MEDIARE PER APPRENDERE

PREMESSA

La relazione educativa: l’allenatore facilitatore e mediatore del processo di apprendimento. Approccio strategico e integrato per creare opportunità di apprendimento che siano davvero accessibili e inclusive per tutti. Facilitazione dell’Apprendimento:

FACILITARE

L’allenatore crea ambienti di apprendimento modulando i livelli di complessità delle esperienze situate.

MEDIAZIONE

L’allenatore Mediatore tra competenze e esigenze funge da ponte favorendo uno scambio costruttivo attraverso il supporto emotivo e sociale: Oltre agli aspetti squisitamente didattici (comunicazione efficace) l’allenatore è fondamentale per il sostegno emotivo per sviluppare un clima accogliente e inclusivo, dove tutti e ciascuno possano vivere serenamente tutte le esperienze, anche quella dell’errore, senza mai sostituirsi a loro, ma favorendo l’apprendimento autonomo e significativo, promuovendo la libera sperimentazione, la scoperta guidata e la ricerca-azione.

La facilitazione e la mediazione sono connesse tra di loro in maniera reticolare e non lineare. Ciò significa che dovrebbero essere utilizzati tutti i mediatori didattici non in sequenza (dai più distanti ai più vicini alla realtà e viceversa), ma in maniera collegata tra loro, utilizzando quello o quelli che più si addice (o si addicono) alla situazione.

————————————————————————————————————–

Tra le difficoltà più frequentemente emergenti in ambito didattico, quelle che interessano le modalità attraverso le quali è possibile veicolare efficacemente i contenuti dell’insegnamento sembrano occupare oggi uno spazio decisamente importante. Un punto fondamentale dal quale partire oggi è quello di ritenere la mediazione come una componente imprescindibile dell’insegnamento, scardinando teorie implicite della professionalità docente peraltro ancora piuttosto diffuse, che non riescono a contemplare la complessità dei contesti di formazione formale più attuali; in tal senso: l’insegnamento viene definito come mediazione anzi, più precisamente come azione che produce mediatori: azione poietica, quindi, in termini aristotelici, i cui prodotti sono appunto i ‘mediatori’, non l’apprendimento, direttamente, perché questo discende dall’ azione esercitata su se stesso da parte di un altro soggetto, l’apprendente.

In ambito didattico mediare i contenuti dell’insegnamento significa intervenire attivamente sul processo di apprendimento del discente, sviluppando la capacità essenziale del soggetto di fare delle previsioni. Un mediatore didattico, infatti, rappresenta una sorta di facilitatore cognitivo che si colloca in quella zona di sviluppo prossimale tra il soggetto conoscente e l’oggetto conosciuto, per dirla secondo le parole di Lev Semonovich Vygotskij (1934), nel senso che il docente utilizza tali strumenti per agevolare la comprensione critica dei contenuti da parte dei discenti per sollecitarli a costruire ed elaborare attivamente il sapere.

È in tal modo, allora, che è possibile transitare da una zona di sviluppo attuale a una potenziale in ambito didattico; da questa prospettiva, dunque, è possibile considerare un mediatore didattico qualunque strumento che il docente mette intenzionalmente in campo per sollecitare ed orientare il processo di apprendimento, imprimendo a quest`ultimo una direzione di senso.E in ambito motorio e sportivo ci viene in soccorso la teoria dell’ ‘embodiment, secondo la quale i fattori corporei sono una parte imprescindibile di tutti i processi cognitivi. In tal senso, la teoria sui processi d’incorporazione evidenzia che i processi corporei e senso-motori influenzino in maniera più o meno radicale i processi cognitivi e mentali, la qual cosa ha evidenziato il ruolo fondamentale della corporeità (Merleau-Ponty, 1945) nell’origine degli stati mentali e del linguaggio (Lakoff & Johnson, 1999) Tutto questo equivale a dire che ogni apprendimento trova nel corpo e nel movimento il proprio momento costitutivo, nel senso che non esiste apprendimento, anche sul piano della concettualizzazione più astratta, che non trovi nel corpo il proprio spazio di elaborazione critica.

La dicotomia mente corpo ormai abbondantemente superata, superata dalla filosofia della corporeità (Husserl, 1950; Merleau-Ponty, 1945), sembra ancora persistere nei contesti di apprendimento-insegnamento più diffusi. Eppure, nel corso del tempo non mancano autorevoli esempi che hanno già evidenziato l’importanza del corpo e delle sue azioni negli ambienti didattici, già l`attivismo pedagogico, infatti, aveva enfatizzato la dimensione pratica del processo di apprendimento attraverso il learning by doing, ossia dell’imparare facendo, suggerendo di enfatizzare percorsi di formazione formale innanzitutto fondati sulle attività laboratoriali (De Bartolomeis, 1978)

Il punto di vista delle neuroscienze ha ulteriormente avvalorato I’integrazione del dualismo Mente-corpo secondo la prospettiva unificatrice della corporeità; in tal senso, alcune evidenze di ricerca (Gallese, 2007) hanno infatti dimostrato che si impara prima e meglio attraverso il corpo, il movimento, come anche attraverso l’esperienza e l’intenzionalità che guidano l’apprendimento stesso; tutto questo avvalora anche l’ipotesi che |’area motoria del nostro cervello è implicata nei processi di comprensione e di percezione, in altre parole, per capire un azione osservata i soggetti utilizzano le stesse connessioni senso-motorie che usano per eseguire controllare direttamente i movimenti (Rizzolatti, Sinigaglia, 2006).

Si comprende bene, dunque, che la base dell`apprendimento è di natura motoria e che la comprensione non viene gestita solamente su base simbolica. Trasferendo il discorso sul versante pedagogico, è possibile affermare che la dimensione corporea non può essere estromessa dai processi educativi, dunque anche didattici, visto che la relazione con l’altro da sé è sempre mediata dall’agire corporeo (Massa, 1983).

I soggetti, infatti, entrano in contatto tra di loro proprio attraverso il corpo e le sue azioni; per questo motivo, l’educazione si compie essenzialmente attraverso il corpo ed è anche attraverso di esso che le stesse prospettive culturali si tramandano.

A questo punto, se il rapporto mente-corpo trova nella corporeità una dimensione olistica e se l’educazione si compie attraverso l’agire corporeo, allora è necessario considerare il corpo come un elemento fondamentale della mediazione didattica. E se tutto questo è vero, in quale ambito questo discorso trova motivo di applicazione?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *