ESSERE FELICI DI CHI SI E’ (E QUINDI VINCERE)

Il gesto tecnico, la giocata ben riuscita, il numero provato tante volte in allenamento e “messo a terra” in partita: chi fa sport e chi gioca a calcio sa quanto la partita rappresenti il coronamento di un percorso momentaneo che segmentando l’intera settimana culmina nel risultato domenicale.

Ognuno è impegnato nelle proprie sfide personali, ognuno è concentrato sul riuscire a superarsi e a offrire la propria migliore versione, con un’attenzione particolare agli obiettivi prefissati. Il linguaggio universale delle sfide e delle contese trova le sue chiavi di lettura anche nel rarefatto mondo della serie A, dove l’elevazione degli standard e la precedentemente citata “alta professionalizzazione del ruolo dell’atleta” non è esente da alcuni canoni “eterni”, come la soddisfazione dei propri bisogni di crescita e contributo, la gestione ottimale delle emozioni, l’importanza di collegamento fanciullesco nel divertimento in campo. 

La passione per la purezza del gesto e della giocata, tanto idealizzata all’epoca del Joga Bonito di ronaldinhana memoria, trova oggi il suo coronamento con i sorrisi di Leao, quelli che nel leggere queste righe state visualizzando idealmente in qualcuna delle sue giocate in slow motion. Le ultime in ordine di tempo? L’assist per Abraham durante i minuti di recupero nella finale di Supercoppa Italiana e lo scavetto di Como, su restituzione del favore da parte del centravanti inglese. Su quella smorfia facciale del fuoriclasse portoghese si è narrato tantissimo in questi anni e lo si è fatto fin dalle prime apparizioni in maglia rossonera, come in quel fine settembre 2019, a margine del funambolico slalom contro l’intera difesa della Fiorentina, che lo condusse al primo gol con il Milan, pur a margine di una partita infausta.

Mi piace l’idea che lo spunto che possiamo prendere dalle giocate di un campione come Leao, il quale sta seguendo i suoi tempi di maturazione di atleta e di uomo, segua l’idea che essere felici non sia un cielo senza tempeste, una strada senza interruzioni, o un lavoro senza fatica. Avete presente un rapporto affettivo che vi lega a un caro amico o in generale ad una persona? Ebbene, quale legame personale non vive forse momenti di delusione o di fatica? Idealizzando il percorso di Rafa al Milan, è possibile vedere l’andamento altalenante di chi vive alti e bassi, con l’idea di avanzare ogni giorno un passo alla volta, orientandosi nella direzione della propria migliore versione. In effetti essere felici non è solo apprezzare il sorriso (non solo di Leao!), ma anche riflettere sulla tristezza; non è solo celebrare i successi, ma apprendere le lezioni nei fallimenti. Il riconoscimento che passa attraverso gli applausi, non prescinde dalla soddisfazione nel mero anonimato. 

L’insegnamento che possiamo prendere è riconoscere che vale la pena vivere la vita, nonostante tutte le sfide, incomprensioni e periodi di crisi. E chi ha il Milan nel cuore sa bene che cosa possa rappresentare tutto questo, con la certezza assoluta che lo stato di felicità non sia una coincidenza del destino ma una vera e propria conquista per coloro che sono in grado di viaggiare dentro il proprio essere. La vita transita attraverso l’assunzione di responsabilità (uno di quei punti su cui spesso i tifosi si sono soffermati al cospetto di un campione come il 10 del Milan) e diventando attori protagonisti e pienamente consapevoli della propria storia, attraversando spesso la solitudine e il deserto per trovare ristoro e pace nella propria acquisita identità.

Coraggio, fiducia, saggezza: la passione per il miracolo della vita può derivare da un sorriso, da un gesto tecnico tanto istintivo quanto autentico e sentito, dal bimbo di 7 anni che indossa con gigantesco orgoglio le sue scarpette da calcio per la prima volta, al nonno di 78 che si riesce a commuovere al cospetto di un tramonto sul mare.

Prendiamo spunto da piccole cose come un semplice sorriso in mezzo allo star system della serie A, agli sponsor, ai soldi arabi, alle crypto e facciamo sì che la vita diventi un giardino di opportunità per essere felici in ogni stagione, senza rinunciare alle persone che amiamo né alla felicità, poiché la vita è uno spettacolo incredibile.

Bio: Francesco Borrelli è un Mental Coach certificato Acsi – CONI. Oltre alla Laurea in legge presso l’Università degli Studi di Genova, si è formato in PNL attraverso corsi e Master conseguiti nell’ambito di aziende private di cui ha fatto parte. Negli anni ha coltivato la sua passione per lo sport scrivendo per testate giornalistiche liguri, oltre a svolgere il proprio lavoro di consulente d’azienda in ambito bancario. L’attività di Mental Coach lo porta da diverse stagioni ad accompagnare sportivi impegnati a preparare Olimpiadi e Mondiali, oltre a calciatori di tutte le età, agevolandone i rispettivi percorsi e seguendone tutta la trafila giovanile fino all’approdo in prima squadra. Il suo sogno è condividere come Coach il suo ufficio a fianco alla “palestra delle leggende” di Milanello con Ibra.

Contacts: fraborrelli40@gmail.com / IG. fraborre24_ / https://www.facebook.com/healthybrainnutrition / 0039 328 6212598

2 risposte

  1. Bel pezzo Francesco! Hai ben descritto una testimonianza di vita era con i suoi alti e bassi e molto simile a quella che sta vivendo l’eclettico campioncino lusitano. La figura del bimbo di 7 anni indossante le sue prime scarpette da calcio che sorride solamente al nonno 78ne mi tocca il cuore… perché ravvedo in questo amorevole binomio il sottoscritto con il suo caro nipotino!
    Buona giornata.

    Massimo 48

  2. Grazie Massimo, piacere del tuo apprezzamento. Confesso che il bambino e il nonno sono esempi tratti dalla vita reale. Buona giornata anche a te

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