Negli ultimi decenni il processo di sviluppo del calcio femminile ha subito una forte accelerazione. Abbiamo infatti assistito a incrementi significativi nella sponsorizzazione, nei premi in denaro delle competizioni, nella visibilità e nel numero di ragazze che si sono avvicinate a questo sport. Come riporta la FIFA oggi si contano 16.6 milioni di calciatrici a livello globale con un incremento del 24% rispetto al 2019.
Nonostante alcuni miglioramenti, le donne si trovano ancora in una situazione di subordinazione non solo nel calcio ma in generale rispetto agli sport maschili. Questo divario ci porta a parlare di sport nei termini di una diseguaglianza complessa che inizia con gli stereotipi di genere, si manifesta nelle difficoltà di accesso alle pratiche sportive e nella segregazione orizzontale all’interno delle stesse.
Come riporta l’ISTAT, a eccezione della fascia 3-5 anni, nella quale le bambine praticano più sport dei bambini, in tutte le altre fasce d’età si riscontra un gap di partecipazione che raggiunge l’apice con 22.8 punti percentuali di differenza tra i 18 e 19 anni. Per le femmine inoltre l’abbandono sportivo è più precoce: la percentuale di abbandono tra gli 11 e 24 anni è del 24.5% contro il 19.4% di quella maschile (CONI, 2019). Questi abbandoni sono sintomatici di una eziologia complessa ma, tra i fattori scatenanti, bisogna sicuramente considerare la mancanza di investimenti (con la conseguente carenza di infrastrutture), la carriera sportiva che è pressoché un miraggio e l’assenza di tutele legali e adeguati riconoscimenti economici.
Osservare e studiare l’universo sportivo vuol dire quindi costruire consapevolezza rispetto alla sua natura sfaccettata: spazio di opportunità, inclusione e spettacolo ma anche luogo di esclusione, stereotipi e pregiudizi. Lo sport aiuta gli atleti ad acquisire delle competenze personali e si è anche rivelato un catalizzatore del cambiamento sociale: nel contesto sportivo si possono infatti osservare esempi di rottura delle barriere razziali, di diminuzione del divario di genere e di lotta alle diseguaglianze socio-economiche. Allo stesso tempo questi micromondi hanno però messo in evidenza le problematiche di equità di genere presenti nelle politiche e istituzioni sportive come una sotto rappresentazione delle figure femminili nei ruoli di leadership, le limitate opportunità nel diventare allenatrici, le difficoltà nell’attrarre sponsor e l’iniquo accesso a carriere calcistiche per le donne.
La crescita significativa alla quale stiamo assistendo non può cancellare decenni di discriminazioni che rappresentano l’attualità in ancora troppi casi. Le ragioni sono complesse ma riflettono chiaramente l’eredità e la continua esistenza di potenti ideologie che circondano la partecipazione femminile e che influenzano la percezione pubblica del gioco. Storie che enfatizzano i grandi progressi conquistati e narrazioni di stagnazione culturale rappresentano due facce della stessa medaglia in termini di ciò che significa oggi il calcio femminile. La vasta diffusione di queste esperienze a livello mondiale ci porta a vederle come qualcosa di sistemico e fortemente radicato nella concezione di questo sport.

BIO: LAURA ZUCCHETTI
Gen Z di nascita ma vintage nei modi, parlerei per ore di sport e questioni di genere. Vivo il calcio femminile da tifosa ma con lo sguardo da psicologa sociale per riflettere sulle sue contraddizioni e opportunità figlie della realtà nella quale siamo immersi.