.
    Poi la gente chiede calcio e va bene.
    Capisco lo stress fisico e mentale dei calciatori e sono d’accordo con Rabiot su questo punto: infatti io non volevo banalizzare “con quello che guadagnano”, ma Rabiot fa parte di questo meccanismo e l’unico modo per non farne parte è uscirne: penso che su questo ci sia poco da dire.
    Certamente, anche Roberto Scarnecchia guadagnava bei soldi, perché il calcio, attraverso gli sponsor, stava prendendo una nuova piega: Mundialito in TV, partite ad Agosto, amichevoli di serie A, per cui maggiore disponibilità di denaro; ma poi tutto questo è sfuggito, soprattutto ai calciatori che hanno accettato di guadagnare sempre di più in virtù di un maggiore impegno.
    Una volta i calciatori non avevano diritti, poi grazie a Sergio Campana ed altri assi del calcio italiano, si è pensato ai più “deboli” e si è giunti a maggiori garanzie.
    Oggi quali sono gli strumenti per evitare questo scempio?.
    Magari i giocatori di Milan e Como potrebbero opporsi allo svolgimento della gara e lo stesso potrebbero fare i calciatori delle altre squadre.
    Hanno la forza di farlo?.
    E soprattutto, in base al contratto, possono farlo?.
    Vogliono che sia io a fare manifestazione?.
    Riguardo alla partita in Australia, anche io non sono contento e non perché vado a San Siro (è da prima del Covid che non ci vado più), quanto perché trovo ingiusto che i tifosi vengano rapinati di una partita, perché di questo si tratta.
    In virtù di che cosa?.
    Del dio(minuscolo mi raccomando) denaro: quel dio denaro che governa la vita dei tanti assi del mondo del calcio, quel dio denaro che fa dire a Bennacer di essere da sempre tifoso del Milan per poi dire la stessa cosa del Marsiglia; quel dio denaro che ha fatto di Donnarumma il portiere più pagato del mondo, che ha ben presto dimenticato cosa aveva fatto il Milan per lui e soprattutto per suo fratello, il terzo portiere col più alto stipendio della storia del calcio!.
    Potrei andare avanti, ma sarebbe solamente una lista.
    Perché, tutto sommato, qui non si parla più di calcio, ma si parla esclusivamente di soldi.
    Il caso Bagni ne è un esempio, ed il caso Franco Baresi è un esempio all’opposto: lui è rimasto con il Milan in serie B, ed è diverso da quando sono rimasti Del Piero e compagnia, perché quella Juventus sarebbe tornata protagonista in fretta, mentre il “piccolo diavolo” non si sapeva nemmeno se avesse i soldi per pagare gli stipendi….
    E Franco Baresi ne aveva di richieste.
    Ora per carità, io non sono il tipo che alza la voce oppure vuole avere ragione a tutti i costi, però c’è un limite a tutto: il limite a tutto, Roberto, non è riferito alla mail, ci mancherebbe (ognuno è libero di esprimere la propria opinione nel rispetto degli altri), quanto per le lamentele dei calciatori.
    Qualche tempo fa si lamentò Florenzi, perché si giocava il 31 Dicembre: potrei rispondere. “come avrei voluto fare cambio io”…..
    Florenzi è stato veramente indelicato.
    Però vorrei chiedere a questi sfortunati gladiatori se volessero fare qualche tempo schiacciati in metropolitana, oppure se vogliono aspettare una visita oculistica un anno, giusto per chiarire meglio il concetto.
    Forse Florenzi ha smesso di giocare perché gli chiedevano di giocare il 31 Dicembre.
    Io ho lavorato e lavoro ancora nel settore industriale/trasporti e per tanti anni ho fatto anche trasferte con aerei, treni, migliaia di chilomeri in macchina da solo, lavori notturni: certo la legge di mercato dice che è un lavoro modesto (oddio, progettista e collaudatore di sistemi complessi, non è proprio, mi si consenta, un lavoro che sanno fare tutti), ma tanto è la legge di mercato…
    E a proposito della dignità di ogni lavoro, c’è un libro scritto 2200 anni fa, che in uno degli ultimi capitoli, parla proprio di questo e spiega come sia importante il medico, come l’artigiano ecc.: in questo libro si sottolinea l’importanza di tutto quanto per far girare il mondo, altrimenti il mondo non gira.
    Ecco quando si parla di calcio e di calciatori, il mondo gira in modo diverso….
    Forza Milan.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *