LO SCONTRO POCHETTINO-PULISIC NASCONDE E POI SMASCHERA MOLTI PROBLEMI

E’ figlio d’arte, Christian Pulisic: il papà giocò diversi anni in una squadra professionistica di soccer indoor e poi fu anche allenatore, in famiglia anche il cugino Will è calciatore. Nato in Pennsylvania a Hershey, origini croate (il nonno) e italiane (la nonna), esordì con la maglia della Nazionale americana già nel 2016 a soli 18 anni e da allora ha collezionato 78 presenze e 32 gol. La famiglia si era trasferita in Europa quando lui era bambino, mosse i primi passi con le scarpette chiodate in Inghilterra, ma poi i Pulisic tornarono negli Usa dove Christian fu notato dal Borussia Dortmund che lo portò in Germania nel 2015. Da allora 90 partite e 13 gol con i gialloneri, poi al Chelsea nel 2019 per 64 milioni di euro: a Londra con i Blues 98 presenze e 20 gol.

Nel 2023 lo acquista il Milan per 20 milioni, fino ad oggi colleziona 71 presenze e 23 gol. Tutti questi numeri per introdurre il viaggiatore stakanovista che solo in quest’ultima stagione con la maglia rossonera, ha disputato 50 partite segnando 17 reti e fornendo 12 assist. La migliore della sua carriera, in mezzo anche le lunghe trasferte per giocare con la Nazionale. A fine maggio gli USA del CT Mauricio Pochettino devono giocare amichevoli contro Turchia e Svizzera, prima della CONCACAF Gold Cup (una via di mezzo tra gli Europei e la Nations League nel nostro continente) dal 14 giugno al 6 luglio. Pulisic, stremato dalla lunghissima stagione e spaventato per il pochissimo tempo che avrebbe avuto per le vacanze prima della ripresa, concede la disponibilità per le 2 amichevoli, ma si chiama fuori dalla Gold Cup. 

Sale altissima la tensione con il CT che sbotta: “Io ho il mio ruolo, ho 53 anni e tanta esperienza nel calcio. I giocatori non devono capire o non capire, ma devono ascoltare e seguire il nostro piano. Non sta a loro dettarlo, sta a noi valutare se un giocatore ha bisogno di riposo o no perché abbiamo un gruppo di professionisti, medici sportivi e preparatori atletici della Federazione, che possono fare questo”. E poi ancora: “Voi dite che è il nostro miglior giocatore. Sì, è un buon giocatore, certo, ma deve dimostrarlo. Se gioca bene e se è il migliore è normale che abbia un posto in Nazionale. Ma non è che se dice di voler giocare, di voler fare questo o quello allora deve essere così. Io ho firmato il mio contratto con la Federazione e sono il commissario tecnico. Non sono un manichino”. Pochettino esclude Pulisic anche dalla 2 amichevoli e il milanista replica piccato: “Rispetto la sua decisione, ma non la comprendo e chi mette in dubbio il mio impegno per la Nazionale non sa di che parla”. 

Tra un anno ci sono i Mondiali e Pulisic ha fatto alcune considerazioni: è stanchissimo e senza energie per disputare la Gold Cup a livelli accettabili, non avrebbe tempo per riposare e ripartire in luglio, metterebbe quindi a repentaglio anche la prossima stagione. Medice cura te ipsum, dicevano i latini: medico cura te stesso. Soltanto così potrai essere utile ai tuoi pazienti: se sarai lucido, riposato e in buona salute.Christian non è un medico, se non di sé stesso, ma è un atleta e dispone di tutte le informazioni che il suo corpo gli trasmettere per avere un quadro della situazione. Quando parliamo di professionisti di questo livello, dobbiamo pensare anche allo stato mentale oltre a quello corporale, per questo si parla di condizione psicofisica. La vicenda coinvolge molti aspetti del mondo calcistico moderno. Il primo è naturalmente quello etico: ha ragione Pulisic? Ha ragione Pochettino? Sono sempre dell’idea che le cose di possano e si debbano risolvere con il dialogo – anche a costo che poi si sfoci comunque nell’attrito – per avere un quadro complessivo delle esigenze di uno e dei problemi dell’altro.

Cosa se ne fa Pochettino di un Pulisic con le gomme sgonfie e la testa vuota (o troppo piena) dopo una stagione parecchio complicata del Milan e in cui è stato quello che meglio si è distinto? Non se ne fa niente e anzi rischia di averlo fuori condizione anche ai Mondiali del 2026. È dovere di Pulisic rispondere alla chiamata del CT a prescindere: eticamente, empiricamente, sì. 

È cascato nella trappola anche Jannik Sinner tempo fa: per gestirsi, per regolamentare il suo fisico, per esorcizzare la stanchezza psicofisica, ha rinunciato alle Olimpiadi, alla Davis, ad alcuni appuntamenti istituzionali come la visita da Mattarella, ad appuntamenti dove avremmo voluto vederlo. Ha fatto bene? No. Conosciamo il suo metabolismo, la sua condizione, il suo stato mentale. Non avevamo diritto poi di tanto di giudicare, eppure qualcuno lo ha scorticato. Salvo poi chiedere scusa. La verità non sta nel mezzo: la decisione andava presa di concerto, in comune accordo.

Lascio ai lettori la propria opinione e il giudizio. Vorrei mettere l’accento però sul terzo aspetto estremamente delicato e attuale della questione: i calendari. L’ingolfamento di impegni ha avviato il calcio a una spremitura di agrumi, in cui il succo alla fine è poco e amaro e la buccia raggrinzita. L’integrità psicofisica dei giocatori (ma anche degli allenatori…) è messa a dura prova e siamo a un punto di non ritorno molto grave.

Coppe, supercoppe, coppine, coppette si accatastano una sull’altra, una dopo l’altra, per club e Nazionali, senza logica, senza merito sportivo, senza sosta. Senza senso. Fino a quando la questione non sarà affrontata e risolta con serietà da Federazioni, dirigenti, tecnici e giocatori, i casi Pulisic sono destinati a passare all’ordine del giorno su larga scala. L’unica soluzione è di fermare il calcio, sgomberare un mese l’anno senza pallone a tutte le latitudini, rispettando le esigenze stagionali dei vari Paesi, dei vari Continenti. Così come siamo messi adesso, non si può andare avanti.

BIO: Luca Serafini è nato a Milano il 12 agosto 1961. Cresciuto nella cronaca nera, si è dedicato per il resto della carriera al calcio grazie a Maurizio Mosca che lo portò prima a “Supergol” poi a SportMediaset dove ha lavorato per 26 anni come autore e inviato. E’ stato caporedattore a Tele+2 (oggi SkySport). Oggi è opinionista di MilanTv e collabora con Sportitalia e 7GoldSport. Ha pubblicato numerosi libri biografici e romanzi.

Una risposta

  1. Buongiorno Luca, l’articolo è scritto in modo perfetto e non tratta soltanto il “problema Pulisic”, ma soprattutto l’utilizzo del calcio e dei calciatori, per motivi economici. Certo ci sarebbe da dire che i protagonisti dovrebbero rinunciare a qualche parte di compenso, ma indubbiamente l’argomento è un altro. Infatti chi ha “i fili in mano”, muove le marionette bome meglio crede, così ci troviamo “Nation League” e “Mondiale per club”, che se dovessero togliere non ne sentiremo la mancanza. Pulisic a mio avviso, purtroppo ha sbagliato, perché, avrebbe dovuto rispondere alla chiamata, se questo è il contendere; ma la serietà di Pulisic non si discute. Allora il problema è un altro: perché Pulisic che è un professionista esemplare (e non lo dico perché sono milanista) è arrivato a rifiutare una convocazione ?. (da non confondere col caso Acerbi). Evidentemente Pulisic si sente svuotato, per cui non poteva fare altro. In definitiva ciò che scrive Luca Serafini non fa una piega.

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